Gli errori, le ragioni e il torto
L'incomprensibile atteggiamento di alcuni esponenti del PD
- Scritto da Alessandro Ceradini
- Pubblicato in Politica
Spesso in democrazia si fa un errore di valutazione: si scambia l'elemento numerico della maggioranza con la verità. Ma si sa che non è assolutamente così. La ragione può stare dalla parte della minoranza. Così in politica l'errore talvolta può anche essere fatale, ma questo non significa che chi lo ha commesso ha per forza torto, anzi. Infatti, chi sbaglia paga, talvolta anche in modo sproporzionato, ma può avere anche ragione da vendere. In politica dunque si possono fare errori di metodo, di contenuto o di tutti e due.
Fin tanto che il metodo risulta magari inopportuno ma sempre rispettoso delle regole, ciò che determina il torto è solo il contenuto. Ad esempio la secessione dell'Aventino contro Mussolini in risposta all'omicidio Matteotti non è stata una mossa politica vincente. Tuttavia sappiamo benissimo dove stesse la ragione.
In questo momento il PD è un partito senza arte né parte. Sta mostrando tutti i suoi limiti, strutturali ma anche contingenti. Fin dalla sua nascita si porta dietro i vizi dei democristiani, cioè le correnti come raggruppamenti di “conta” per la spartizione del potere ma anche le perversioni dei comunisti, ovvero il perenne detestarsi dei dirigenti fra di loro e la naturale pratica del farsi fuori reciprocamente. Oltre a queste depravazioni ab origine oggi il PD appare affetto sia da un eccessivo smarrimento post elettorale che da esagerato immobilismo autocritico. La batosta c'è stata, è vero ma il PD rimane pur sempre il secondo partito.
Quello che lascia un tantino sconcertati è la mancanza del desiderio di immediata ridefinizione del ruolo di fronte a evidenti difficoltà dei partiti che sono usciti vincitori dalle elezioni. Tracotanza e inabilità dei Cinquestelle contro rissosità e distinguo degli ammucchiati di centrodestra dovrebbero in realtà motivare l'orgoglio del perdente. Di chi ha perso infatti, ma di chi aveva ed ha tuttora ragione.
La determinazione di coloro che dovrebbero mostrare fin da subito un desiderio di rivincita alla luce delle contraddizioni degli avversari: le ragioni del SI' al referendum sono evidenti e avrebbero bisogno di essere rivendicate a gran voce, il buon operato dei governi a guida PD dovrebbe essere “gridato” a fronte dell'evanescenza delle posizioni grilline, delle rivalità interne al centrodestra e delle false promesse fatte da entrambi in campagna elettorale.
Insomma un comunicare agli elettori il desiderio di attribuirsi i meriti di una gestione politica che ha migliorato questo paese. Invece nulla. Tono dimesso e continui inutili mea culpa.
Anziché reclamare gli obiettivi raggiunti dai governi a guida PD si vede solo la voglia di resa dei conti interna in funzione antirenziana. Invece di riconoscere sì gli errori di metodo ma affermare con forza la ragione e la buona fede si assiste al triste spettacolo del capro espiatorio, della persona simbolo del torto e della colpa.
No, non ci siamo proprio.
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Alessandro Ceradini
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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