È ora di restituire l’onore a Maria Elena Boschi

Il più completo e dettagliato articolo mai scritto sulla vicenda delle Banche, di Etruria, del ruolo della Boschi, del PD e di Renzi.
Un lungo e pignolo articolo in cui si ribaltano le argomentazioni alla base della perfetta “character assassination” che ha offuscato la onorabilità della Boschi con un linciaggio mediatico perfetto e ben organizzato. Oggi dobbiamo restituire l’onore politico ad una giovane ragazza che ha avuto solo il torto di voler servire il proprio paese. Altro che Madonna Etruria, altro che Banca della Boschi, altro che conflitto di interessi!!!
“la menzogna ha fatto in tempo a fare il giro del mondo mentre la verità sta ancora allacciandosi le scarpe” Mark Twain

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È ora di restituire l’onore a Maria Elena Boschi

Contro Maria Elena Boschi è stata costruita nel tempo una “character assassination” perfetta ed esemplare.

La character assassination è un processo consapevolmente pianificato e prolungato nel tempo che distrugge la credibilità e la reputazione di una persona, (ma anche di una istituzione, organizzazione, gruppo sociale o nazione).

Gli autori di questo vero e proprio linciaggio mediatico di “personaggi” utilizzano un insieme di strumenti per raggiungere i loro obiettivi e lo fanno sia in modo aperto che segretamente, attraverso false accuse, seminando e alimentando voci e manipolando. le informazioni.

L’obiettivo principale è quello di offuscare e macchiare la reputazione di una persona di cui viene presentata come fosse vera una immagine falsa attraverso esagerazioni, mezze verità, manipolazioni di fatti.

È uno strumento che esiste da sempre, pensiamo alla campagna di bugie, ad esempio, messa in campo dalla Chiesa Cattolica contro Martin Lutero.

Ma è attorno agli anni ‘30 del 900 che la “character assassination” divenne una espressione popolare.

Immaginate però oggi, ai tempi dei social e di internet, come possa essere efficace questa metodologia diffamatoria, come possa penetrare nel profondo e come possa stigmatizzare per sempre, togliendole l’onore, il personaggio pubblico che si prende di mira.

Maria Elena Boschi, poco più che trentenne ministro delle Riforme del governo Renzi, è stata sicuramente oggetto di una raffinatissima e scientifica “character assassination” che ha tarpato le ali ad una giovanissima ragazza (33 anni quando diventò ministro) che sembrava avviarsi ad una luminosa carriera politica.

Prima di scardinare (e lo faremo con dovizia di particolari) le argomentazioni che negli anni precedenti sono state usate per macchiare l’onore di questa giovane donna chiediamoci perché questo è accaduto.

Chiediamoci perché gran parte delle élites italiche, di destra e di sinistra, hanno avuto il bisogno di bloccare l’ascesa di Maria Elena Boschi. Certo è accaduto perché colpendo lei si colpiva l’altro personaggio che in questi anni è stato al centro di un altro “assassinio di personaggio” e cioè l’ex premier Matteo Renzi (il caso Consip/Scafarto è un esempio da manuale, ma di Renzi parleremo un'altra volta).

Ma il motivo vero sta nel fatto che Maria Elena Boschi è stata il motore di uno dei tentativi più radicali di trasformazione della nostra Repubblica, quella Riforma costituzionale a cui ha lavorato con passione e competenza, combattendo soprattutto in Senato per portare quei senatori a votare praticamente la loro eutanasia. Una riforma della Costituzione che, senza toccare la forma dello Stato e senza alcuna deriva autoritaria, oltre alla trasformazione e sostanziale abolizione del Senato prevedeva tante altre misure che avrebbero sbloccato la sostanziale rigidità del sistema politico italiano, rigidità su cui sono cresciute le tante caste che non a caso al referendum si sono attruppate nell’accozzaglia del NO.

La sconfitta al Referendum è stata naturalmente un primo colpo (e questo ci sta tutto) alla immagine vincente della Boschi. Ma non bastava, perché da una semplice sconfitta politica ci si può tranquillamente riprendere. Bisognava distruggere il suo onore, bruciare la strega, cancellare la possibilità che questa giovane e brillante ragazza potesse assumere in futuro ruoli importanti nella nostra Repubblica.

Ed è stato a questo punto che “la character assassination” contro la Boschi ha allargato le sue ali.

Ma è ora adesso di restituire l’onore alla Boschi.

Anche se i buoi sono scappati dalla stalla poiché lo stesso risultato del 4 marzo è stato costruito non solo sulla paura dei migranti e dell’invasione ma anche su questa riuscitissima campagna diffamatoria nei confronti della Boschi rendendo senso comune l’immagine falsa (e lo dimostreremo se avete la pazienza di seguirci nel corso di questo articolo) di una Boschi, un Renzi ed un PD amico dei grandi poteri finanziari e dei banchieri che hanno portato al fallimento le loro banche.

