Giannini e Repubblica non ce la fanno proprio

Un articolo di Giannini dimostra che non ce la fa proprio a parlare bene di Renzi, anche quando è evidente che è d'accordo su quello che l'ex premier dice. Dijsselbòem e la scomparsa del suo partito in Olanda. E del PSF di Moscovici. Fassina e le comiche

Letto 6701
Giannini e Repubblica non ce la fanno proprio

Massimo Giannini non ce la fa proprio. Anche quando, lo si capisce, condivide le idee di Renzi, deve per forza trovare un ma però per mettere in cattiva luce lex premier.

Ecco cosa dice oggi sulla proposta di Renzi (quella sul patto dei 5 anni con l’Europa).

“L’idea che l’ex premier ha anticipato a Repubblica chiamandola l’uovo di Colombo potrebbe anche essere buona, ma andrebbe condivisa con lEuropa e con lItalia, non buttata nel dibattito pubblico e sostenuta a sportellate” come sta facendo il segretario del Pd“.

E’ evidente caro Giannini che la proposta deve essere condivisa con l’Europa, Renzi lo chiama patto e di solito i patti si fanno in due. Ed è chiaro anche che la proposta deve essere condivisa con l’Italia. Ed il PD lo farà nei prossimi mesi fino alla conferenza programmatica annunciata per lautunno e dove questa idea sarà al centro della discussione. Poi sarà tema di campagna elettorale dove gli italiani avranno modo di dire se la condividono o meno.

Non capisco perché poi quella idea non dovrebbe essere buttata nel dibattito pubblico. Se la doveva tenere per se e parlarne nei caminetti ristretti?

Grandi svolte iniziarono con grandi idee gettate nel dibattito pubblico. Fu così per Berlinguer (capisco che il paragone non piaccia a qualcuno e ora dirà che Berlinguer era unaltra cosa) quando lanciò il Compromesso Storico nel dibattito pubblico attraverso un articolo su Rinascita o per Occhetto che non riunì certo il Comitato centrale per lanciare l’idea dello scioglimento del PCI.

Le idee caro Giannini un leader le lancia così nel dibattito pubblico (certo lo avesse detto in una intervista esclusiva a Repubblica sarebbe stato diverso, ma lui non vi caca).

Ridicola poi l’accusa di “sostenerla a sportellate”.

Una linea dirompente di questo genere non può essere sostenuta con il titic titoc della diplomazia e usando il politicamente corretto.

Mentre i populismi avanzano e l’idea di Europa scende sempre più in basso tra i cittadini europei davvero Giannini pensa che le cose si cambiano senza le sportellate? Davvero Giannini pensa che se Renzi quando era al governo, forte allora del suo consenso in Italia, non avesse preso a randellate la tecnocrazia europea la Commissione ci avrebbe concesso quella flessibilità che ci ha consentito in questi anni di cominciare ad allentare i vincoli dell’austerity?

E’ evidente che Giannini è vittima di un pregiudizio.

Sempre su questo tema di un nuovo Patto con l’Europa molti giornali insistono in una contrapposizione tra Renzi e Padoan.

Inventandosela di sana pianta.

Basta leggere quello che dice Renzi per capire che la sua proposta di un Patto con l’Europa riguarda la legislatura che inizierà dopo le elezioni e quindi non riguardano la manovra per il 2018, manovra su cui Padoan sta trattando a Bruxelles e che (avendo evitato gli aumenti dell’IVA) trova l’appoggio del PD e di Renzi.

Non che tra i due non ci siano idee spesso non collimanti ma Padoan è il ministro di un governo che bene che vada in Primavera scade, Renzi è il segretario di un Partito che punta a vincere le elezioni ed a governare di nuovo.

Basterebbe riportare le parole di Matteo Renzi per rendere evidente questa verità.

“Una sfida così grande ha bisogno di un governo di legislatura per negoziare un accordo duraturo a Bruxelles”.

E spiega che una proposta così dirompente non può farla un governo in scadenza (la legislatura scade nella primavera del 2018) ma un governo pienamente legittimato dal voto.

Ma cosa costa raccontare la verità?

Restiamo nel tema dei rapporti con l’Europa e della urgenza di modificare il Fiscal compact. E restiamoci con una specie di rubrica che io chiamerei “oggi le comiche”.

Una per tutte la dichiarazione di Fassina che dice “va bene l’abolizione del Fiscal compact ma doveva farlo prima e non per una misura neoliberista come l’abbassamento delle tasse”.

