Renzi è nuovo sulla scena europea, Juncker ci sta da una vita e cosa ha concluso? (citazione di Jean Paul Fitoussi)
Enzo Puro tenta di dare una spiegazione al paradosso degli anti Merkel che adesso difendono Juncker. Le prese di posizione di Amartya Sen e Jean Paul Fitoussi che elogiano il premier italiano. La politica di Renzi può fermare il populismo pericoloso. Oltre l’ideologia i dossier concreti su cui si dà battaglia
Mentre prestigiosi economisti di fama mondiale come Amartya Sen e Jean Paul Fitoussi elogiano apertamente Renzi, quello che sta accadendo in Italia sulla vicenda Junker- Renzi ha del paradossale.
Tutti coloro, tra i giornali e tra gli oppositori interni ed esterni di Renzi, che fino a poco fa rimproveravano al nostro premier di essere lo zerbino della Merkel o di essere un pericoloso neoliberista oggi, di fronte alla alzata di scudi da parte del Presidente della Commissione, il lussemburghese Junker, si schierano con Juncker o peggio tacciano di avventurismo il nostro Presidente del Consiglio (come se il peggior avventurismo foriero di consegnare l’Europa intera ai populismi di ogni tipo non fosse invece la miope politica di austerità imposta da Schauble all’intero continente Europeo).
E si schierano contro quel Juncker che, come ci ricorda Franco Moscetti su Lettera 43, “fino a poco tempo fa veniva tuttavia accusato da quasi tutti i giornali nostrani di prendere decisioni a livello di Commissione europea particolarmente favorevoli alla Germania e particolarmente sfavorevoli per l’Italia soprattutto su una serie di problemi quali il salvataggio delle banche, l’energia, l’immigrazione e la flessibilità sui conti richiesta dal nostro Paese a seguito dei pesanti costi sostenuti per far fronte ai flussi migratori che conosciamo.”
E questo rende evidente che tanti commentatori e tanti politici cosiddetti di sinistra hanno un solo obiettivo e cioè spargere intorno alla azione del Governo Italiano incertezze, dubbi, un frame colmo di negatività.
Perché il loro obiettivo non è il bene del Paese o tentare di fermare i populismi pericolosi ma quello, usando tutte le armi della comunicazione, di cancellare questa anomalia, positiva ma per tanti fastidiosa, che è il governo di Matteo Renzi.
Come ci ricorda sempre Franco Moscetti su Lettera 43 “La Francia ha un presidente con la popolarità più bassa dal dopoguerra ad oggi ma a nessun francese verrebbe in mente di non seguire il proprio Presidente in una diatriba internazionale.”
In Italia avviene invece tutto il contrario.
E questo mentre, come dicevo, la linea seguita da Matteo Renzi ottiene gli elogi di personaggi come Amartya Sen o Jean Paul Fitoussi.
Il primo, premio Nobel per l’economia ha sostenuto che Il governo Renzi "fa benissimo a chiedere con forza all'Unione europea che ci si concentri finalmente sulla crescita anziché' sull’austerità. E' la cosa più intelligente che un governo possa fare in questa fase".
Più duro il francese Fitoussi che dice: “senza flessibilità non si esce dalla stagnazione e non si riesce a ridurre il disavanzo sul lungo termine. E’ una battaglia vitale per l’Italia, e Renzi fa bene a condurla con grinta. Lui è nuovo sulla scena europea, Juncker ci sta da una vita e cosa ha concluso? Parla di vilipendio ma farebbe meglio a guardare alla sua storia e all'istituzione che ora guida”.
Ed ha aggiunto:” L’Europa non è mai stata così inefficiente, così inesistente nel dibattito politico vero. I commissari non li conosce nessuno, chi è per esempio questo signor Dombrovskische si permette di dire che l’Italia non ha fatto le riforme.
La vita dell’Europa è fatta di controversie, di mercanteggiamento, di trattative. Solo che di solito restano sotto traccia. Invece stavolta Renzi ha portato tutto alla luce. Ha scelto bene il punto: se esistono clausole relative all’emergenza, vogliamo negare che esista un’emergenza migranti, una sicurezza, una recessione...certo, tutte insieme può colpire. Ma così è andata. E l’Europa se ne deve rendere conto, guardare alle sue colpe e scuotersi”
A mio avviso il premier Renzi in questi mesi ha fatto l’unica cosa che andava fatta e cioè alzare la voce nell’ovattato consesso europeo come mai nessuno aveva fatto prima prendendo forza dalla vigorosa azione riformatrice messa in campo in maniera autonoma (dal Mercato del lavoro, alla Pubblica Amministrazione alla Giustizia civile ed a tante altre le cose di cui adesso sarebbe lunghissimo fare un elenco). E chiedendo la fine della politica di austerità.
E il nostro premier rilancia dicendo che qualcuno è “forse impaurito da questo nuovo protagonismo italiano, preferirebbe averci più deboli e marginali, come purtroppo è spesso accaduto in passato. Se ne facciano una ragione: l'Italia è tornata, più solida e ambiziosa. Con tanto lavoro ancora da fare ma anche con la consapevolezza che ce la stiamo mettendo tutta e che le grandi realtà internazionali tornano a scommettere su di noi".
I dossier aperti sono tanti e su molti di questi si confrontano due idee di Europa molto contrastanti. Essi sono quello riguardante la flessibilità di Bilancio, quello, strategico per il nostro paese, dell’ILVA, quello delle banche, quello della messa in discussione della supremazia tedesca sui rapporti con la Russia per il gas, il braccio di ferro sulla Turchia e sui chi deve dare i finanziamenti ad Ankara per i migranti.
E sono paradossali i distinguo o i silenzi soprattutto da parte della minoranza Dem che all’epoca del governo Monti si caratterizzò per l’obbedienza cieca ai diktat di Bruxelles.
Sarebbe stato detto negli ambienti della Commissione europea che “in Italia non ci sono interlocutori”. Ciò che avrebbero voluto dire era un altro concetto e cioè che “in Italia non ci sono interlocutori che obbediscono ciecamente”.
Come ai tempi di Bersani e Fassina che facevano per finta un po’ di resistenza e poi votavano senza discutere il pareggio di bilancio in Costituzione o le leggi Fornero.
Dati social all'8 febbraio 2016
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Enzo Puro
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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