Le accuse false, le voci deformanti, la manipolazione delle informazioni attraverso cui il linciaggio mediatico ha raggiunto pienamente il suo obiettivo si basavano su alcune argomentazioni che disintegreremo con il nostro racconto.

Le argomentazioni su cui questo “assassinio mediatico del personaggio Boschi” è stato costruito sono “il presunto conflitto di interessi”, “la responsabilità del PD nel fallimento delle 8 banche”, “l’impegno della Boschi per salvare Banca Etruria”, “la definizione della Etruria come banca della Boschi”, “il ruolo del padre della Boschi”, “il racconto ribaltato del salvataggio dei risparmiatori operato da Renzi e soprattutto Padoan come il salvataggio delle banche in se e dei responsabili del crack”, “l’abbandono a se stessi dei risparmiatori e dei correntisti”.

E su queste argomentazioni è stato imposto il frame “Boschi=Madonna Etruria=PD amico dei grandi banchieri”.

La campagna mediatica ha coinvolto sia i media tradizionali che i nuovi media ed i social. L’avanguardia combattente sono stati le reti della 7 del pregiudicato Cairo, il Fatto Quotidiano ed il Corriere della Sera, Corriere che sulla vicenda ha toccato il punto più basso del suo giornalismo dai tempi in cui era stato conquista dalla P2.

Ma anche gli altri media tradizionali si sono aggregati alla costruzione di questo frame a partire da Repubblica che, avendo in odio Renzi, non ha fatto nulla per compiere indagini serie sulla intera vicenda sposando sic e simpliciter quel frame.

I social, grazie alla struttura militare della Casaleggio, hanno poi diffuso a piene mani queste bugie e queste falsità, certamente aiutati dalle “fabbriche” di fake news che pian piano stanno venendo fuori, disegnando l’esistenza di oscuri meandri internazionali (tra Steve Bannon ed i troll di Putin) che hanno l’obiettivo di disintegrare la Unione Europea.

Cominciamo però, adesso, l’azione di smontaggio delle principali bugie su cui si basa questa operazione perfettamente riuscita di linciaggio.

Vi chiedo di seguire passo passo il ragionamento che sarà lungo e pignolo.

Il conflitto di interesse.

La base su cui è stata costruita tutta l’impalcatura di bugie è la descrizione di un presunto conflitto di interesse. E, come dimostrerò senza ombra di dubbio, non è esistito nessun conflitto di interesse da parte di Maria Elena Boschi nel caso della Etruria ed ancor meno su tutta la complessa vicenda bancaria degli ultimi anni.

Ma quando si verifica di solito un conflitto di interessi?

C’è un conflitto di interesse quando un membro di un governo utilizza il suo ruolo per coprire le magagne di qualche attività privata e ne trae utile (Berlusconi ne è un esempio di scuola, ha utilizzato il suo potere per mettere in sicurezza le sue aziende che all’inizio degli anni 90 stavano messe male ed erano super indebitate).

Il governo di cui Maria Elena Boschi faceva parte ha invece trattato le Banche popolari fallite tutte allo stesso modo. In maniera durissima.

Ha prima commissariato e poi sciolto Banca Etruria senza guardare in faccia nessuno ma anche di fronte a questo è stato scritto che il Governo era obbligato a percorrere questa strada. Questa obbligatorietà non esisteva all’epoca, come dimostra un prezioso Factchecking fatto all’epoca dall’AGI, che scrive:

“Il commissariamento è stato disposto, in base alla normativa che era in vigore all’epoca, dal ministero dell’Economia su proposta della Banca d’Italia.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato (oggi obsoleta, ma all’epoca ancora valida) è molto netta nel sottolineare il carattere discrezionale del potere esecutivo, che anzi è tenuto a condurre indagini proprie al preciso scopo di potersi – eventualmente – discostare dalle proposte formulate da Banca d’Italia.

Dunque ha ragione Maria Elena Boschi a rivendicare al governo il merito di aver commissariato Banca Etruria, in quanto la proposta di Banca d’Italia in proposito non era vincolante e la decisione finale è ricaduta sull’esecutivo. Non risulta che ci sia stato “un ordine” di Banca d’Italia, né che si possa attribuire interamente all’istituto di Palazzo Koch la responsabilità del commissariamento”.

Ma, oltre al commissariamento, il Governo Renzi ha soprattutto varato la riforma delle Banche Popolari che ha messo fuori gioco quegli intrecci miasmatici tra banche locali, economia malata del territorio e politica locale di cui accennavamo prima, intrecci miasmatici che sono stati le cause dei fallimenti e dei crac (anche in presenza di una scarsa vigilanza di Bankitalia che sulle popolari venete è molto più evidente; su questo potete leggere gli interessanti e documentati link di Pagina 99 e Linkiesta che troverete alla fine di questo articolo).

