Sono davvero un riformista visionario

Il Pigneto come quartiere latino ed il tombamento del vallone ferroviario come ricucitura urbana. Cominciai ad immaginare questi obiettivi ad inizio ‘94 ed a perseguirli fino a che non sono andato via dalla Presidenza del Municipio. Ed oggi quelle mie visioni sono realtà. Grazie a Zingaretti ed a Renzi il tombamento sarà presto realtà. Il comunicato di Valeriani capogruppo PD alla Regione Lazio. Scusate la mancanza di umiltà ma sono davvero un riformista visionario. Che soddisfazione!!!!

Letto 4763
Sono davvero un riformista visionario

Il Pigneto, il quartiere di Roma dove sono cresciuto, dove ho fatto le elementari e le medie, si appresta a vivere un'altra profonda ed importante riqualificazione.

Ma partiamo da lontano.

Partiamo dalla fine dell’800 quando fu realizzata la ferrovia che da Roma va a Pisa e che all’epoca tagliava in due quello che era chiamato il suburbio fuori Porta Maggiore.

Il treno passava (e vi passa tuttora) in un vallone largo e profondo che allora si inserì nel sistema di orti e vigne (e solo qualche casa di campagna) che da Porta Maggiore arrivava fino alla via Militare (l’attuale via dell’Acqua Bullicante) oltre la quale il paesaggio agrario cambiava trasformandosi nelle coltivazioni di grano.

Le prime case cominciarono a sorgere insieme alla Fabbrica Farmaceutica Serono ai primi del 900 con piccoli lotti agricoli messi in vendita dai proprietari delle aree ad un popolo minuto di lavoratori (in uno straordinario lavoro di ricerca l’architetto Carmelo Severino si è spulciato i vecchissimi archivi notarili da cui ha estratto la composizione sociale degli acquirenti e quindi dei primi abitanti del Pigneto).

Prima si densificò la parte più vicina a Porta Maggiore, quella per capirci dove via del Pigneto diventa Isola Pedonale e poi negli anni 30 del 900 la parte al di qua del Vallone ferroviario che divise per sempre in due il quartiere collegato soltanto da un piccolo ponticello (quello immortalato nei Soliti Ignoti con la macchina dei protagonisti che incontra una processione che viene in senso contrario).

Pigneto2

Ma torniamo ai tempi di oggi (se vi interessa la storia sociale, urbanistica ed umana del Pigneto c’è un libro straordinario scritto da Carmelo Severino per l’editore Gangemi dal titolo “il Mosaico urbano. Il suburbio fuori Porta Maggiore”).

Dicevo che sono cresciuto in questo quartiere. E qui ho fatto politica con il PCI e poi con i DS ed oggi con il PD. Ed ho avuto l’onore di essere il Presidente del Municipio dove c’è il Pigneto.

Un mio caro amico di recente, ricordando quei tempi (iniziati nel Gennaio 94, avevo 39 anni e conclusasi nel 2006 all’età di 51 anni) mi ha fatto un complimento che ho apprezzato tantissismo. Mi ha detto “Enzo tu hai fatto tante cose concrete ma sei anche stato un visionario”. E mi fece l’esempio di come proprio all’inizio della mia esperienza di amministratore mi ero posto 3 obiettivi che all’epoca sembravano irraggiungibili e quindi nel declamarli davo l’impressione di essere un visionario.

Ed i 3 obiettivi impossibili erano la realizzazione del Parco di Villa De Sanctis, la trasformazione del Pigneto in una specie di Quartiere latino e il tombamento del Vallone Ferroviario che per oltre un secolo ha diviso quel quartiere.

Del primo obiettivo raggiunto quasi subito, a fine 94, ne parlerò in altra occasione.

Mi soffermo sugli altri due.

Ma prima devo dire che la definizione del mio amico si adatta molto a quello che sono stato e sono. Un riformista concreto che mentre si preoccupava ogni minuto di far tappare le buche, tagliare l’erba nei parchi, piantumare nuove alberature, mettere in manutenzione le scuole, aggiustare sistemi fognari crollati aveva anche una visione su quello che avrei voluto che diventassero quei territori.

