Reddito di cittadinanza: guerra tra poveri?

I conti senza l'oste

Letto 3304
Reddito di cittadinanza: guerra tra poveri?

Non vi è nulla di più chiaro della matematica quando i 5* indicavano in 17 miliardi la copertura necessaria per realizzare il reddito di cittadinanza così come da loro prefigurato in campagna elettorale.

Le cifre del reddito di cittadinanza ora invece in manovra parlano da sé: saranno 6 miliardi per quasi 5 milioni di beneficiari nel 2019 per otto mesi.

Che poi arriveranno a 8 miliardi nel 2020 sempre per la stessa platea di beneficiari per un anno di copertura, però.

Insomma lo stanziamento è stato già ridimensionato della metà dai proclami elettorali.

Ma un altro dato da considerare con attenzione nella gestione del provvedimento è quello dei circa 3 milioni 700mila lavoratori in nero (che contribuiscono per 210 miliardi alla formazione del Pil - il 12,4 del totale-  e che rappresentano il 13,5% degli occupati. Dati Istat 2016).

È questo corposo fenomeno sommerso che non rende credibile l’efficacia del Reddito di cittadinanza in quanto vengono sottratte al controllo dei requisiti i redditi familiari derivanti da questa attività che in alcune regioni Italiane arriva a percentuali doppie (Calabria, Campania).

Sicché la sottrazione di quote dello stanziamento da parte di questo esercito andrebbe a penalizzare coloro che probabilmente hanno maggiormente bisogno di una effettiva integrazione al reddito a favore proprio di quelli che il proprio reddito lo possono occultare.

Peraltro il sistema dei controlli previsti, anche se reboante nei proclami, è assolutamente inefficace nella pratica.

Trovare posti di lavoro nel Mezzogiorno da parte dei centri per l’impiego o delle agenzie interinali è quasi impossibile (molte di queste sono state chiuse negli anni recenti).

Si calcola, infatti, che a livello nazionale solo il 3% della forza lavoro disoccupata passi attraverso questi canali e che poi nel Mezzogiorno sfiori lo zero assoluto.

Eppure solo dopo un anno si prevede che possa essere offerto il lavoro a più di 250 Km di distanza dalla residenza.

E questo determinerà che chi lavora in nero per un anno almeno godrà del trattamento e solo dopo quando e se arriverà l’offerta di lavoro perderà il diritto al Reddito di cittadinanza.

E questa quota di pretendenti farà sì ancora che, non solo la quota media erogata sarà pari a 430 Euro a famiglia ed a 150 Euro per soggetto beneficiario ma sarà probabilmente insufficiente per tutti i richiedenti.

E già il governo ha previsto una clausola per cui se dai calcoli Inps in corso d’opera si vedrà che è stato superato lo stanziamento previsto questo possa essere ridimensionato pro quota e se ancora non fosse sufficiente verrebbe sospeso.

Ed in questo caso a beneficiarne sarebbero quelli che sono arrivati prima e non quelli che una graduatoria basata sui bisogni sarebbero stato più meritevoli. Una riffa.

Insomma fino a questo momento è un busillis l’attuazione del RdC, la previsione dei 780 Euro è una chimera, ma potete star sicuri che nei prossimi mesi andrà peggio.

Quando questo provvedimento potrà assumere i contorni di una guerra tra poveri, semi poveri e falsi poveri.

Immaginarsi la corsa ed il precipizio alle Poste e nei centri per l’Impiego per arrivare primi.

Se già con un portale chiaramente falso si erano candidati nel giro di qualche giorno 500 mila, pensate al prosieguo.

Proprio per questo penso che un provvedimento di questa portata se doveva effettivamente raggiungere i suoi obiettivi doveva essere realizzato e modulato in termini assolutamente diversi.  Scorporandolo su due assi chiaramente distinguibili.

Assegnando

  • da un lato alle imprese, (le uniche entità che conoscono il proprio fabbisogno occupazionale e formativo) il beneficio sotto forma di decontribuzione degli oneri sociali com’è stato fatto negli anni 2014/2016 quando si sono creati circa 600mila di posti di lavoro stabili in più;
  • e dall’altro operare attraverso la riconferma del Rei che ha funzionato bene magari raddoppiandone il finanziamento per aggredire le povertà reddituali.

Sperare, infatti, che in tre mesi i navigator specie nel Mezzogiorno siano in grado di individuare posti di lavoro è una pretesa che non ha alcuna possibilità di riscontro.

Ma questo governo perché non fa tesoro delle esperienze positiva realizzate dai precedenti, magari migliorandole?

C’è sempre bisogno delle catastrofi per farlo?

Non è bastato il decreto dignità e l’ondata di licenziamenti e mancate riconferme degli incarichi a tempo determinato che ha prodotto?

Ora che sono costretti a finanziare Banca Carige per salvare i correntisti mentre prima dicevano che il governo Renzi regalava soldi ai banchieri sottraendoli al ”popolo”.

Ora che avviano le concessioni per monitorare il mare alla ricerca di risorse petrolifere mentre prima hanno cavalcato i No Triv.

Letto 3304

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Enzo Pino

Pensionato, commentatore politico per diletto. Collabora con diverse riviste on line. Già responsabile del Centro Studi Ricerche e Fomazione Cgil Sicilia.

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