E’ lui o non è lui?

La memoria perduta di Roberto Speranza

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E’ lui o non è lui?

C’è ancora chi si domanda: ma è lui o non è lui? Qual è il vero Roberto Speranza, quello dai giudizi entusiasti sul Governo Renzi o quest’altro che va affermando l’esatto contrario? E’ il giovanotto dal timido sorriso o dallo sguardo malevolo puntato pure su chi si scambia un semplice abbraccio? E’ l’accorto politico conscio dei rapporti di forza parlamentari e del fatto che gli effetti di certe riforme si vedono solo col tempo o il figlio triste e rancoroso del vecchio settarismo gruppettaroide che ha provato, finché c’è riuscito, a recitare la parte del giovane riformista? O forse, nonostante l’età, il poveretto ha perso la memoria? Mà, mistero.

Beh, nel caso qualcuno dovesse incontrarlo provi a fargli leggere il suo intervento del 16 settembre 2014 alla Camera subito dopo quello di Renzi sull’attuazione del programma di Governo e chissà che non rinsavisca. O, al limite, chieda scusa. Altrimenti se non avete trovato una spiegazione logica per il suo voltafaccia da voltastomaco provate allora a passare dal serio al faceto provando a cercarne un’altra tra queste:

  1. I suoi mal di pancia dovuti alla birra Bersanier servita sempre calda dalla Ditta.
  2. Dopo il rapimento gli extraterrestri ce l’hanno restituito con la faccia al posto del. E viceversa.
  3. Il fumo delle Camel che gli passa Civati ha uno strano odore…
  4. Quello che cercava di smacchiare non era un giaguaro ma un camaleonte.
  5. S’è ricordato che da bambino voleva la maschera di Robin Hood  (ma gli toccò quella di Pierrot).
  6. Nel sonno gli è apparso Cuperlo che gli ha letto tutto Il rinnegato
  7. D’Alema e Gotor l’hanno portato al Campo dei miracoli dicendogli che era Campo progressista.
  8. Ha scoperto il fascino dell’enigmistica grazie ai testi di Vendola.
  9. Troppo tempo con il piccione in mano ha provocato cecità. Politica.
  10. Contiene olio di palma.

Camera dei Deputati (Resoconto stenografico)

    Signor Presidente, onorevoli colleghi, Presidente del Consiglio, mille giorni, mille giorni sono lo spazio giusto per dimostrare che questo Paese non è irriformabile. E per vincere questa sfida c’è bisogno di tutta la forza del Governo, ma c’è bisogno anche del pieno protagonismo del Parlamento. Per questo abbiamo fatto bene oggi ad essere qui, a confrontarci e discutere del nostro futuro.

    Il mestiere che abbiamo di fronte per i prossimi mesi è un mestiere difficile, direi il più difficile: è il mestiere di chi vuole cambiare, il mestiere dei riformatori. È molto più semplice quello degli iperrealisti, che si arrendono subito alla tirannia dello status quo, o quello dei demagoghi del massimalismo populista, che si sottraggono allegramente ad ogni onere della prova.

    Questo mestiere è ancora più difficile oggi, nel vivo di una crisi economica e sociale, che è la più drammatica degli ultimi decenni, che ha provocato fratture profondissime nel corpo vivo della società, delle famiglie, delle individualità; fratture che attengono, Presidente Renzi, alla stessa natura e sostanza della democrazia, scalfita dalla incontrollabilità di mercati spesso impazziti e sfibrata dalla crisi della rappresentanza.

    È proprio nel profondo di queste fratture che la politica con la sua autonomia deve ritrovare posto e funzione a testa alta, ridando credibilità alle sue istituzioni come ogni giorno ci insegna il nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, cui va la gratitudine di tutto il gruppo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

    È per questo che siamo impegnati a rivedere una parte della Costituzione superando il bicameralismo perfetto e lavorando al riequilibrio delle competenze fra regioni e Stato attraverso la revisione del Titolo V. Dobbiamo avere il coraggio di ricostruire una prospettiva, di ridisegnare una visione che tenga insieme le tante riforme, di valorizzare le potenzialità e le vocazioni del nostro Paese a partire, ad esempio, dalla grande questione della green economy. È il dovere, questo, imprescindibile di chi si è assunto il compito di guidare l'Italia combattendo quella cultura della sfiducia e dello sfascio che non può appartenere a chi vuole veramente cambiare le cose.

    Il gruppo del PD è pronto alla sfida dei mille giorni: un pezzo decisivo di questa partita si giocherà per noi in Europa. Sì, in Europa – voglio dirlo con nettezza – le cose per noi non vanno. Le politiche del rigore di questi anni hanno alimentato la crisi: avevano l'obiettivo di sanare i bilanci degli Stati e, invece, li hanno resi più deboli e più fragili. Abbiamo chiesto con la forza del nostro Governo e con la forza di questo Parlamento un'inversione radicale e non lo facciamo per inseguire l'interesse italiano ma lo facciamo per salvare l'Europa, lo facciamo perché pensiamo che, se si continua così, si assisterà ben presto alla rottura definitiva del rapporto tra cittadini ed istituzioni. Voglio dirlo con forza: non abbiamo bisogno di patenti, non abbiamo bisogno di lezioni. In questi anni gli italiani con sacrificio hanno fatto la loro parte. Ora è il tempo di una politica economica espansiva che punti sulla domanda, sugli investimenti, che rimetta moneta nel sistema e che rialimenti la fiducia tra imprese e cittadini. Guai a pensare, guai a pensare che la ripresa passi per una compressione dei salari e degli stipendi: non è questo il nostro modello.

