Tutta la verità su Banca Etruria
La storia vera del fallimento di Banca Etruria e le vere responsabilità. La “character assassination” della Boschi e il frame “Boschi = Madonna Etruria = PD amico dei banchieri”. Proviamo a ricostruire passo passo tutto questo ed a capire le motivazioni di questa lunga e falsa campagna di disinformazione permanente. Qualcuno parla di un nuovo caso Mitrochin, anche se narrato meglio
In questi giorni ho letto ed approfondito tutto ciò che c’era da leggere ed approfondire su Banca Etruria e sulla “character assassination” costruita contro la Maria Elena Boschi.
E mi sono fatto la ferrea convinzione che quella messa in moto dal circo mediatico (soprattutto La7 con Gruber e compagnia ma anche altri media dell’universo di sinistra e di destra) è davvero una “caracter assassination” basata sul nulla, sulla fuffa. E addirittura qualcuno ha paragonato questa campagna contro Renzi e la Boschi al famoso dossier Mitrochin fatto mettere in giro all’epoca da Berlusconi contro Romano Prodi, anche se costruito meglio.
Ma pian piano la verità sta venendo fuori anche se questo tipo di frame buttato in faccia agli avversari politici ha la caratteristica di sporcare in ogni caso l’immagine della vittima designata (non tutti i cittadini elettori si informano come me e invece formano la loro opinione sui titoli dei giornali e dei media che rimangono più impressi come verità delle smentite fattuali).
Cosa dice in sostanza il frame “Boschi = Madonna Etruria = PD amico dei banchieri” messo in campo oramai da anni?
Esso imputa anzitutto la responsabilità del fallimento delle Banche al PD di Renzi. E la pistola fumante sarebbe la presenza nel CdA di una di queste banche del padre della giovanissima sottosegretaria Boschi che avrebbe brigato, insieme al giglio magico, per tenere nascosto il tutto e proteggere dal governo (ecco il conflitto di interessi!!) i colpevoli (babbo compreso) del fallimento di quella piccola banca di provincia.
Naturalmente sarebbe colpa del PD, di Renzi e della Boschi la rovina degli obbligazionisti provocata dal crack finanziario delle banche. Di qui le marce dei 5 stelle e la presenza organizzata di disturbo ad ogni iniziativa del PD e di Renzi nelle terre interessate da quel crac.
Nessuna di queste affermazioni è vera. Messe tutte insieme però fanno un bell’effetto mediatico. Sembrano vere. Ed intorno si costruiscono immagini, come quella di Madonna Etruria molto suggestiva e che aiuta ad incistare meglio quel frame nei neuroni dei cittadini.
Basterebbe prendere la tempistica di quei fallimenti per dimostrare che il PD e soprattutto Renzi non c’entrano nulla. Le operazioni dissennate che portarono al crac furono compiute (e tutto questo è agli atti delle indagini) tra il 2008 ed il 2010 quando cioè Matteo Renzi era Sindaco di Firenze e si dedicava alla pedonalizzazione dell’area intorno a Santa Maria del Fiore e alla cupola di Brunelleschi e Maria Elena Boschi era una giovane avvocatessa trentenne che forse mai avrebbe immaginato all’epoca di far parte di quella giovane squadra che proverà di lì a poco a cambiare il nostro paese.
Resta però il ruolo del padre della Boschi. Ma anche lui non c’entra nulla con gli anni del crac perché fu nominato nel CdA di Etruria soltanto nel 2011 e cioè dopo che i danni erano stati fatti e non erano ancora emersi (anche per colpa, come ha detto in Commissione Banche il Procuratore di Arezzo, della scarsa vigilanza di Banca Italia).
Ma il padre della Boschi chi ce l’ha messo nel CdA? Non certo Renzi o la giovane virgulta trentenne, nel 2011 stavano ancora a Firenze, Renzi aveva già perso le prime primarie contro Bersani e restava a fare il Sindaco.
Bisogna saper innanzitutto che prima della riforma (di cui parleremo più avanti) le Banche popolari erano Banche strettamente legate (nel bene, ma soprattutto nel male) al territorio ed erano gli stakeholders del territorio ad indicare i membri dei Consigli di Amministrazione.
Pierluigi Boschi fu nominato nel CdA di Etruria nel 2011 ed in quell’organo rappresentava i coltivatori diretti. Il Boschi era stato infatti dirigente della Coldiretti in Valdarno, Consigliere del Consorzio Agrario di Arezzo dal 1978 al 1986, e Presidente della Confcooperative di Arezzo dal 2004 al 2010. (solo nel 2014 fu nominato vicepresidente senza alcuna delega operativa in quanto quella casella spettava ai coltivatori diretti e non certo perché nel frattempo la figlia era diventata ministro ai rapporti con il Parlamento).
Non c’è un atto che sia uno che inoltre dimostrerebbe la sostanza di quel frame e cioè che il PD, Renzi e la Boschi avrebbero favorito Banca Etruria esercitando quindi un fantomatico conflitto di interessi.
Anzi, non solo non c’è un atto che vada in questa direzione ma tutto quello che ha fatto il governo Renzi va nella direzione opposta.
