Populismo v/s Europa. Il PD resta a guardare?
I conti con cui avrà a che fare il nuovo governo impongono una volta per tutte la ricostruzione del PD su basi del tutto chiare.
- Scritto da Fabio Lazzaroni
- Pubblicato in Politica
Almeno su una cosa sono tutti d’accordo: bloccare l’aumento dell’IVA e, aggiungo, delle accise sui carburanti, di cui colpevolmente si parla molto poco, che contribuirebbero anch’essi all’aumento dei costi di produzione e di distribuzione delle merci e dei prezzi finali a nocumento del mercato interno e dell’export. Doppio danno quindi. Ma la faccenda, che costa all’incirca una dozzina di miliardi, non finisce qui. Ci sono altri fattori che peseranno negativamente sull’Italia di cui o se ne parla poco o, quando ciò avviene, vengono trattati separatamente come se non ci fosse un filo, o peggio una corda a mo’ di cappio, a tenerli assieme.
Fattori che metteranno a dura prova qualsiasi governo, tanto più se sarà quello a guida Di Maio e Salvini.
L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea comporterà il venir meno del suo contributo al bilancio dell’Unione. A seconda dei parametri usati dai vari analisti, la cifra che verrà a mancare oscilla dai 30 ai 100 miliardi di euro. Comunque si risolverà la brexit, i soldi per i Fondi europei destinati agli Stati membri, compreso il nostro, saranno quindi meno che in passato. Ma c’è dell’altro. L’uscita dal mercato comune della perfida Albione influirà negativamente sia sul suo export che sulle sue importazioni. Un danno economico complessivo che avrà inevitabili conseguenze sui Paesi esportatori quali il nostro.
Inoltre, sul nostro bilancio peseranno gli effetti della politica di Trump. I dazi che imporrà non potranno non avere conseguenze, seppure al momento ancora non quantificabili.
A fare i primi calcoli è invece Confindustria che valuta in 30 miliardi di euro il danno per le imprese italiane dovuto alla disdetta USA dell’accordo con l’Iran sul nucleare.
E, come se non bastasse, mettiamoci anche l’embargo alla Russia al quale ha aderito anche il nostro Paese.
Il prossimo governo, dunque, dovrà inevitabilmente fare i conti, nel vero senso della parola, con questa realtà. Ma il problema non sarà soltanto di carattere ragionieristico. Resta e sarà invece esclusivamente politico e c’è da vedere se, come e quanto la tesi del reddito di cittadinanza potrà convivere con quella sulla flat-tax. Non basterà certo il comune desiderio di affossare la legge Fornero a fare da collante. Tantomeno la vaghezza dei tanti altri annunci fatti in campagna elettorale, le contorsioni penta stellate in politica estera e il filoputinismo leghista. Purtroppo è proprio sul terreno europeo e mondiale, riguardo a quest’ultimo sia per la parte economica che militare, che si gioca buona parte del destino dell’Italia.
Di fronte a tutto ciò è sufficiente oggi dichiararsi semplicemente europeisti? Che vuol dire, cosa significa in concreto? Da quanto tempo, mi riferisco in particolare al PD, non si discute di questi temi coinvolgendo tutto il corpo del partito? Quali strumenti di conoscenza e di riflessione sono stati dati a militanti e semplici iscritti? E questi, considerando il basso livello raggiunto da stampa e tv, fino a che punto hanno potuto crearsi un’opinione precisa in merito, confrontarla con gli altri, riportarla all’esterno che poi è il vero modo per far vivere i circoli?
E si può addossare tutta la colpa a Renzi o la decrescita infelice di un dibattito coinvolgente e formativo era già iniziata da prima del suo avvento?
Se davvero si vuole ri-costruire il PD, dare senso ad una opposizione responsabile e sperare di tornare al governo oggi più che mai è indispensabile che tutti, dal semplice iscritto ai quadri dirigenti, si torni ad essere intellettuale collettivo. L’esatto contrario del fenomeno di quelle fondazioni che in questi anni sono spuntate come funghi, alcuni pure velenosi.
Vale per la politica internazionale come per qualsiasi altro ambito perché se ancora si ritiene che il populismo si possa battere solo con slogan, tweet, post su Facebook e qualche bella convention senza attrezzare l’intero corpo del partito, soprattutto quella parte che quotidianamente vive con e tra le persone, non si andrà da nessuna parte.
Tornare ad essere corpo vivo, ad avere voglia di conoscenza e di scambio di conoscenze per liberarle e offrirle alla collettività è la prerogativa per poter compiere finalmente scelte chiare, consapevoli e davvero condivise. Per decidere una buona volta se stare sul versante socialista, liberale, laico, coerentemente ambientalista e, aggiungo, libertario oppure continuare a vivere chiusi e separati in questo indefinito involucro. Questo deve avvenire prima e durante il prossimo congresso evitando che sia una masochistica conta tra tifoserie di squadre destinate ad una ulteriore retrocessione.
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Fabio Lazzaroni
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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