     Ha detto parole che condivido profondamente, Presidente Renzi. Il nostro è un altro modello e lo abbiamo dimostrato con la scelta redistributiva degli 80 euro che va assolutamente nella direzione giusta. A questo servono i 300 miliardi promessi da Juncker per lo sviluppo. A questo serve immaginare che nei mille giorni si possa fornire con più forza nuovo credito alle nostre imprese che vogliono investire. Oggi è ancora troppo difficile, se hai una buona idea, vederla finanziata. Le banche di cui anche oggi abbiamo parlato hanno l'obbligo morale di sostenere le piccole e medie imprese e di dare danaro a chiunque abbia una buona idea che possa creare lavoro. Dobbiamo dare fiducia e dire che si può credere nel futuro; e futuro e fiducia sono veramente due parole chiave che ne portano subito alla mente una terza, centrale – lo abbiamo detto – la nostra bandiera più importante: la scuola. La scuola è il centro della nostra iniziativa politica: il cambiamento non può che partire esattamente da lì, dal nostro sistema di apprendimento. Vogliamo un nuovo vero patto formativo che sia la leva per la ripresa del Paese. E questo si può fare – lo abbiamo detto anche oggi – se si restituisce dignità alla figura dell'insegnante, una figura purtroppo maltrattata negli ultimi anni. A loro affidiamo il futuro dei nostri figli e l'assunzione dei precari è una scelta giusta, come è giusto premiare chi si impegna di più.

      Ancora, Presidente, nei mille giorni vogliamo cambiare la pubblica amministrazione. I primi passi del Ministro Madia vanno nella direzione giusta: il cittadino non può perdersi nel labirinto di una burocrazia che si autoalimenta. Dobbiamo snellire e semplificare per dare risposte certe e immediate. E ancora, nei mille giorni dovrà cambiare il rapporto tra cittadino e giustizia. Presidente, su questo terreno ha pronunciato oggi parole coraggiose che mi sento di condividere fino in fondo. La battaglia per la legalità può stare insieme ad una compiuta cultura garantista che è patrimonio del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

    Io penso che non sia più ammissibile che per la giustizia civile una persona debba attendere anche dieci anni. Con questi tempi – e va bene in questa direzione l'iniziativa del Ministro Orlando – e senza alcuna certezza, si allontanano le imprese che vogliono investire in Italia.

    Ancora, nei mille giorni dobbiamo avere il coraggio di azzerare gli sprechi e ribadire con forza, ai cittadini che ci ascoltano, che ogni euro deve essere speso dallo Stato solo per dare servizi e per creare ricchezza per tutti. Questo si può fare e io penso che questo si possa fare senza rinunciare ad investire nella lotta alla povertà e senza rinunciare ad investire sul nostro welfare. Penso, ad esempio, alla grande conquista del Servizio sanitario nazionale. Ripetiamocelo sempre: lo Stato ha l'obbligo di intervenire quando un cittadino si ammala. È giusto colpire gli sprechi, le inefficienze che permangono, ma guai ad arretrare, anche di un solo millimetro, su un servizio universale come la sanità pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

    E ancora, Presidente, io penso all'Italia tra mille giorni e mi auguro che allora noi avremo compiuto un passo avanti deciso e coraggioso su un terreno su cui, purtroppo, siamo ancora troppo indietro, su cui il nostro ritardo non è più giustificabile. Mi riferisco alla grande questione dei diritti, dove rischiamo di essere sorpassati da altri organismi istituzionali. Io penso che nei mille giorni dobbiamo recuperare questo ritardo, riconoscendo diritti fermi, sicuri, alle coppie omosessuali, così come non si può più aspettare per riconoscere la nazionalità italiana ad un bambino, figlio di immigrati, che nasce in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

    Concludo, Presidente. Noi siamo il Partito Democratico. Noi, a testa alta, siamo la più grande comunità di donne e di uomini di questo Paese. In quest'Aula ci sono rappresentanze di territori, di interessi, di culture politiche, di pezzi del Paese. Sentiamo sulle nostre spalle una responsabilità enorme. Una grande figura della sinistra italiana come Alfredo Reichlin ha parlato di partito della nazione. Io sono d'accordo e penso che con questa responsabilità, con questa coincidenza di destino tra il Paese e la nostra capacità di esserne all'altezza, noi vogliamo portare a compimento questo percorso di riforme. L'Italia può cambiare e vogliamo dimostrarlo con i fatti. La politica può essere all'altezza di questa sfida e così riconquistare la fiducia degli italiani. Noi del Partito Democratico ci siamo, ci siamo fino in fondo e restiamo convinti che tutto il Parlamento saprà cogliere questa storica opportunità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Letto 7837

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Fabio Lazzaroni

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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