Grillo alla ricerca di se stesso

L’opinione non pubblica

Letto 7870
Grillo alla ricerca di se stesso

Rischiavi di avvolgerti nella nostalgia. Quando provi l’ebbrezza per il contraddittorio Grillo-Mentana torni invece nell’agone politico. Mai avresti pensato che a difendere la libertà di stampa ci sarebbe stato Sallusti.

O che Padellaro, dalle colonne del Fatto Quotidiano, avrebbe evocato il Minculpop per la giuria popolare proposta da Beppe Grillo (curiosamente in contemporanea a un attacco di Marine Le Pen contro i media).

E finalmente capisci che è tornata la sana competizione che chiude le vacanze natalizie. Anche se litigando, Salvini e Berlusconi non regalano più neanche un brivido.

Anche se Di Maio, Di Battista, Fico e la Taverna sonnecchiano. Di Maio riprende a parlare solo per rimproverare i ritardi sulle province. Ma quello in ritardo è proprio Di Maio. In linea con una sua suggestiva citazione di Lucio Battisti.

Del clima poco acceso ha approfittato Grillo per fare chiarezza. Anche dentro se stesso.

Il Grillo post-vittoria al referendum prende l’ennesima cantonata facendo professione di fede all’Italicum. Qualcuno lo avverte che ne avevano parlato come una legge elettorale fascista. Il movimento “corregge”, Grillo crolla per la stanchezza e torna a fare gli spettacoli.

Dura poco. Marra finisce a Regina Coeli e Grillo deve volare a Roma. Prima che volino anche gli stracci. La Raggi viene (quasi) blindata. A questo punto Grillo si propone come player globale, leader anfibio a caccia della consacrazione.

Se adeguatamente sfruttato, un altro evento esterno come l’attentato di Berlino, può servire a recuperare facile. Il calo dei consensi nei sondaggi sembra evidente. Rafforzando il brand, che è l’essenza di un partito come il suo.

E arrivano le sparate anti-immigrati. Poi si renzizza improvvisamente nel discorso di Capodanno e lancia l’orgoglio italico.

Per fortuna non è ridotta così la politica in Italia. Non potrebbe andare avanti il Paese attaccandosi solo alla gherminella comunicativa, come se tutto fosse assimilabile alla mente di un criceto nella ruota. Qualche certezza c’è.

L’ISTAT, per esempio, certifica il calo della pressione fiscale. D’altra parte, le entrate fiscali da tempo crescono (come i consumi).

La Salerno-Reggio Calabria è davvero finita. Più di un miraggio raggiunto e da consegnare ai nipoti (passando dai nostri nonni).

Se guardiamo al rapporto tra deficit e PIL non possiamo non essere confortati: è dimezzato rispetto all’era-Berlusconi, ma non l’hanno detto in tanti.

Mentre il rapporto debito pubblico-PIL cala per la prima volta in 8 anni.

Sullo stesso salvataggio delle banche, l’Italia non ha fatto peggio degli altri.

Il canone Rai nuova gestione permette di scovare 5 (cinque) milioni di evasori.

In due mesi 100.000 persone hanno chiesto la rottamazione delle loro cartelle esattoriali, usufruendo del lungo addio a Equitalia.

I problemi rimangono, alcuni enormi come il Mezzogiorno.

Ricadono per il momento sulla spalle ricurve di Gentiloni. Ma come spesso succede, sono gli uomini, soprattutto quelli di buona volontà (che non importa di che partito siano) a far andare avanti il Paese reale e quello legale.

E tra le certezze c’è anche questo. Come è certo che le innumerevoli agevolazioni per famiglie e imprese introdotte (o confermate) nell’ultima legge di stabilità meriterebbero maggiore rilievo mediatico, senza ghettizzarle presso riviste specialistiche.

Intanto in Francia Le Monde e le Parisien hanno deciso che cambieranno linea in vista delle elezioni: si orienteranno più verso il reportage, il fact-checking rispetto alla polemica corrosiva di corto respiro.

Proiettato in Italia, questo porterebbe via spazio vitale (e virale) all’ultima sparata e farebbe tornare prepotentemente il conflitto giornalista-opinione pubblica in cui si arrovellava anche il Pereira di Tabucchi. Molto prima di Grillo-Mentana. E qualcuno rischierebbe di accorgersi di tante notizie da retrobottega, per esempio che (da anni) la camorra spara dappertutto, anche in mezzo ai bambini.

Tra le certezze comunque Grillo ci regala l’elogio della povertà.

Prima delle europee del 2014 lo avevamo apprezzato vate del reddito di cittadinanza con 1.000 (mille) euro per tutti. Adesso siamo a 780, forse 700. In Sicilia i grillini lo “sperimenteranno”, dando per acquisita la vittoria alle Regionali (intanto Crocetta sta provando a farlo). In realtà credo che Grillo facesse riferimento anche alla povertà in senso più ampio, soprattutto spirituale e di contenuti, ma nessuno lo ha capito. E bisogna riconoscergli, almeno in questo, la coerenza.

D’altronde è lecito auspicarsi nuove leadership e nuovi statisti, in grado di rispondere delle proprie azioni. Se non sono in grado di rispondere delle proprie parole.

A pendere dalle loro labbra ci sono sempre stati e ci saranno sempre quelli che preferiranno sbraitare più che conoscere, che sfoggeranno presunte certezze rimangiandosi a giorni alterni le sparate.

E che godranno piegati a guardarsi insistentemente i piedi. Meglio ricordarli così.

Letto 7870

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Ernesto Consolo

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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