Maestri d'arte e giocolieri. Il cortocircuito improvvisazione/bugia tra politici e giornalisti.
Un’epoca caratterizzata dal veloce farsi e disfarsi delle opinioni. Le strambate e le virate da un giorno all’altro dei Cacciari, degli Scalfari, degli Zingaretti, dei Conte, dei Salvini.
Il cortocircuito improvvisazione/bugia tra politici e giornalisti è sempre più frenetico e pare che le repliche dure della realtà non interessino più di tanto. Altro giro di giostra e, voilà, un’altra teoria.
C’è tuttavia un nucleo di italiani, con decisive responsabilità, sensati e ragionevoli che ritengono che sia difficile sbagliare dopo il risultato del 26 gennaio in Emilia Romagna.
- Scritto da Vincenzo Marini Recchia
- Pubblicato in Politica
Conservo una grande fiducia nel valore educativo dell’esperienza e su come i fatti possano far ricredere chi ha dato ascolto a cattivi maestri.
Serve certamente la memoria per fare dei confronti ma in questa epoca caratterizzata da una grande velocità del farsi e disfarsi delle opinioni si assiste a qualcosa di veramente comico nel numero delle piroette che opinionisti e politici di mestiere - nel senso che sono pagati, e anche molto bene, per esprimere il loro pensiero - compiono nelle analisi e nei rimedi. E non in un arco di tempo congruo con il naturale svilupparsi di processi strutturali che danno il senso sicuro di una direzione ma nel volgere di alcuni mesi o, addirittura, di settimane.
Avete preso nota, per citare i più presenti sulla scena, delle strambate e delle virate di un Cacciari, di uno Scalfari, di uno Zingaretti, di un Conte, di un Salvini?
Pensate ad esempio a quel serioso e colto richiamo alla civilizzazione dei barbari come compito nazionale urgente e benefico a cui ci ha richiamato appena 20 mesi fa il fondatore di Repubblica e tutta la sua corte di solerti scopiazzatori e frequentatori, parlava dei grillini. I civilizzandi gli si sono sciolti come neve al sole alla prova del governo sottraendosi a quelle magnanimi cure.
E che dire di Zingaretti e di tutto il gruppo dirigente del fu partito del Lingotto? Appena due settimane fa innalzavano Conte a “grandissimo riferimento dei progressisti” ed ora, ubriachi per una vittoria costruita da altri, si sono messi a ricattare i penta stellati allo sbaraglio con il ricattatorio - altro che civilizzazione - o con noi o perire!
E vogliamo parlare di quelli che hanno profetizzato un Salvini imbattibile per il prossimo ventennio?
Il cortocircuito improvvisazione/bugia tra politici e giornalisti è sempre più frenetico e pare che le repliche dure della realtà non interessino più di tanto. Altro giro di giostra e, voilà, un’altra teoria.
C’è tuttavia un nucleo di italiani, con decisive responsabilità, sensati e ragionevoli che ritengono che sia difficile sbagliare dopo il risultato del 26 gennaio in Emilia Romagna.
È sufficiente mandare a memoria l’impostazione del vincitore, Stefano Bonaccini ed attenersi diligentemente a quel metodo.
Il “nuovo modello emiliano” è buon governo nell’interesse della comunità e mobilitazione unitaria di tutti le donne e gli uomini di buona volontà nella responsabile assunzione di responsabilità.
Per inciso, c’è una storia più emblematica di altre, dentro la narrazione vittoriosa del politico riformista modenese, che ci racconta quale dovrebbe essere il criterio di selezione dei cittadini chiamati a cimentarsi con la forma più alta della politica: l’amministrazione delle soluzioni più intelligenti e sperimentate per rendere la vita di una comunità la migliore possibile. Mi sto riferendo a Mauro Felicori. Competenza e qualità su questioni decisive che riguardano quei beni che chiamiamo culturali perché, appunto, si riferiscono alla salute dell’habitat e della sua bellezza.
Difficile sbagliare, si diceva, per l’allineamento di fattori tutti favorevoli a uno spedito rilancio riformista del governo. Anche se alcuni ce la metteranno tutta per complicare la situazione.
Lo scorpione si sa, per sua indole è portato a usare il suo velenoso pungiglione, e, come questo, molti degli uomini politici, che sono sulla ribalta, rispondono, prima che a una visione generale, ai particolarissimi istinti personali.
Sicché non è improbabile che potremmo assistere al paradosso che quello che di interesse individuale muove le truppe in ritirata dei 5 stelle determina stabilità nelle istituzioni, mentre quello dei presunti vincitori, per fatua arroganza e calcolo egoistico, può avviare la catastrofe.
Fuor di metafora penso che Matteo Renzi, in queste ore, dovrà assumersi anche questo compito, dal momento che la sua radicale diversità dai grillini gli regala l’opportunità di dimostrare che il rispetto istituzionale non è un randello da roteare a piacimento con nessuno, neanche con gli sconfitti.
Far prevalere un buon programma riformista nell’attuale governo è possibile partendo dalla lezione elettorale correttamente intesa. E conviene a Conte che la prescrizione resti fuori dal nuovo programma.
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