È il governo Renzi che, su proposta di Bankitalia (che aveva dormito in tutti questi anni ma che si sveglia finalmente nel momento in cui nel febbraio 2014 le fila delle sorveglianze bancarie sono tirate da BCE) commissaria Banca Etruria mandando a casa il CdA.
Ma soprattutto è il governo Renzi che prende dal cassetto dove dormiva da sedici anni la proposta di riforma della Banche popolari scritta dal duo Ciampi/Draghi e la fa approvare dal Parlamento, una riforma radicale che interviene sul dimensionamento, sulla capitalizzazione e sulla governance.
È molto probabile che se si fosse dato retta a Ciampi ed a Draghi ed i governi di centrosinistra (quelli dove D’alema e Bersani hanno avuto un ruolo di primo piano) avessero a suo tempo approvato questa riforma forse i crac ed i fallimenti di queste piccole banche sarebbero stati evitati.
Naturalmente la Riforma delle popolari ha colpito molti interessi diffusi, di quei potentati locali che avevano trasformato queste banche in strumenti di potere intrecciati con la politica locale e con gli interessi economici del territorio. Non solo perché appunto ha dettato nuove regole sulla dimensione e sulla capitalizzazione ma soprattutto perché ha eliminato il voto capitario per cui in queste banche non contavano le azioni possedute ma ogni stakeholders socio (possedesse 1000 o 100.000 azioni) era uguale all’altro (il che voleva dire che gli interessi economici di un singolo socio potevano tenere in scacco le strategie delle banche popolari ed impedire lo sviluppo e l’innovazione).
Altro che conflitto di interessi!!! Il governo Renzi ha smantellato questa rete ed ha ridato un futuro, consolidandole, a questo sistema di banche.
Quindi, ricapitolando, il frame su cui si basa la “character assassination” della Maria Elena Boschi (e quindi di Renzi e del PD) è basato sul nulla, perché le basi del fallimento di Banca Etruria stanno nel 2008/2010 (e Renzi e la Boschi sono andati al governo nel 2014 ed il padre della MEB fu nominato in CdA nel 2011), perché è stato il governo Renzi a commissariare la Banca e, soprattutto, a fare la fondamentale riforma delle Banche Popolari che interviene sulle cause prime (dimensionamento, capitalizzazione e governance) per cui c’è stato il crac finanziario.
Resta l’accusa al governo Renzi di aver mandato sul lastrico i risparmiatori.
E qui siamo all’invenzione più totale, aizzata soprattutto dal becerume populista che ha trovato terreno fertile nelle tante famiglie non di risparmiatori ma di giocatori, loro malgrado, sul mercato d’azzardo delle obbligazioni e che sono stati raggirati e truffati (anche se probabilmente, quelli che in queste operazioni hanno investito tanto sapevano bene a cosa potevano andare incontro).
I risparmiatori sono coloro che tengono fermi i loro soldi nei conti correnti. E questi hanno visto salvo il loro capitale, per intero come salvo è stato il posto di lavoro di tantissimi dipendenti
A rischiare di perdere il loro patrimonio sono stati gli obbligazionisti. Ma per loro il governo ha previsto una doppia strategia stanziando un fondo per restituire ai meno abbienti quello che avrebbero perso e prevedendo per gli altri (sopra un certo reddito) di poter venire risarciti solo sulla base di una sentenza di un giudice che accerta la truffa e l’inganno da parte della Banca.
E comunque è chiaro che a mandare sul lastrico tanta gente (lastrico evitato grazie all’intervento del Governo) sono stati i dirigenti di Banca Etruria del periodo 2008/2010 (lo ripeto fino alla noia, Renzi e Boschi a Firenze, babbo Boschi fuori dal CdA) e sono stati coloro i quali in quegli anni hanno omesso di controllare e vigilare, come ha testimoniato in commissione il Procuratore di Arezzo, motivo per cui nei giorni seguenti alla sua testimonianza hanno provato a delegittimarlo.
Dopo la testimonianza del Procuratore in Commissione Banche gli autori della “character assassination” si sono trovati in difficoltà ma, cosa ancora più enorme, si sono trovati in difficoltà i difensori ad ogni costo di Ignazio Visco (uscito già ammaccato dalle sedute precedenti soprattutto dalla audizione di Consob).
Ed ecco che spunta dal cilindro del circo mediatico/giudiziario il tema della indagine sul “falso prospetto” in cui sarebbe coinvolto Pier Luigi Boschi.
Nella sostanza il reato oggetto di indagine (scaturente da verbali Consob e da multe comminate ai membri del CdA) consisterebbe nel fatto che la Banca ha fatto firmare agli obbligazionisti nell’ultimo periodo un prospetto informativo in cui non si evinceva chiaramente il rischio a cui si sottoponevano, un prospetto quindi non in linea da quanto previsto dalle leggi bancarie.
Nelle prime ore dopo la sua audizione si è provato a delegittimare il Procuratore Rossi accusandolo di non aver informato la Commissione di questa ulteriore inchiesta. Ma è rapidamente dimostrato che questo non è vero anche grazie alla onestà intellettuale di un commissario dei 5 stelle.