La pistola fumante di tutta questa impalcatura diffamatoria ben riuscita sarebbe la presenza nel CdA di una di queste banche del padre della giovanissima sottosegretaria Boschi che avrebbe brigato, insieme al giglio magico, per tenere nascosto il tutto e proteggere dal governo (ecco il conflitto di interessi!!) i colpevoli (babbo compreso) del fallimento di quella piccola banca di provincia.

Naturalmente sarebbe colpa del PD, di Renzi e della Boschi la rovina degli obbligazionisti provocata dal crack finanziario delle banche. Di qui le marce dei 5 stelle e la presenza organizzata di disturbo ad ogni iniziativa del PD e di Renzi nelle terre interessate da quel crac.

Nessuna di queste affermazioni è vera. Messe tutte insieme però fanno un bell’effetto mediatico. Sembrano vere. Ed intorno si costruiscono immagini, come quella di “Madonna Etruria” molto suggestiva e che aiuta ad incistare meglio quel frame nei neuroni dei cittadini.

Basterebbe prendere la tempistica di quei fallimenti per dimostrare che il PD e soprattutto Renzi non c’entrano nulla.

Le operazioni dissennate che portarono al crac furono compiute (e tutto questo è agli atti delle indagini) tra il 2008 ed il 2010 quando cioè Matteo Renzi era Sindaco di Firenze e si dedicava alla pedonalizzazione dell’area intorno a Santa Maria del Fiore e alla cupola di Brunelleschi e Maria Elena Boschi era una giovane avvocatessa trentenne che forse mai avrebbe immaginato all’epoca di far parte di quella giovane squadra che proverà di lì a poco a cambiare il nostro paese.

Resta però il ruolo del padre della Boschi. Ma anche lui non c’entra nulla con gli anni del crac perché fu nominato nel CdA di Etruria soltanto nel 2011 e cioè dopo che i danni erano stati fatti e non erano ancora emersi (anche per colpa, come ha detto in Commissione Banche il Procuratore di Arezzo, della scarsa vigilanza di Banca Italia).

Ma il padre della Boschi chi ce l’ha messo nel CdA? Non certo Renzi o la giovane virgulta trentenne, nel 2011 stavano ancora a Firenze, Renzi aveva già perso le prime primarie contro Bersani e restava a fare il Sindaco.

Bisogna saper innanzitutto che prima della riforma (di cui parleremo più avanti) le Banche popolari erano Banche strettamente legate (nel bene, ma soprattutto nel male) al territorio ed erano gli stakeholders del territorio ad indicare i membri dei Consigli di Amministrazione.

Pierluigi Boschi fu nominato nel CdA di Etruria nel 2011 ed in quell’organo rappresentava i coltivatori diretti. Il Boschi era stato infatti dirigente della Coldiretti in Valdarno, Consigliere del Consorzio Agrario di Arezzo dal 1978 al 1986, e Presidente della Confcooperative di Arezzo dal 2004 al 2010. (solo nel 2014 fu nominato vicepresidente senza alcuna delega operativa e solo perché quella casella spettava a rotazione anche ai coltivatori diretti e non certo perché nel frattempo la figlia era diventata ministro ai rapporti con il Parlamento).

Non c’è inoltre un atto che sia uno che dimostrerebbe la sostanza di quel frame e cioè che il PD, Renzi e la Boschi avrebbero favorito Banca Etruria esercitando quindi un fantomatico conflitto di interessi.

Anzi, come detto inprecedenza, non solo non c’è un atto che vada in questa direzione ma tutto quello che ha fatto il governo Renzi va nella direzione opposta.

È il governo Renzi che, su proposta di Bankitalia (che aveva dormito in tutti questi anni ma che si sveglia finalmente nel momento in cui nel febbraio 2014 le fila delle sorveglianze bancarie sono tirate da BCE) commissaria Banca Etruria mandando a casa il CdA (questa scelta ripetiamo non era obbligata ma stava tutta nella discrezionalità del governo).

Ma soprattutto è il governo Renzi che prende dal cassetto dove dormiva da sedici anni la proposta di riforma della Banche popolari scritta dal duo Ciampi/Draghi e la fa approvare dal Parlamento, una riforma radicale che interviene sul dimensionamento, sulla capitalizzazione e sulla governance.

È molto probabile che se si fosse dato retta a Ciampi ed a Draghi ed i governi di centrosinistra (quelli dove D’Alema e Bersani hanno avuto un ruolo di primo piano) avessero a suo tempo approvato questa riforma forse i crac ed i fallimenti di queste piccole banche sarebbero stati evitati.

