Gad Lerner, Speranza, Bersani, Gandolfini, Sacconi ed Adinolfi uniti nella lotta

In questo articolo spiego perché, aiutandomi con un bell’articolo uscito su “articolo 29”, la legge sui Diritti Civili può essere considerata la più importante riforma del diritto di famiglia dopo quella del 1975

Letto 7980
Gad Lerner, Speranza, Bersani, Gandolfini, Sacconi ed Adinolfi uniti nella lotta

Marco Gattuso, direttore della citata rivista on line, pur criticando aspramente lo stralcio della stepchild, non esita a riconoscere che, per il resto, nel maxiemendamento del Governo vengono riconosciuti tutti -ma proprio tutti- i diritti del matrimonio, nessuno escluso.

In queste ore emerge la rabbia dei promotori del Family Day, il neocatecumenale Gandolfini ed il giocatore d’azzardo Mario Adinolfi, contro Alfano giudicato da loro ormai alla stregua di un traditore.

Ed emerge la rabbia dell’onorevole Maurizio Sacconi che schiuma contro i contenuti del maxiemendamento ed annuncia il suo voto contrario alla fiducia in contrasto con la posizione del suo Partito che è l’NCD.

E contro la fiducia emerge l’alleanza tra chi vorrebbe tutto e subito e chi non vorrebbe nulla, insomma tra Gad Lerner e Mario Adinolfi.

Ed emerge la protesta a sinistra perché i coniugi delle Unioni Civili potranno tradirsi tranquillamente al contrario dei coniugi del matrimonio che non possono farlo. Ed è singolare che a capeggiare questa protesta (su un aspetto minore del provvedimento) siano persone (omo ed etero-sessuali) che normalmente sono libertarie, libertine e laiche. Qualcuno dovrebbe ricordare a questi signori che in Italia un tempo (fino agli anni 70) vigeva come reato il delitto d’onore che comportava una forte riduzione di pena per il coniuge che ammazzava l’altro coniuge traditore. E l’obbligo di fedeltà inserito nel matrimonio è un residuo di quella Italia bigotta e codina. E forse la battaglia dovrebbe esserlo per cancellarlo ovunque.

Lo scrive bene QUI il Direttore di Articolo 29 Marco Gattuso, giudice del tribunale di Bologna, e anche condirettore di GenIUS, rivista italiana di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere:

Le regole dell’amore

Per le parti dell’unione civile non si avrà obbligo di fedeltà.

Non si tratta di una discriminazione, ma della presa d’atto che una regolamentazione del diritto di famiglia scritta nel 2016 può abbandonare una norma che appare come il retaggio di una impostazione arcaica. L’obbligo di fedeltà sessuale era connesso un tempo a quella norma del codice penale che puniva solo la donna adultera e non l’uomo. É legato ad una concezione illiberale del diritto: la legge regolamenti gli obblighi di mantenimento, di assistenza fra le parti, ma si lasci stabilire alle parti, e non alla Legge, in cosa consista una relazione d’amore, quali ne siano i caratteri essenziali e quali le modalità. La fedeltà nulla ha a che fare con la stabilità del rapporto ed in nulla, ma proprio nulla, rileva rispetto alla capacità genitoriale della persona, tant’è che la violazione dell’obbligo coniugale di fedeltà non ha e non deve mai avere la minima incidenza rispetto all’affidamento dei figli.

Lasciare dunque la definizione delle regole della relazione d’amore alle stesse parti del rapporto, è cosa sana e del tutto condivisibile. Anche qui, la nuova legge sulle unioni civili svela, semmai, le debolezze della regolamentazione matrimoniale rispetto ad un moderno approccio al diritto di famiglia.

Marco Gattuso in questo splendido articolo sulla rivista on line “Articolo 29” di cui è direttore ragiona poi anche su altri provvedimenti inseriti nel maxiemendamento del Governo sulle Unioni Civili e si augura che vengano introdotti per tutti e non solo per i coniugi delle Unioni Civili. E parliamo del Divorzio breve, del Matrimonio inconsumato, il cognome della famiglia e sulle lungaggini burocratiche:

Divorzio breve

Lo scioglimento dell’unione civile, innanzitutto, avviene senza il lungo periodo di separazione (da sei mesi ad un anno) imposto ai coniugi eterosessuali. Dopo soli tre mesi da una semplice dichiarazione resa davanti all’ufficiale di stato civile, con una celerità che ricorda quanto peraltro accade per il matrimonio in quasi tutti gli altri Paesi europei, sarà possibile iniziare la procedura di divorzio con l’applicazione delle stesse norme del divorzio in sede matrimoniale.

Facile immaginare che da domani si apra la questione della legittimità non delle unioni civili, ma delle lungaggini dello scioglimento del matrimonio. Le coppie eterosessuali coniugate, che accedono a diritti identici alle coppie gay e lesbiche, per arrivare al divorzio debbono attraversare il calvario della separazione: tra non molto qualcuno si chiederà cosa giustifichi questo anacronistico appesantimento procedurale.

Matrimonio inconsumato

La disciplina del divorzio non prevede, poi, l’ipotesi assai arcaica del “matrimonio inconsumato” prevista nel codice civile del 1942, fattispecie che oggigiorno appare piuttosto bizzarra, posto che l’ipotesi di due soggetti che contraggano una unione civile (ma anche un matrimonio) senza avere mai avuto rapporti sessuali sino al giorno della celebrazione appare, tutto sommato, piuttosto inverosimile.

