Se Marino amasse Roma più di se stesso

Daniele Fichera commenta le scelte del Sindaco (ex?) e le polemiche che le hanno seguite

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Se Marino amasse Roma più di se stesso

Le persone che conosco e stimo si dividono fieramente tra coloro che hanno accolto con sollievo le dimissioni (annunciate) di Ignazio Marino, considerandolo incapace di governare Roma, e coloro che si sono indignati ritenendolo vittima dei “poteri forti”.

Personalmente ritengo che ci sia del vero in entrambe le posizioni: per un’ampia serie di motivi Marino era ormai da tempo privo dell’autorevolezza politica e personale necessaria per governare in modo ordinario una realtà complessa come la Capitale e ancor di più per dare effettivo seguito all’intendimento annunciato della rottura degli equilibri di potere consolidati, ma probabilmente l’annuncio di quell’intendimento ha contribuito a determinare il suo isolamento.

In verità il sindaco chirurgo aveva vinto le primarie come espressione di una parte delle componenti del PD romano, che avranno pure avuto tanti meriti ma non potevano certo essere considerate estranee ai modelli di governo (e di opposizione) perseguiti negli anni precedenti. Né riesco a rinvenire nell’azione della giunta Marino, precedente alla emersione dei risultati dell’indagine Mafia Capitale, significativi esempi di rottura delle pratiche consociative o clientelari ne, tantomeno, la chiara individuazione di soluzioni di continuità sui versanti cruciali della gestione dei servizi pubblici o dello sviluppo urbano. La prima fase dell’azione di Marino e della sua giunta è stata sostanzialmente “ordinaria” con qualche scelta interessante ma, francamente, con pochi segnali di radicale innovazione.

Certamente, dopo il disvelamento da parte della magistratura inquirente del sistema di malversazioni e clientelismo, il Sindaco ha giustamente cercato di utilizzare la sua personale estraneità per accentuare in alcuni ambiti le scelte di rottura (il che gli ha certamente provocato inimicizie importanti) ma non credo si possa dire che sia stato capace di proporre e perseguire una diversa visione della città e del modo di governarla.

Il punto è che Marino nella fase della sua elezione, in quella del governo e infine nella caduta è stato soprattutto una “figura mediatica” (un esempio di storytelling) un po’ improvvisata e peggio gestita e non il rappresentante chiaro di un progetto politico definito.

Invece è proprio di un progetto politico che Roma avrebbe bisogno. Un progetto che parta dalla considerazione che se la città non si dota di un assetto funzionale adeguato (nella mobilità, nella gestione dei rifiuti, etc.) e di scelte strategiche coerenti per il suo sviluppo (urbanistico, produttivo, relazionale e turistico) è destinata a proseguire il declino più che decennale che la sta portando ai margini del sistema dei centri urbani europei e quindi all’impoverimento.

Ma un progetto di tal genere richiede un gran numero di decisioni rivolte a sostenere un interesse collettivo tanto diffuso quanto debolmente rappresentato contro una moltitudine di interessi particolari (in alcuni casi anche legittimi) tanto concentrati quanto fortemente capaci di farsi sentire.

Per affrontare una simile sfida ci sarebbe bisogno di una grande azione di coinvolgimento di energie e competenze, di risorse intellettuali capaci di elaborare le proposte e radicamenti sociali capaci di sostenerle. Parafrasando un grande poeta c’è bisogno di un buon timone (la ragione) per seguire la rotta e di una buona vela (la passione) per far avanzare la barca. Marino non mi ha mai dato l’impressione di saper utilizzare né l’uno né l’altra.

Se davvero ama questa città (o meglio se la amasse più di quanto non ami se stesso) e se davvero vuole combattere per evitare che ritorni in mano “alla mafia”, o più realisticamente a faccendieri, brasseur d’affaires, corporazioni e politici improvvisati che ne accelererebbero il declino, qualcosa può fare.

Mettere la sua esperienza ed il consenso di cui dispone a disposizione di un progetto radicalmente nuovo fatto da donne e uomini competenti e rappresentativi disposti a dichiarare prima cosa vogliono fare, quali interessi vogliono sostenere e quali colpire. Di un tale progetto è meglio essere utilmente parte anziché proporsi inutilmente come guida

marino one marino two Dati delle versioni precedenti

098 Dati social all'8 febbraio 2016


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Daniele Fichera

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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