Come spiega bene Luigi Marattin, giovane consigliere economico di Palazzo Chigi, agli inizi degli anni 90 si passa dal controllo della politica (molto invasivo e frenante) ad un controllo in mano a sistemi di potere locali: in alcuni casi privati (associazioni di industriali, agricoltori, commercianti), in altri pubblici (enti locali), ma sempre dentro un sistema protetto e poco concorrenziale.

E solo il governo Renzi, nel 2015 “ha costretto le 10 maggiori banche popolari ad abbandonare quel sistema protetto di governance e a diventare società per azioni, in modo da essere contendibili sul mercato. E so che tanti (ma proprio tanti) si incazzarono”.

Naturalmente la Riforma delle popolari ha colpito molti interessi diffusi, di quei potentati locali che avevano trasformato queste banche in strumenti di potere intrecciati con la politica locale e con gli interessi economici del territorio (portandole proprio per questo al crack). Non solo, perché appunto ha dettato nuove regole sulla dimensione e sulla capitalizzazione, ma soprattutto perché ha eliminato il voto capitario per cui in queste banche non contavano le azioni possedute ma ogni stakeholders socio (possedesse 1000 o 100.000 azioni) era uguale all’altro (il che voleva dire che gli interessi economici di un singolo socio potevano tenere in scacco le strategie delle banche popolari ed impedire lo sviluppo e l’innovazione).

Altro che conflitto di interessi!!! Il governo Renzi ha smantellato questa rete ed ha ridato un futuro, consolidandole, a questo sistema di banche.

Ma è a questo punto che spunta dal cilindro del circo mediatico/giudiziario il tema della indagine sul “falso prospetto” in cui sarebbe coinvolto Pier Luigi Boschi.

Spieghiamo. Nella sostanza il reato oggetto di indagine (scaturente da verbali Consob e da multe comminate ai membri del CdA) consisterebbe nel fatto che la Banca ha fatto firmare agli obbligazionisti nell’ultimo periodo un prospetto informativo in cui non si evinceva chiaramente il rischio a cui si sottoponevano, un prospetto quindi non in linea da quanto previsto dalle leggi bancarie.

Pian piano viene però fuori anche che la responsabilità del Boschi è inesistente. Lo aveva già affermato con estrema chiarezza il Procuratore Rossi nel pezzo di audizione secretata presso la Commissione Banche (e secretato proprio perché le indagini erano ancora in corso) dicendo che il CdA di Etruria si è limitato, con apposita Delibera, a incaricare il Direttore generale di elaborare il prospetto informativo per l’emissione delle obbligazioni subordinate, prospetto che poi il Direttore generale invia alla Consob.

Ed in quella sede il procuratore ha anche affermato che è un dato accertato che il famoso prospetto non fu approvato dal CdA. Quindi papà Boschi non c’entra nulla!

Ed il 7 dicembre Repubblica, che aveva inizialmente cavalcato la linea giustizialista contro il PD e contro il Boschi, rivela che le affermazioni anzidette del Procuratore sono frutto di un verbale (di cui il giornale è venuto a conoscenza) della Guardia di Finanza e non, ammette Repubblica, una copertura di ufficio per Boschi come qualcuno aveva adombrato.

Quindi, ricapitolando, la pistola fumante, il presunto conflitto di interessi su cui si basa la “character assassination” della Maria Elena Boschi (e quindi di Renzi e del PD), è inesistente e l’assunto basato sul nulla, perché:

1) le basi del fallimento di Banca Etruria stanno nel 2008/2010 (e Renzi e la Boschi sono andati al governo nel 2014 e stavano ancora a Firenze ed il padre della MEB non sedeva nel CdA perché fu nominato nel 2011),

2) all’emergere del crack, dopo il 2014, il governo Renzi ha commissariato Banca Etruria e

3) contemporaneamente il Governo varava l’importantissima riforma delle Popolari, che interviene sulle cause prime (dimensionamento, capitalizzazione e governance) per cui c’è stato il crac finanziario, ma anche delle Banche di credito cooperativo, due riforme molto apprezzate dalla BCE di Draghi;

4) il Governo ha previsto che gli obbligazionisti sotto un certo reddito verranno risarciti automaticamente mentre per i più ricchi dovranno dimostrare con sentenza di un giudice di essere stati truffati;

5) il Procuratore di Arezzo ha detto che Bankitalia non ha vigilato e che i prospetti falsi Pierluigi Boschi non li ha mai approvati (e dice questo esibendo un verbale della Finanza).

La Boschi voleva salvare l’Etruria. E quindi?

C’è un'altra argomentazione secondaria che prova a rafforzare quella principale in merito al presunto conflitto di interessi e sta nel fatto che la Boschi si è data da fare per salvare l’Etruria.