Inutile ricordare a Fassina che lui era il responsabile economico del PD quando Bersani obbligò il Partito Democratico a dare il voto al Fiscal compact e ad introdurne addirittura il meccanismo in Costituzione e che successivamente fu viceministro con Enrico Letta.

Ci allieta invece la scoperta che la riduzione delle tasse è una misura liberista.

Di converso una misura di sinistra dovrebbe essere l’aumento delle tasse che sono belle per definizione.

Questi quacquaraquà (compreso l’omino di bettola) ormai sono come le falene impazzite che sbattono contro la lampada di notte nelle case di campagna. Ricordiamo per chi non è contro a prescindere che:

  1. Renzi si è detto disponibile a trovare il giusto mix tra riduzione delle tasse e rilancio degli investimenti (rilancio degli investimenti che ha visto un primo momento nel governo dei 1000 giorni, periferie, Bagnoli e Ilva, banda larga, industria 4.0, iper ammortamenti, etc etc)
  2. Renzi ha parlato di una riduzione delle tasse non per tutti ma per un ceto medio impoverito fatto da famiglie, autonomi, artigiani, commercianti, piccole e medie imprese (in una alleanza nuova tra sinistra e ceto medio produttivo) e non capisco perché sia sbagliato e non di sinistra farlo, usando parte di queste risorse (Renzi non lo ha escluso) per aumentare gli investimenti (attività iniziata già nei 1000 giorni e proseguita da Gentiloni).

Poi ci sono le opinioni di questo Dijsselbloem, Presidente pro tempore dell’Eurogruppo, un politico olandese falco della austerity pur appartenendo (ahimè) al Partito del lavoro olandese.

Ed è anche colpa sua se in Olanda i socialisti sono quasi scomparsi dalla scena politica (come d’altronde i socialisti francesi a cui appartiene l’ambiguo e tentennante Moscovici).

Oggi si permette di bacchettare Renzi e le sue proposte di un patto con l’Europa di 5 anni.

E’ evidente che siamo al centro di uno scontro politico tra chi vuole continuare la politica di austerità che strangola la ripresa e chi in Europa si batte contro di essa.

Molti giornali, pur di dare contro a Renzi, parlano di una Europa che chiude la porta a Renzi.

Sarebbe più giusto dire che i falchi europei chiudono la porta a Renzi.

Ma Renzi ha ben chiaro che la Ue nella parte della «guardiana cattiva» viene vissuta con insofferenza dagli stessi europei.

Continuare con la politica di austerità significa affossare l’europeismo nel cuore e nella testa degli europei.

Chiudo l’articolo riportando i pareri di Fitoussi, Stiglitz ed Amartya Sen rilasciati al tempo in cui Renzi era Presidente del Consiglio e si batteva, insieme ad Obama, contro la rigidità dei vincoli e della austerità europea.

“L’austerità ha danneggiato l’Italia. Penso che ora sia il momento di essere più flessibili, sono piuttosto sulla linea di Renzi” Joseph Stiglitz

“Il governo Renzi fa benissimo a chiedere con forza alla Unione europea che ci si concentri finalmente sulla crescita anziché sulla austerità. E’ la cosa più intelligente” Amartya Sen

“La mossa di porre il veto sul bilancio europeo è un atto di coraggio con cui Renzi ha dimostrato coerenza tra quanto sostenuto a più riprese e la scelta sostenuta” Jean Paul Fitoussi

Su un fronte diverso da quello rappresentato dai due premi Nobel e dal grande economista francese (uno dei pochi che aveva previsto la grande crisi del 2008) riporto a chiusura un argomentare largamente condivisibile di Umberto Minopoli che in un suo post scrive:

“Diciamo la verità: Moscovici e le autorità monetarie europee dovrebbero temere, per la prossima legislatura, l’avvento dell’euroscetticismo vero, rappresentato dalla destra e dai 5 stelle piuttosto che la proposta di un patto sulla applicazione dei parametri: se è un patto, se i parametri con il 2,9% del deficit per 5 anni sono confermati, se i guadagni di flessibilità vanno a produttività e crescita, cosa dovrebbero temere i mercati?

La proposta di un patto di flessibilità è invece un ancora per la difesa intelligente dei vincoli monetari. Altro che euroscetticismo!!!”

E come ha detto Renzi il pericolo vero è che “non ci si renda conto che di fiscal compact e austerity l'Europa muore.

 

Manifesto contro la sinistra tassa e dracula. Matteo Renzi su Il Foglio quotidiano

Letto 6701

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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