Il capolavoro politico di Matteo Renzi

Non solo Salvini, l’odiatore e truce padano, lontano dalle stanze del potere ma, con Gentiloni e Gualtieri, l’Italia di nuovo al centro della politica europea. Un segnale forte tra l’altro che l’epoca della austerity dura e pura ed ottusa gestita dai finlandesi sta per finire. E tutto questo non sarebbe stato possibile, per il nostro paese, senza il capolavoro agostano dello scout di Rignano sull’Arno (glielo riconoscono in tanti in Italia ed all’estero tranne che i dirigenti attuali del suo Partito)

Letto 9450
Il capolavoro politico di Matteo Renzi

Quello che è accaduto in Italia da agosto in poi non c’è dubbio che possa essere definito un vero capolavoro politico compiuto da Matteo Renzi che ha voluto e pensato quella svolta. Una svolta che il segretario del PD Nicola Zingaretti ha dapprima subito ma poi ha saputo gestire molto efficacemente tenendo unito l’intero gruppo dirigente.

Non lo diciamo noi che siamo estimatori di Renzi ma lo hanno scritto in queste settimane molti giornali internazionali e molti uomini politici italiani non certamente renziani o del PD cosiccome lo hanno scritto giornalisti come Cazzullo o Travaglio che certo non possono essere annoverati tra i “tifosi” di Matteo Renzi (ci dispiace soltanto che a non riconoscere il ruolo fondamentale dell’ex premier sia solo la vendicativa maggioranza che guida il PD che non riconoscerebbe a Renzi nessun merito, mai neanche di fronte alla evidenza).

E che sia stato un capolavoro lo si evince non soltanto perché si è messo fuorigioco il Matteo sbagliato, il truce padano che fino a luglio sembrava invincibile e che invece non solo ha perso il governo (certo anche per errori suoi che Renzi ed il PD hanno saputo però cogliere ed utilizzare) ma sta precipitando, stando agli ultimi sondaggi, nel gradimento degli italiani. Lo si evince anche da ciò che sta avvenendo in Europa dove ad un italiano, l’ex premier Gentiloni, verrà assegnato da Ursula von der Leyen, il ruolo di Commissario agli affari economici, il ruolo più importante dopo la Presidenza della Commissione.

È forse questo il risultato più clamoroso che la svolta agostana voluta da Renzi ha prodotto. In quel posto fino a pochi anni fa dominavano i finlandesi (ricordate Olly Rein o Katainen) rigidi custodi di una ottusa austerità ed oggi quel posto è assegnato al paese che più di tutti (con Renzi, Padoan e Gentiloni) pur rispettando le regole si è battuto per cancellare quelle politiche (in accordo pieno con l’allora Presidente Usa Barak Obama che non ha mai risparmiato critiche a quelle cieche politiche di rigore).

Ed oggi l’Italia riprende a pieno titolo il suo ruolo di grande paese fondatore della UE dopo la pausa sovranista e filo russa di un governo egemonizzato dal truce padano.

E non è solo la nomina di Gentiloni che ci indica questo; di questo forte e rinnovato ruolo italiano dentro la UE è simbolo anche la nomina di Roberto Gualtieri come ministro della economia, perché Gualtieri è stato negli anni scorsi un parlamentare Europeo tra i più stimati dentro il Parlamento e tra tutte le cancellerie europee gestendo dossier importanti come quelli delle banche e delle trattative sulla brexit. Ed è importante che il nostro ministro della economia abbia un così alto capitale reputazionale in Europa da potersi giocare per dimostrare l’affidabilità del nostro paese ed ottenere quella flessibilità necessaria che, senza interrompere il risanamento dei conti pubblici, dia però ossigeno alla economia in una fase non certamente positiva per l’intero continente.

Ed è stata la stessa Ursula von der Leyen a citare Roberto Gualtieri quando, annunciando la delega agli Affari economici a Paolo Gentiloni ha ricordato poi che “a Roma è stato appena nominato ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, una persona che conosce perfettamente quali siano le regole su cui ci siamo messi d’accordo, quali sono le aspettative dei paesi membri su regole che ci servono per rafforzare la zona euro”.

Sarebbe stato possibile raggiungere questo risultato un anno fa, dopo le lezioni politiche del 2018? Chi lo dice o è in malafede o non sa di cosa parla.

Un anno fa il Movimento 5 stelle era sugli allori, aveva stravinto con il 32% le elezioni politiche e se – come scrive sul Corriere Aldo Cazzullo, non certo un amico di Matteo Renzi – “è stato complicato fare un governo con i 5 Stelle usciti scottati dalla rottura con la Lega e dimezzati nei voti dalle elezioni europee; pensate quale umiliazione sarebbe stata per il Pd trattare con i 5 Stelle al 33 per cento”.

La politica dei #senzadime, quella che in maniera sbrigativa era stata chiamata dai polemisti la politica del pop corn, ha fatto invece maturare una profonda crisi dei 5 stelle che all’improvviso si sono visti indeboliti nel voto europeo e ancora più nei sondaggi e quindi costretti a dialogare (dopo gli schiaffi ricevuti da Salvini con la mozione di sfiducia) con un Pd che, grazie a Renzi, ha colto l’occasione per una alleanza alla pari (cosa sicuramente impossibile con l’arrogante vincitore delle politiche del 2018).

Naturalmente il difficile comincia adesso. Malgrado le buone intenzioni del premier Conte molti 5 stelle sono inaffidabili a partire dal neo ministro degli esteri (sic!) Gigino Di Maio. Se l’operazione, benedetta dall’Europa (e sicuramente spinta dal cuore immacolato di Maria che si era rotta le scatole di essere tirata in ballo impropriamente dal truce padano), riuscirà sarà certo un bene per l’Italia e sui libri di storia sarà certamente ricordata come il capolavoro politico dello scout di Rignano sull’Arno.

Letto 9450

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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