Questa accusa non ha nessun senso. Perché è meritorio che una parlamentare ed un ministro espressione di un territorio si occupino, senza fare pressioni indebite, delle situazioni di crisi esistenti in quel territorio.

Sarebbe stato gravissimo se non lo avesse fatto.

Nel territorio Aretino la Etruria era la banca che sosteneva le aziende orafe che sono la forza di quel tessuto economico, danno lavoro a migliaia di persone e il crack della Banca avrebbe potuto creare enormi problemi ad un settore produttivo già in crisi per motivi suoi.

E lo ha fatto senza mai esercitare alcuna pressione indebita su chi poteva avere un ruolo in una possibile azione di salvataggio della Bancuccia aretina.

Come emerge dalle audizioni di Visco e di Ghizzoni il ministro si è solo limitato a chiedere informazioni su una procedura già avviata. E lo ha fatto come fanno legittimamente, parole di Visco, tanti parlamentari o governatori che si interessano delle sorti del sistema bancario delle loro Regioni. Ghizzoni ha addirittura aggiunto che la Boschi più che preoccupata per le Banche era preoccupata per le ricadute occupazionali ed economiche per un intero territorio che il fallimento di una banca inevitabilmente porta con sé.

Doveva astenersi dal farlo per il solo motivo che il padre era stato membro all’epoca nel CdA di Etruria? Cioè doveva disinteressarsi da Parlamentare e Ministro proveniente da quel territorio a ciò che accadeva e che rischiava di mandare per stracci una intera economia (come poi in parte è avvenuto’)?

E su questa questione viene sbugiardato anche Ferruccio De Bortoli che aveva scritto che la Boschi aveva chiesto all’AD di Unicredit di salvare l’Etruria.

Ghizzoni ha fatto capire che non è andata così anche perché il colloquio con la Boschi avviene solo dopo che la richiesta a Unicredit era già stata fatta da Mediobanca e dall’Advisor di Etruria. E la Boschi del tutto legittimamente si era informata se Unicredit avrebbe analizzato tale questione senza più relazionarsi sulla questione con Ghizzoni.

Ma queste invenzioni ancora girano per il web, e girano velocemente e le smentite e le ricostruzioni non servono a nulla, almeno nel breve periodo, perché come diceva Mark Twain “la menzogna ha fatto in tempo a fare il giro del mondo mentre la verità sta ancora allacciandosi le scarpe”.

Ed ha ragione la Boschi a dire recentemente: “sono stata massacrata mediaticamente due anni per aver incontrato l’amministratore delegato di una banca. Solo per un incontro. Ora provate a immaginare cosa potrebbe accadere a me se rubassi #49milioni e mi rifiutassi di restituirli nonostante una sentenza. Immaginato? Bene. Salvini annuncia che non restituirà e tutti fanno finta di nulla. Ma i finti onesti a cinque stelle che fine hanno fatto? Tutti in ferie? Che squallore questa doppia morale”.

Luigi Di Maio, attuale vicepremier e capo politico dei 5 stelle, quello che oggi tace sulla vicenda dei fondi rubati dal suo alleato di governo, all’epoca delle critiche del PD a Visco disse:

“Quando fanno lo show mediatico su Visco e Banca d’Italia per fare vedere che vogliono tutelare i risparmiatori si devono ricordare che quando hanno governato non solo hanno favorito le banche, ma in 20 minuti hanno fatto un decreto per salvare la banca della Boschi e mandare sul lastrico migliaia di risparmiatori”.

Ed in questa dichiarazione c’è la sostanza della character assassination di cui stiamo parlando, ed è in quelle tre espressioni “banca della Boschi”, “decreto fatto in 20 minuti per salvarla” e “mandare sul lastrico migliaia di risparmiatori”.

Perché si è proprietari di una banca, se si possiede la gran parte delle azioni invece la famiglia Boschi era un piccolissimo azionista, appena 9000 euro di azioni (ecco la cifra mostruosa che fa dire al circo mediatico questa fregnaccia).

Ed all’epoca sempre l’Agenzia Italia fece un fatchecking in cui smontò pezzo per pezzo l’argomentazione di Giggino o fuoricorso. (qui il link del dettagliato fat checking: Chi ha ragione tra Di Maio e Boschi su Banca Etruria)

Scrive in conclusione l’AGI: “Maria Elena Boschi ha sostanzialmente ragione. Suo padre è stato rimosso, insieme al resto del CdA, dall’atto di commissariamento. Successivamente la banca è stata messa in risoluzione, una procedura che ha messo l’onere principale delle perdite in carico a un fondo finanziato dal sistema bancario e non dallo Stato, e venduta a Ubi Banca. Altre iniziative del governo hanno permesso a molte persone danneggiate di ridurre le perdite, con soldi pubblici. L’opportunità o meno di quel decreto è un giudizio politico, ma sembra poco corrispondente alla realtà dipingere quanto successo come “salvare la banca della Boschi e mandare sul lastrico migliaia di risparmiatori”.

