Renzi non è Berlinguer!

Nessuno accusò De Gasperi, Terracini e De Nicola di non essere Mazzini, Cavour e Carlo Alberto di Savoia, Padre dello Statuto del Regno. Ne loro si fecero scrupolo di inserire in Costituzione l’art. 139: “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. E gliene siamo tuttora tutti molto grati

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Renzi non è Berlinguer!

Chissà se Edward R. Murrow avrebbe raggiunto le stesse vette di celebrità se, parlandoci della guerra, prima, e della società americana, poi, avesse polemizzato su tutto e tutti, concludendo i suoi noti editoriali con l’affermazione: il senatore Joseph McCarthy non è Benjamin Franklin!

E già perché, proprio a proposito di rispetto dei principi costituzionali, e in questo caso ci riferiamo alla Patria delle libertà e delle opportunità ovvero gli USA, Murrow ne ha viste di cotte e di crude circa il rispetto del I emendamento, ovvero quello che garantisce la libertà di culto, parola e stampa, nonché il diritto di riunirsi pacificamente e di appellarsi al governo per correggere i torti.

Non lo disse mai, preferì comprendere meglio la realtà americana e raccontarla, pur tra mille difficoltà e censure, nel modo più obbiettivo possibile. Per questo passò alla storia per la sua onestà ed integrità nel diffondere le notizie, e come una delle maggiori figure del giornalismo mondiale. La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle, ma in noi stessi. Buonanotte, e buona fortuna.

D’altra parte, senza bisogno di scomodare i nomi sacri del giornalismo statunitense, basta ricordare che Enzo Biagi non accusò mai Craxi di non essere Riccardo Lombardi, né Giorgio Bocca biasimò Cirino Pomicino perché non era come De Gasperi. Eppure, nessuno dei due si risparmiò in critiche verso i governi di allora, anzi le cronache raccontate in anni bui della Repubblica rimangono nella storia del giornalismo italiano.

Matteo Renzi non è Enrico Berlinguer, dicono i duri e puri e, spesso, anche protagonisti dello sfascio italiano. E non è un esercizio così difficile continuare con le comparazioni, La Russa non è Almirante, Boschi non è Nilde Jotti, Nencini non è Nenni, Berlusconi non è Don Sturzo, La Lega non ha niente a che vedere con il Movimento Indipendentista Siciliano, cui convivevano galantuomini come Finocchiaro Aprile e mafiosi come Calogero Vizzini e Genco Russo, Vendola non è Togliatti, e il M5S è molto simile, anche se non uguale perché di molto peggiorato, al movimento reazionario l'Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini.

E continuando potremmo aggiungere che anche Marco Travaglio e Andrea Scanzi non solo non arriveranno mai ad essere lontanamente simili a Bob Woodward e Carl Bernstein, ma nemmeno a Montanelli e Longanesi, la Luisella Costamagna non è Matilde Serao e gli opinionisti politici di ogni genere e colore sono ben lungi da eguagliare Ennio Flaiano o Giuseppe Prezzolini.

Ed, allora, ci si rende conto che c’è un che di stucchevole in questo paragonare la classe politica di oggi, a quella del passato più o meno recente, e solo perché finalmente ha avuto il coraggio di riformare sì la Costituzione, ma anche di rifondare il Paese, affondato nella cosiddetta “palude” e spesso con la complicità degli stessi che, oggi, si ergono a paladini della verità e della giustizia.

Così come è stucchevole il mantra della Costituzione inviolabile, quasi fosse un dogma religioso. Ed invece i Padri Costituenti, tutt’altro che perfetti ed immuni da errori, lo sapevano bene che quel testo non era affatto sacro, ma molto umano e, infinitamente più saggi degli pseudo costituzionalisti di oggi, vergarono nero su bianco l’art. 138 che contempla, per l’appunto, tutti i passaggi, non semplici e non veloci, per avviare un processo di revisione costituzionale, quando se ne ravvisi la necessità. Non risulta che De Gasperi o Terracini o De Nicola siano mai stati accusati di non essere Giuseppe Mazzini o Camillo Benso Conte di Cavour, ne alcuno alzò il sopracciglio perché gettarono alle ortiche l’intero Statuto Albertino, e scrissero chiaramente: La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale (art. 139). E gliene siamo tuttora tutti molto grati.

Sarebbe il caso, infine, di togliere questa aurea di santità ed infallibilità ai Testi Costituzionali, tutti, non solo quello italiano. Ormai un bel po’ datate, le Costituzioni delle democrazie occidentali, mostrano diversi limiti, e contengono, vicino ai pregi, anche numerosi difetti. Ad esempio, è bene che nella Costituzione italiana sia scritto: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (art. 29)? Che in quella americana vi sia sancito il diritto di tutti di possedere armi (II emendamento)? E che in quella greca sia prevista l’esenzione fiscale sui profitti degli armatori? Oppure, si può considerare un attentato alla democrazia limitare e razionalizzare il Parlamento, rafforzando al contempo, il ruolo del Presidente della Repubblica, come ha fatto la Francia nel 1958? O trattare come convenzioni costituzionali le prerogative reali, come accade nel Regno Unito, dove una vera e propria Costituzione neanche esiste?

Lo sappiamo tutti che Renzi non è Berlinguer e non è detto che sia un male. Magari Berlinguer, tanto amato e osannato oggi dagli stessi che, quando era in vita, lo insultavano e denigravano, al posto di Renzi non avrebbe avuto posizioni molto diverse. Quasi sicuramente sarebbe inorridito se fosse stato costretto a discutere di Costituzione con Grillo e Calderoli, Berlusconi e la Santanché, o se avesse letto gli editoriali e i commenti di Scanzi e della Costamagna.

Altrettanto certo è che la storia non si fa con i se e tanto meno con accostamenti improbabili. Edward R. Murrow non disse mai: il senatore Joseph McCarthy non è Benjamin Franklin, bensì: Solo perché la tua voce arriva oltre la metà del globo terrestre non significa che sei più saggio che se avesse raggiunto solo la fine del bar.

Vale per i politici ed anche per chi li racconta.

092Dati social all'8 febbraio 2016


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Bianca La Rocca

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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