Cognome della famiglia

Mentre nel matrimonio continua ad essere imposto alla moglie ed ai figli il cognome del marito, evidente retaggio patriarcale, nell’unione civile le parti stabiliscono liberamente il cognome della famiglia.

Sappiamo che la Consulta da anni ha rilevato l’incompatibilità con la Costituzione della disciplina del cognome nel matrimonio, non dichiarando l’illegittimità soltanto perché manca una disciplina alternativa, spettando al Legislatore di regolamentarla.

Ora la regolamentazione alternativa c’è: la Corte, in ipotesi, potrebbe persino dichiarare illegittima la disciplina del cognome nel matrimonio, imponendo l’applicazione di quella prevista per le unioni civili.

Lungaggini procedurali

La celebrazione dell’unione civile avverrà solennemente in Comune, con modalità analoghe al matrimonio, ma viene abbandonata la burocratica procedura delle pubblicazioni, arcaico appesantimento del tutto privo di qualsiasi utilità nell’epoca di ben più incisive modalità di comunicazione delle informazioni.

Anche qui la novità legislativa pone forse in risalto la necessità di aggiornare le norme che regolano la procedura di costituzione del vincolo matrimoniale.

L’articolo di Gattuso è un contributo equilibrato e chiaro che non omette critiche severe al comportamento di una classe politica provinciale e bigotta che non ha il coraggio, nel 2016, undici anni dopo la legge Zapatero e dopo quel che è successo in tutto il mondo occidentale, in parlamenti a noi vicini come quelli di Londra e Parigi, dopo la sentenza della Corte suprema americana, dopo il referendum irlandese di porre fine alla discriminazione matrimoniale nei confronti della minoranza omosessuale.

E giudica del tutto inaccettabile che in un Paese democratico e che si richiama ai valori occidentali non sia stato possibile mettere nero su bianco il principio del diritto dei bambini al riconoscimento giuridico della relazione con i propri genitori.

Non è stato possibile confermare una cosa così banale come la necessità di tutelare il superiore interesse dei bambini, di tutti i bambini, anche quelli con due mamme e due papà.

Ma mentre esprime questa giusta critica radicale (dichiarando quindi giustamente non chiusa la battaglia) in conclusione afferma che il maxiemendamento proposto è senz’altro la più importante riforma del diritto di famiglia dopo quella del 1975.

E non esita a riconoscere che per il resto nel maxiemendamento del Governo vengono riconosciuti tutti -ma proprio tutti- i diritti del matrimonio, nessuno escluso.

Affermando che fatta salva la -assai dolente- materia della filiazione, la legge elimina in un sol colpo qualsiasi discriminazione fra coppie eterosessuali e coppie omosessuali.

Per quanto concerne i diritti conseguenti all’unione,uguaglianza è fatta.”

Ecco cosa scrive:

Tutti i diritti.

Per il resto, vengono riconosciuti tutti -ma proprio tutti- i diritti del matrimonio, nessuno escluso:

  • dai diritti patrimoniali all’eredità compresa la legittima,
  • dal diritto al mantenimento ed agli alimenti al diritto alla pensione di reversibilità,
  • dal ricongiungimento familiare alla cittadinanza italiana per lo straniero unito civilmente,
  • dal congedo matrimoniale a tutte le prerogative in materia di lavoro,
  • dagli assegni familiari a tutte le disposizioni fiscali,
  • dalla disciplina sui carichi di famiglia alle imposte di successione e donazione,
  • dall’impresa familiare alle numerose norme del codice civile in materia di contratti, prescrizione ed altro,
  • dalle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi popolari ai punteggi per i concorsi e i trasferimenti,
  • dai trattamenti pensionistici, assicurativi e previdenziali al diritto di ricevere informazioni sullo stato di salute e le opportunità terapeutiche,
  • dalle decisioni sulla salute in caso di incapacità, alle decisioni in caso di decesso sulla donazione di organi, sul trattamento del corpo e sui funerali,
  • dal trattamento dei dati personali all’amministrazione di sostegno ed alla 104,
  • dai diritti in materia penitenziaria alle numerose norme in materia di diritto e di procedura penale.

E così via.

Insomma tutti, tutti i diritti conseguenti al matrimonio sono previsti anche per le coppie unite civilmente.

Non c’è molto da aggiungere sotto questo profilo: uguaglianza è fatta.

Nuove famiglie

Non si può non evidenziare, comunque, come nella legge la natura familiare delle famiglie gay e lesbiche venga oggi espressamente e formalmente riconosciuta, attraverso l’univoco uso dell’espressione “vita familiare”. Non che ci fossero dubbi. Come detto è evidente che le coppie gay e lesbiche formano famiglia, ma il fatto che adesso lo dica anche la legge segna certamente un passaggio storico che non può essere sottovalutato e che nessuno potrà più ignorare.

Questo è quanto si è ottenuto. La battaglia continua. Ma per vincerla definitivamente bisogna riconoscere che il ragazzotto fiorentino, scout e cattolico, ha spostato in avanti il terreno di lotta disseminando (grazie anche alla Cirinnà alla Boschi e ad Orlando) nella legge attuale degli appigli su cui si potrà da qui al futuro ottenere i risultati completi ed ottimali (come Gattuso più volte ci dice, pur mantenendo la sua opinione fortemente critica su una classe politica nel complesso bigotta e provinciale).

Chi non può, a mio avviso, assolutamente parlare sono quelli della minoranza dem, ultimi rappresentanti di quella ditta che quando ha avuto il potere, ai tempi dell’Ulivo, è riuscita a produrre solo gli scoloriti Dico senza peraltro riuscire neanche ad approvarli. Muti, dovete stare muti.

Letto 7980

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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