Ma davvero Renzi e la Boschi hanno mandato sul lastrico i risparmiatori?

Tutta questa falsa impalcatura mediatica è stata poi accompagnata dalla tambureggiante accusa al governo Renzi di aver mandato sul lastrico i risparmiatori.

Un refrain che sui social i dirigenti 5 stelle ed i webeti loro seguaci hanno fatto girare rendendolo virale.

E qui siamo all’invenzione più totale, aizzata soprattutto dal becerume populista che ha trovato terreno fertile nelle tante famiglie non di risparmiatori ma di giocatori, loro malgrado, sul mercato d’azzardo delle obbligazioni e che sono stati raggirati e truffati (anche se probabilmente, quelli che in queste operazioni hanno investito tanto sapevano bene a cosa potevano andare incontro).

I risparmiatori sono coloro che tengono fermi i loro soldi nei conti correnti. E questi hanno visto salvo il loro capitale, per intero come salvo è stato il posto di lavoro di tantissimi dipendenti

A rischiare di perdere il loro patrimonio sono stati coloro che hanno sottoscritto obbligazioni solleticati (quasi fossero Soros di provincia) dagli alti tassi di interessi che venivano loro promessi e quindi allettati dal facile guadagno (magari senza far capire loro il tasso di rischio). Ma anche per loro il governo ha previsto una doppia strategia stanziando un fondo per restituire ai meno abbienti quello che avrebbero perso e prevedendo per gli altri (sopra un certo reddito) di poter venire risarciti solo sulla base di una sentenza di un giudice che accerta la truffa e l’inganno da parte della Banca.

E comunque è chiaro che a rischiare di mandare sul lastrico tanta gente (lastrico evitato grazie all’intervento del Governo) sono stati i dirigenti di Banca Etruria del periodo 2008/2010 (lo ripeto fino alla noia, Renzi e Boschi a Firenze, babbo Boschi fuori dal CdA) e sono stati coloro i quali in quegli anni hanno omesso di controllare e vigilare, come ha testimoniato in commissione il Procuratore di Arezzo.

E il Giglio magico?

Ma poteva mancare in questa perfetta costruzione della “character assassination” riguardante la Boschi ed il rapporto tra il PD e le Banche, una spruzzatina di Giglio magico?

Ed eccola servita calda calda: dalla audizione di Ghizzoni in commissione Banche è spuntata fuori una mail di Marco Carrai, amico personale da sempre di Matteo Renzi, in cui chiede informazioni sulla valutazione di Unicredit su Etruria.

Apriti cielo. Sui giornali è tutto un parlare di giglio magico, di massoneria, di fiorentinità, Repubblica pubblica un ritratto di Carrai chiamandolo nel titolo come l’uomo che sussurra a Renzi.

Questa la mail: “Ciao Federico solo per dirti che su Etruria mi è stato chiesto di sollecitarti se possibile e nel rispetto dei ruoli per una risposta”.

Il tono confidenziale della mail dimostra una familiarità di Carrai con l’ex AD di Unicredit, familiarità professionale confermata in una dichiarazione in cui Carrai dice di aver incontrato nell’ambito del suo lavoro più volte Federico Ghizzoni.

E, come chiarisce dando tutti i riferimenti, quella mail serviva a capire “gli intendimenti di Unicredit riguardo Banca Etruria perché un mio cliente stava verificando il dossier di Banca Federico Del Vecchio, storico istituto fiorentino di proprietà di Etruria”.

Non c’entra nulla la Boschi, non c’entra nulla il Giglio magico, non c’entra nulla Renzi.

Naturalmente tutto fa brodo ed anche il nome di Carrai è buttato nel tritacarne mediatico dando per scontato quello che scontato non è.

E anche questo episodio marginale ci serve a dare il senso di come ha funzionato la macchina che ha tolto l’onore a Maria Elena Boschi, quell’onore che oggi sarebbe il caso di restituire per intero e con tutte le scuse del caso.

Il ruolo dei media

Su questa pessima pagina non solo del Fatto e del Corriere della Sera, ma, in generale, dell’intero sistema dei media, scrisse all’epoca parole taglienti Luigi Chiarello su Italia Oggi:

“Ci siamo sorbiti (ed ancora ci sorbiamo) effluvi di inchiostri sul presunto conflitto di interesse di Maria Elena Boschi per il caso Etruria mentre invece non guadagna neanche un titolo urlato la sospensione per presunta fabbricazione di prove false (e depistaggi successivi) dei due carabinieri che indagavano sul caso Consip e su Tiziano Renzi.”