Pian piano viene però fuori anche che la responsabilità del Boschi è inesistente. Lo aveva già affermato con estrema chiarezza il Procuratore Rossi nel pezzo di audizione secretata (e secretato proprio perché le indagini sono ancora in corso) dicendo che il CdA di Etruria si è limitato, con apposita Delibera, a incaricare il Direttore generale di elaborare il prospetto informativo per l’emissione delle obbligazioni subordinate, prospetto che poi il Direttore generale invia alla Consob.
Ed in quella sede il procuratore ha anche affermato che è un dato accertato che il famoso prospetto non fu approvato dal CdA.
Ed il 7 dicembre Repubblica, che aveva inizialmente cavalcato la linea giustizialista contro il PD e contro il Boschi, rivela che le affermazioni anzidette del Procuratore sono frutto di un verbale (di cui il giornale è venuto a conoscenza) della Guardia di Finanza e non, ammette Repubblica, una copertura di ufficio per Boschi come qualcuno aveva adombrato.
Riepilogo per l’ennesima volta: quindi Renzi e la Boschi al tempo del fallimento della Etruria stavano a Firenze, il padre della Boschi non sedeva in CdA; all’emergere del crack, dopo il 2014, il governo ha commissariato Banca Etruria e contemporaneamente varava l’importantissima riforma delle Popolari, ma anche delle Banche di credito cooperativo, due riforme molto apprezzate dalla BCE di Draghi; gli obbligazionisti sotto un certo reddito verranno risarciti automaticamente mentre per i più ricchi dovranno dimostrare con sentenza di un giudice di essere stati truffati; il Procuratore di Arezzo ha detto che Bankitalia non ha vigilato e che i prospetti falsi Pierluigi Boschi non li ha mai approvati (e dice questo esibendo un verbale della Finanza).
Avrete notato che per dimostrare la falsità del frame “Boschi = Madonna Etruria = PD amico dei banchieri” ci ho dovuto mettere tutto questo scritto ed ho dovuto spiegare ed argomentare largamente.
E mi viene in mente quello che mi disse tanto tempo fa un compagno più grande ed allora più esperto di me: “vedi Enzo per far dilagare una calunnia bastano poche parole” (ad esempio “il PD e Renzi e la Boschi amici dei banchieri responsabili dei fallimenti”) “per smentirle servono invece molte più parole e molto più tempo ma mentre le trovi e poi le dici è già tardi ed hai già perso”.
Ma perché tutto questo? Perché le elites italiche (di destra di sinistra e di centro) che hanno sempre fatto in Italia il bello ed il cattivo tempo non ne possono più di chi ha provato in questi anni a ribaltare questi poteri gerontocratici ed ammuffiti.
E ci provano in tutti i modi. Inventandosi attraverso carabinieri e magistrati compiacenti prove false contro il padre di Renzi nella vicenda Consip oppure, come in questo caso, montando una panna rancida su un caso politico inesistente ma che ha tutti gli elementi per apparire vero.
Nel caso poi di Banca Etruria, scoppiato di nuovo negli ultimi giorni, il motivo è anche un altro.
Il PD con la sua azione determinata nella Commissione di inchiesta sta facendo venire fuori le magagne dell’intero sistema bancario italiano e della sua vigilanza (almeno fino al 2014 quando la funzione di vigilanza è stata avocata presso la BCE), magagne gravi rispetto alle quali quelle su Banca Etruria se fossero vere (ed abbiamo dimostrato che non lo sono) sarebbero quisquilie.
È necessario quindi far perdere di credibilità al PD per cui le falsità ben dette su Etruria sono il nero di seppia sparato in faccia ad una opinione pubblica disposta a bersi ogni cosa, una coltre di fumo che nasconda il vero lepre, una bugia detta per dimostrare che se tutti sono colpevoli allora non c’è nessun colpevole.
E sorprende (ma fino ad un certo punto) che la stessa forza mediatica non sia stata data alle porte girevoli della Popolare di Vicenza dove il manager Zonin assumeva come consulenti manager andati via da Bankitalia (il controllato assumeva i controllori), al silenzio di Bankitalia sui dividendi che alcune banche Venete distribuivano ai propri azionisti malgrado la situazione finanziaria fallimentare o i finanziamenti concessi ai soci sempre da parte delle Banche Venete nello stesso periodo. Oppure l’ok ad una Banca Veneta che si sapeva sulla via del fallimento per comprare un prestigioso palazzo (guarda caso già sede di Bankitalia). Oppure ancora i crediti incagliati di MPS tra cui la conversione in azioni del debito di 600 milioni di Sorgenia dopo il rifiuto di Debenedetti e degli altri soci austriaci di ricapitalizzare.
Comunque credo che il meglio debba ancora venire.
Il PD, sfidando le incistazioni del sistema bancario, ha dimostrato (prima con le riforme delle Popolari e del Credito cooperativo e poi con la richiesta della Commissione di inchiesta) di non avere paura di nessuno perché la nuova e giovane classe dirigente non ha scheletri nell’armadio.
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Enzo Puro
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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