Se il Movimento cinque stelle fa il donatore del sangue per la Lega

Perché è sbagliata la teoria di una qualche affinità dei 5 stelle con il PD. Le tematiche che scavano un fossato tra i due raggruppamenti politici. Il Pd per vincere al contrario deve rivolgersi compiutamente alle categorie produttive, innanzitutto le imprese, per fare in modo che il suo messaggio sullo sviluppo risulti chiaro e forte. Questo messaggio ed una strategia conseguente sarebbero l’unico modo di mettere in crisi anche l’ascesa di consensi per la Lega.

Letto 3380
Se il Movimento cinque stelle fa il donatore del sangue per la Lega

Occorre disporsi a raccogliere i voti in uscita dal movimento penta stellato e dei delusi della Lega”. Gioco a tutto campo, allora per Pd e centro sinistra, abbandonando definitivamente differenziazioni per i due contraenti del patto di governo. E conseguentemente la teoria relativa ad una maggiore affinità coi 5*.

Non so attraverso quali elementi politici c’era chi nel Pd avesse potuto trarre convincimenti opposti visto che sui migranti, sui no vax e tanti altri elementi i giallo verdi vanno d’amore e d’accordo come non mai e se sull’elemento controverso della Tav, decisivo per le prossime elezioni in Piemonte, il Pd è molto più affine alla Lega.

Ma l’ipotesi che sta alla base del ragionamento non solo è politicamente sbagliata ma non è supportata da dati che dimostrano il contrario.

Guardiamo alle recenti rilevazioni sui flussi elettorali in Basilicata tra voto del 4 marzo 2018 e voto alle regionali di qualche giorno fa,  

Ebbene i voti perduti ed in uscita dei cinque stelle dal 4 marzo in Basilicata (circa il 60% di quel bacino), secondo le rilevazioni fatte dal Messaggero, e qui di seguito riportate, andrebbero per il 36% verso l’astensione, per il 17% verso la Lega e solo per il 12% verso il centro sinistra.

E questa rilevazione viene ulteriormente suffragata dall’Istituto Tecnè, foto di copertina, che vede nella crescita della Lega, (passata dal 6,6 al 18,9) un contributo che deriva per il 29% dal voto cinque stelle, per il 15% dal centro destra e di frange assolutamente marginali da altri settori.

E la stessa cosa era avvenuta alcune settimane fa in Sardegna dove rilevando lo stesso andamento il Corriere commentava “Nell’astensione e a destra i 300mila voti persi dal M5S”. 

Io non so alla luce di questi dati quale presunzione ideologica permette di assegnare una collocazione di sinistra ai cinque stelle quando è rilevabile elettoralmente la loro maggiore affinità con la Lega.

E non diciamo volutamente col centro destra perché per loro il vecchio schema novecentesco destra sinistra della democrazia rappresentativa non esiste più; per loro esiste, invece, una vocazione anti democratica, autoritaria ed antiparlamentare che li assimila al momento molto di più coi leghisti.

E non a caso la loro alleanza si dimostra solida e solidale e volta a cancellare le formazioni e gli schieramenti tradizionali che hanno rappresentato l’alternanza sinistra destra per sostituirne un'altra “popolo contro elite” i cui soli interpreti sarebbero per definizione i due contraenti del patto di governo.

Ed a questo proposito allora il Pd dovrebbe cambiare completamente schema di gioco assegnando valore più ai contenuti che alle geometrie tradizionali.

Sviluppo e lavoro, contro decrescita e reddito garantito, pensioni in base alla gravosità del lavoro e non come sta avvenendo adesso che quota cento è appannaggio prevalentemente dei lavoratori pubblici, infrastrutture e mobilità compatibile di cui la Tav che toglie un milione di passaggi Tir in Val di Susa è il paradigma.

Il Pd per vincere, al contrario, deve rivolgersi compiutamente alle categorie produttive, innanzitutto le imprese, per fare in modo che il suo messaggio sullo sviluppo risulti chiaro e forte.

Questo messaggio ed una strategia conseguente sarebbero l’unico modo di mettere in crisi anche l’ascesa di consensi per la Lega.

Non si vincono le elezioni col politichese e non si fanno alleanze definite dalla geometria, quanto da programmi, affinità e visione del futuro. Occorre un nuovo paradigma ora progressisti contro populisti, includendo tra i progressisti la componente moderata e democratica del paese.

Ecco se si ragionasse così si potrebbe offrire un’alternativa al declino dei partiti socialisti in Italia ed in Europa. Quella che aveva offerto il Pd del 2014 quando conquistò il 40,8% dei consensi.

Letto 3380

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Enzo Pino

Pensionato, commentatore politico per diletto. Collabora con diverse riviste on line. Già responsabile del Centro Studi Ricerche e Fomazione Cgil Sicilia.

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