E la stessa Maria Elena Boschi disse con sferzante ed amara ironia: "Leggendo i giornali verrebbe da dire che se lui” – riferito al padre – “non avesse fatto per nove mesi il vicepresidente di una piccola banca, il sistema bancario italiano non avrebbe avuto problemi. Ma chi conosce anche solo un po' il mondo delle banche sa che non è credibile".

E in un’intervista del 19 settembre sul Magazine del Corriere la Boschi dice; “non ho mai avuto un’indagine né ho mai avuto un ruolo in quell’istituto, però ha toccato me politicamente. Mi hanno massacrata per nulla. E anche chi scriveva articoli di fuoco contro di me, in privato mi diceva: “Sappiamo che tu non c’entri niente”.

Non mi sono mai occupata della vicenda di mio padre. L’ha ribadito il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco: l’unica volta che parlai di Banca Etruria dissi che la mia preoccupazione era per i dipendenti dell’istituto e per il mio territorio e che non avrei voluto alcuno sconto, alcun favoritismo su mio padre. La vicenda di Banca Etruria è stata scelta per assorbire l’attenzione mediatica e non parlare di altre crisi bancarie, soprattutto delle Venete, dove ci sono forti interessi della Lega. Ed è servita come arma di battaglia politica: colpendo me, colpivano un intero progetto politico”.

Ed è per questo, per proteggere i forti interessi della Lega, lasciatemi dire a conclusione, che la stessa forza mediatica non è stata data alle porte girevoli della Popolare di Vicenza dove il manager Zonin assumeva come consulenti manager andati via da Bankitalia (il controllato assumeva i controllori), al silenzio di Bankitalia sui dividendi che alcune banche Venete distribuivano ai propri azionisti malgrado la situazione finanziaria fallimentare o i finanziamenti concessi ai soci sempre da parte delle Banche Venete nello stesso periodo. Oppure l’ok ad una Banca Veneta che si sapeva sulla via del fallimento per comprare un prestigioso palazzo (guarda caso già sede di Bankitalia). Oppure ancora, su un altro versante, i crediti incagliati di MPS tra cui la conversione in azioni del debito di 600 milioni di Sorgenia dopo il rifiuto di Debenedetti e degli altri soci austriaci di ricapitalizzare.

SE FOSSIMO UN PAESE NORMALE

Se fossimo un paese normale altre avrebbero dovute essere le storie da raccontare sul sistema bancario italiano. Altro che l’inesistente conflitto di interesse di Maria Elena Boschi.

Scrisse all’epoca Francesco Cancellato, Direttore de Linkiesta, che “se fossimo in un Paese normale la conferma di Ignazio Visco come governatore della Banca d’Italia non sarebbe nemmeno in discussione: lo si accompagnerebbe alla porta con i dovuti onori, ma senza troppi complimenti.

Non ci sarebbe nemmeno da spiegare –aggiunse Cancellato - in un Paese normale: basterebbe chiedersi, molto tranquillamente, perché, Montepaschi a parte, tutti gli scandali e le crisi bancarie di questo Paese - Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca. Etruria, Carife, Marche, Caricheti, Carim, Caricesena e prossimamente, forse, Popolare di Bari e Carige - si sono palesate agli occhi dell’opinione pubblica a partire dal 2014, ossia da quando la vigilanza del sistema bancario italiano è passata da Palazzo Koch, Roma a Eurotower, Francoforte”.

Ed ecco alcuni, soltanto alcuni, tra gli esempi per cui Ignazio Visco non doveva essere riconfermato (con buona pace di Gentiloni che invece lo ha difeso strenuamente e quando ci si interroga della improvvisa freddezza intervenuta tra Renzi e Gentiloni non c’è dubbio che questo episodio è stato uno spartiacque).

In larga parte gli esempi sono tratti da Linkiesta e da Pagina 99.

BANCA POPOLARE DI VICENZA: VISCO DOVEVA CHIARIRE PERCHE’….

DOVEVA CHIARIRE perché, ad esempio, nell’ispezione del 2012 Bankitalia non si accorge delle azioni baciate di Banca Popolare di Vicenza - acquistate cioè in corrispondenza di un finanziamento - per un controvalore pari a circa il 30% del capitale della banca, ma invece si accorge di un’operazione analoga, da 300 milioni, di Veneto Banca, suggerendole - ironia della sorte - di farsi comprare da una “banca di alto standing“ come quella vicentina, cosa che suggerisce pure a Banca Etruria, a quanto pare.

