Il raptus di Fassina
In questo articolo sostengo sostanzialmente che il PD di Bersani era nei fatti più a destra del PD di Renzi
Stefano Fassina, deputato del PD ed ex responsabile economico ai tempi della segreteria Bersani, ha dichiarato che il PD, a suo avviso “è diventato un partito dell'establishment, sostanzialmente in asse con l'agenda tedesca che domina in Europa, con un impianto liberista sul terreno economico e sociale e plebiscitario sul terreno della democrazia”.
Siamo ormai, da parte di Fassina, a dichiarazioni che segnano una via di non ritorno.
Le giudico sopra le righe e assolutamente non corrispondenti alla verità. Degne di una sinistra minoritaria e perdente.
Le parole sono pietre e bisogna saperle usare.
Se il governo Renzi è “sostanzialmente in asse con l’agenda tedesca che domina l’Europa” come dobbiamo giudicare il PD di Bersani che fece votare ai suoi Parlamentari provvedimenti ultraliberisti quelli si dettati dalla Germania? Mi riferisco ad uno degli atti più gravi compiuti negli ultimi anni e cioè la modifica costituzionale per inserire il pareggio di bilancio in Costituzione. In quel caso non solo Bersani ed il PD votarono a favore ma votarono insieme ad una larga maggioranza che evitò il referendum previsto dall’articolo 118. E non ricordo nessuna discussione nelle Direzioni del Partito.
E Fassina di quel Partito era il massimo esponente in tema di economia e pur esprimendo un dissenso non mise in atto nessuna forma di protesta (come sembra di voler fare oggi lasciando il PD) anzi si tenne l’incarico.
E quel Partito poi votò anche, senza colpo ferire, le leggi Fornero sulle pensioni e sul mercato del lavoro.
Non mi sembra che Fassina all’epoca abbia dichiarato che il PD fosse “diventato un partito dell'establishment, sostanzialmente in asse con l'agenda tedesca che domina in Europa, con un impianto liberista sul terreno economico”.
Fatico molto sinceramente a vedere nei provvedimenti del Governo Renzi un impianto di destra ed ultraliberista. Mentre non ho dubbi sull’impianto liberista dei provvedimenti fatti votare senza discussione alcuna dal PD di Bersani all’epoca del governo Monti.
Non è liberista certamente l’abbattimento del cuneo fiscale a beneficio tutto dei lavoratori (gli 80 euro, circa 900 euro l’anno, questo sono), non è liberista certamente la decontribuzione per chi assume lavoratori a tempo indeterminato (e fanno il paio con le deliranti dichiarazioni di Fassina le altrettanto deliranti dichiarazioni della CGIL che parlano di regalo alle imprese) che sono la causa principale del forte balzo delle assunzioni a tempo indeterminato nei primi 3 mesi dell’anno (d’altronde che il lavoro a tempo indeterminato dovesse costare di meno alle imprese del lavoro precario era una giusta posizione espressa dalla ditta di Fassina e Bersani, solo che loro ne parlavano, il governo Renzi l’ha attuata).
Non è liberista certamente il decreto sull’ILVA che mette soldi pubblici per il risanamento ambientale e per il rilancio della produzione, decreto che a qualcuno ha fatto parlare di nazionalizzazione mascherata.
Non è liberista la decisione che si sta prendendo di affidare alla pubblica ENEL il progetto della banda larga sottraendolo a Telecom (liberista semmai fu la privatizzazione di Telecom compiuta a favore dei capitani coraggiosi da parte di D’Alema, oggi alfiere della minoranza dem).
Non è liberista la riforma del terzo settore come non sarà liberista la riforma della Pubblica Amministrazione.
Non è liberista nemmeno la riforma della scuola (malgrado le bugie infami che vengono raccontate anche da Fassina) che prevede, dopo i pesanti tagli agli organici operati dalla Gelmini, l’assunzione tra il 2015 ed il 2016 di oltre 160.000 insegnanti pubblici e il potenziamento dell’insegnamento pubblico.
E come fa ad essere liberista un governo che per la prima volta dopo anni mette il segno più sul bilancio complessivo della scuola (poi ci si può confrontare sulle singole misure, confronto che è in atto e che ha già portato a notevoli miglioramenti del testo)?
E consentitemi di dire che anche il Jobs Act non ha una impostazione liberista. Semmai liberisti sul mercato del lavoro sono stati i governi precedenti, di centrodestra e di centrosinistra, che negli ultimi 20 anni hanno precarizzato il mercato del lavoro per cui la situazione, quando è arrivato il Jobs Act vedeva di fatto rarissime assunzioni a tempo indeterminato ed una valanga di giovani a contratto precario. Ed il Jobs Act interviene su questo mercato del lavoro aggiungendo di fatto diritti e non togliendoli (i 60’000 che secondo i dati INPS hanno visto nel corso dei primi 3 mesi trasformato il loro rapporto di lavoro da rapporto precario a tempo indeterminato si sono visti riconoscere diritti che prima non avevano, dal diritto alle ferie al diritto alla malattia, dal diritto alla maternità o paternità al diritto ad un salario da contratto di categoria etc etc.).
E’ evidente che Stefano Fassina è in preda ad un raptus di faziosità; faziosità che non è propria della lunga storia del movimento operaio italiano e che lo porta a straparlare.
E straparla pure quando sostiene che il PD ha un impianto “plebiscitario sul terreno della democrazia”. Si riferisce certamente alla riforma elettorale, ormai legge, ed alla abolizione del Senato elettivo ed alla fine del bicameralismo.
Con il Mattarellum, ricordava Renzi, bastava prendere il 40% e ci si aggiudicava oltre 500 deputati su 600 e passa. Con l’Italicum ci si aggiudica soltanto 340 deputati. E a nessuno è venuto in mente di accusare il Mattarellum di essere una legge antidemocratica.
Per non parlare dei recenti risultati inglesi che hanno visto la vittoria con oltre il 50% dei seggi ad un Partito che ha preso poco più del 36% dei voti con uno stravolgimento della rappresentanza che ha visto partiti con il 12% prendere un solo deputato.
E in Gran Bretagna esiste una sola Camera elettiva. E nessuno parla di deriva plebiscitaria.
Sarebbe il caso che Fassina e molti esponenti della minoranza dem andassero da un buon strizzacervelli per farsi curare il complesso del tiranno che, se poteva essere comprensibile 70 anni fa appena usciti dal fascismo, è un freno ed una palla al piede oggi quando i pericoli di una deriva di destra vengono più dalla incapacità della Democrazia di decidere che dalla sua capacità a decidere troppo.
Dati social all'8 febbraio 2016
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Enzo Puro
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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