Destra e sinistra?
Destra e sinistra come vecchie categorie di pensiero, almeno guardando al presente
- Scritto da Emiliano Liberati
- Pubblicato in Politica
C’è un asse “solidale” che si protrae anche dopo il 4 dicembre e che è quello tra destra e sinistra.
Ostia è solo l’ultimo caso, nel pieno di una restaurazione che mette insieme tutto ed il suo contrario, col referendum costituzionale a fare da spartiacque tra nuovo e vecchio nella ritrovata confusione in cui è difficile distinguere tra chi sta da una parte e chi dall’altra.
Posto che il tema dell’appartenenza è una giustificazione cara a chi manca, ormai, di contenuti, vien da chiedersi se la scena politica attuale consenta una scelta sulla base dei vecchi schemi che pure si intendono riesumare. Tanto più quando è riapparso un istinto vagamente ulivista tramontato prima di nascere (Consulta) ma che comunque presuppone un’alleanza-desistenza con la cosiddetta sinistra, per mesi a braccetto con Casa Pound, Forza Nuova, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e Movimento Cinque Stelle a rinnegare una storia a cui si guarda secondo bisogna da imbonitori.
Emessa la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum e assodato che il tema delle coalizioni torna di moda pur nell’auspicio di una stabilità che arrivi secondo le regole della legge (40% di lista e maggioranza democratica dei rappresentanti), la domanda è se destra e sinistra esistano ancora o se invece ed ormai siano un tutt’uno unito dal consueto nemico accomunante.
Nel ventennio dell’ex Cavaliere, l’avversario comune autorizzava ad accozzaglie di ogni genere, implose con la mortificante esperienza unionista. A cui seguì l’ingresso in massa della “ditta” in quel PD (alias l’Ulivo riveduto e corretto) che servì a ricostruirsi una credibilità saltando un giro, in attesa di appropriarsene (2009/2013) a partire dai territori.
Ora, giusto per curiosità, l’appuntamento referendario della Cgil (che rischia lo slittamento di un anno nell’eventualità di elezioni anticipate che depotenzierebbero la portata della battaglia) potrebbe aiutarci a capire se il variegato gruppone del NO di destra e sinistra assieme può tornare a compattarsi. Secondo la logica delle alleanze a cui il sindacato sembra guardare per ottenere i numeri necessari e dare una spallata definitiva all’uomo più avverso (reo di una certa “tracciabilità”), un altro atto che, se così fosse, confermerebbe la fine definitiva di un’appartenenza che anzitutto era, in epoche remote, un sentimento. Rovinato, negli anni, da chi ne ha fatto un uso speculativo dietro a simboli e valori scioltisi come neve al sole ma sempre utili ad alimentare un consenso perennemente contro. Com’è nello stile di chi, alla propria missione, da anni preferisce altro con buona pace dei tanto sbandierati diritti sostituiti da una “ragion di stato” in cui l’importante è sopravviversi. Anche giacendo col proprio opposto per un’Italia che continuerà a chiagnere e fottere e di fronte alla quale servono altro e soprattutto … un altro. E l’idea di un nuovo messaggio sullo stile di “Arrivo!” appare sempre meno remota.
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Emiliano Liberati
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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