(FONTE: Linkiesta e Pag 99)

VISCO DOVEVA CHIARIRE PERCHE’………

DOVEVA CHIARIRE perché, sempre a proposito della Popolare di Vicenza, perché nessuno abbia avuto niente da ridire sul fatto che dal 2011 al 2013 il dominus di POPVI Gianni Zonin abbia assunto diversi manager provenienti proprio da Palazzo Koch, senza che Palazzo Koch avesse nulla da dire in merito.

(FONTE: Linkiesta e Pag 99)

SOFFERENZE BANCARIE: VISCO DOVEVA CHIARIRE PERCHE’……

DOVEVA CHIARIRE perché le sofferenze lorde dei crediti concessi dalle banche italiane sono aumentate dai 118 miliardi di inizio 2012 ai 212 miliardi di maggio 2017 quando da Bankitalia e dintorni l’unica spiegazione che arriva è che le banche hanno risentito della crisi economica, senza chiedersi se c’entrino qualcosa il capitalismo di relazione e i rapporti personali e fiduciari tra chi gestisce le banche e chi ha bisogno dei loro soldi.

(FONTE: Linkiesta e Pag 99)

ALTRE DUE COSE CHE VISCO DOVEVA CHIARIRE

DOVEVA CHIARIRE perché Bankitalia abbia ritenuto e continui a ritenere perfettamente normale che le banche sottocapitalizzate si finanzino vicendevolmente gli aumenti di capitale, comprando azioni l’un l’atra;

E DOVEVA CHIARIRE perché Banca d’Italia abbia dato il proprio beneplacito - c’è chi dice pure un esplicito sostegno - all’acquisizione di Tercas e Caripe da parte di Banca Popolare di Bari, nonostante diverse ispezioni del 2013 avessero rilevato che la Banca barese avesse erogato prestiti importanti senza verifiche adeguate sulla solidità del cliente, cosa che l’impennata di crediti deteriorati e rettifiche di valore tra il 2013 e il 2014 ha confermato nella sua drammaticità. Anche in questo caso, da Palazzo Koch nemmeno un refolo di vento.

(FONTE: Linkiesta e Pag 99)

LA POPOLARE DI BARI FA TREMARE LA PUGLIA

E DOVEVA CHIARIRE PERCHE’ Nell’ottobre del 2013 proprio da Bankitalia era arrivato Alla Popolare di Bari l’invito a farsi carico di Tercas, la vecchia Cassa di Teramo che dopo un lungo commissariamento stava per affondare travolta dalle perdite. Piccolo particolare, della Popolare di Bari, che da sola regge un pezzo importante dell’economia della città di Bari e della Puglia, in una recente inchiesta la Procura barese racconta anni di gestione irregolare, bilanci in perdita, prestiti anomali, aggravati dalla acquisizione di Tercas, la vecchia Cassa di Teramo.

(FONTE: Vittorio Malagutti su l’Espresso)

(Non so se avete capito, già prima del 2013 la popolare di Bari era una banca a rischio. Eppure Banca Italia gli “consiglia” di farsi carico di Tercas, la vecchia cassa di Teramo. O sono incapaci o sono complici)

PERCHE’ NON SIAMO ANCORA UN PAESE NORMALE.

Ed è ragionando su questi esempi che Cancellato afferma senza ombra di dubbio che “in un Paese normale, il Parlamento chiederebbe conto di tutto questo al Governatore della Banca d’Italia (e al suo capo della vigilanza Barbagallo), visto il salasso pubblico che si è reso necessario per tamponare le falle del sistema bancario, tanto necessario, quanto impopolare.

In un Paese normale, tutti si sarebbero dovuti accodare a Renzi e al Partito Democratico nel pretendere un cambio di direzione, soprattutto chi ha sbraitato per anni contro il governo delle banche, in nome dei risparmiatori traditi, anziché criticare l'irritualità della forma istituzionale.

Ed invece, in un Paese che si chiama Italia, Visco è rimasto al suo posto e vi rimarrà per altri sei anni. Che lo spread ce la mandi buona”.

Tanto c’è stata Maria Elena Boschi a fare il capro espiatorio.

LINK ALLEGATI:

“Sulle Banche io so (anche se non ho le prove)” di Luigi Marattin su Democratica  

Il problema delle banche italiane non è Maria Elena Boschi” di Roberta Paolini su Linkiesta

Nomina la Boschi e sei salvo, ecco il salvacondotto per irresponsabili” di Francesco Cancellato su Linkiesta

Bankitalia e Consob, fine delle ipocrisie. Ma ora servono istituzioni nuove” di Francesco Cancellato su Linkiesta

Tutto quello che Bankitalia non ha visto. Etruria, Marche, Popolari Venete. La madre di tutti i disastri: Mps. Molti nodi sono venuti al pettine solo grazie alla Bce.” di Roberta Paolini su Pagina 99

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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