Si è vero. Ero e sono un riformista visionario.

E quelle mie visioni però sono diventate realtà.

Il Pigneto ormai è una sorta di quartiere Latino, il quartiere della movida, pieno di localini e frequentato dalla gioventù. Si trova di tutto. E’ un quartiere che ha cambiato pelle, forse troppo velocemente e non accompagnato negli ultimi 10 anni da un governo di questa trasformazione. Ma è sicuramente figlio di quella mia visione oltre che naturalmente di un inarrestabile processo di terziarizzazione che ha debordato negli ultimi anni da quello che è il centro storico di Roma.

E tutto iniziò nel 94, quando realizzammo la prima isola pedonale fuori dal centro della città. E quando operammo una serie di scelte di riqualificazione urbana, contestate dai soliti estremisti del no a tutto, che diedero centralità al quartiere.

Ma abbiamo sempre saputo che la riqualificazione definitiva del quartiere sarebbe avvenuta soltanto se si realizzava l’altra visione, l’altro sogno che avevo avuto tra la fine del 1993 e l’inizio del 1994 (raccogliendo naturalmente idee e suggestioni che già in passato erano state evocate ma che non avevano mai raggiunto i livelli alti del governo).

Parlo del tombamento del Vallone ferroviario realizzato a fine 800, che avrebbe ricucito il quartiere. Sapevo che questo obiettivo era molto complesso, non solo per i tanti finanziamenti necessari ma soprattutto perché era un opera che aveva bisogno di un coordinamento forte con Ferrovie dello Stato (a cui competeva la decisione finale).

In quegli anni si lavorò intensamente per gettare le basi per l’opera e si firmarono importanti protocolli d’intesa tra Comune, Regione e ferrovie. Soprattutto dopo l’approvazione del progetto della linea C della metro che prevedeva il collegamento con il treno Urbano che scorreva nel vallone ferroviario con uno scambio che avrebbe portato i passeggeri della Linea C verso stazione Tiburtina e i quartieri della Salaria da un lato e verso Ostiense e Trastevere dall’altro.

Con Alemanno si bloccò tutto. Con Marino le priorità erano alte. I 5 stelle locali addirittura dichiaravano di voler bloccare il progetto che ormai Ferrovie avevano messo in campo.

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Fortissima è stata la mia emozione quando ho letto in questi giorni il comunicato del capogruppo alla Regione Lazio del PD Massimiliano Valeriani.

Massimiliano, oltre che cresciuto come me al Pigneto, dal 2001 al 2006 è stato consigliere municipale negli ultimi 5 anni della mia Presidenza ed ha seguito, insieme a Luciano Chiolli (ferroviere e consigliere anch’esso) l’evolversi del rapporto tra Comune Regione e Ferrovie. Evolversi che in seguito Massimiliano ha seguito con caparbietà sia come Consigliere comunale che adesso come Consigliere Regionale.

Ed ecco cosa scrive nel suo comunicato di questi giorni: A giugno partono i lavori per la realizzazione della stazione ferroviaria Pigneto, finanziata con i fondi del patto per il Lazio, voluto dalla Regione Lazio e dal Governo nazionale e sottoscritto nel 2016.

Ci sarà una fermata per le linee FL1 ed FL3 e la coincidenza con la linea C e con le linee di trasporto in superficie della Casilina e della Prenestina.

La terza stazione della città che nascerà con il tombamento del Vallo ferroviario che consentirà la nascita di aree verdi e spazi pubblici. Un quartiere difficile che intorno alla Stazione può rinascere. Ecco cosa significa cambiare, significa costruire e non distruggere”.

Quella mia visione sta per diventare realtà concreta.

Si, mi sento proprio un riformista visionario.

E sono felice che a concretizzare quel sogno a cui a lungo ho lavorato siano stati le persone a cui politicamente mi sento più legato (e che mi dispiace non vedere insieme politicamente) e cioè il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il segretario del mio Partito ed ex Premier Matteo Renzi.

Letto 4763

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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