Le vere ragioni della “antipatia” di Renzi
Appena Renzi ha pubblicato il suo nuovo libro si sono attivate le legioni di chi lo irride e gli imputa la grave sconfitta del marzo 2018. È una coazione a ripetere. Hanno evidentemente ancora paura di lui. E trascurano di capire le vere ragioni di quella sconfitta. Che è fatta certo di errori ma è fatta anche della reazione furibonda a riforme sacrosante, attese da anni, reazione che ha portato quella rete di interessi ramificati e diffusi colpiti a connettersi “pro domo loro” con le forze più populiste le cui vele erano già gonfiate da un vento mondiale che sta squassando le più antiche democrazie.
Basta che Matteo Renzi scriva un libro, faccia affollatissime presentazioni, rilasci interviste, vada in TV, che i suoi avversari dentro il suo stesso campo partano in quarta. Anche i più silenziosi (di solito) scrivono, irridono, gli intimano di tacere, gli rimproverano di aver portato il PD alla disfatta.
E fanno questo non analizzando davvero le vere ragioni per cui si è perso e per cui Matteo Renzi è considerato uomo antipatico ed arrogante (ragioni che a me, all’opposto, lo fanno sembrare simpatico ed empatico).
In un altro articolo che troverete QUI (La damnatio memoriae di Matteo Renzi. Il tentativo è quello di cancellarlo dalla nostra memoria patria) potrete leggere il perché a mio avviso, malgrado tante leggi positive, il risultato elettorale è stato molto negativo.
Di seguito invece descrivo perché tante categorie di cittadini italiani non hanno votato per Matteo Renzi e per il PD e descrivo gli interessi che il governo dei 1000 giorni ha toccato nel profondo.
Sicuramente non hanno votato per Renzi e per il PD le classi dirigenti meridionali che, con il sistema dei Patti territoriali creati da Renzi e Delrio, hanno visto molto limitato il loro potere di gestione delle risorse finanziarie fatto senza regole.
È noto a tutti che le regioni meridionali non solo hanno un utilizzo bassissimo delle risorse comunitarie ma che anche quelle risorse che riescono a portare a progetto ed a finanziamento incorrono, fino alla cantierizzazione e poi durante la stessa cantierizzazione, in numerosi intoppi (la vicenda della Salerno Reggio Calabria o della Bonifica di Bagnoli ne sono un esempio clamoroso).
Così come è noto a tutti che quelle risorse sono il miele per chi ama gestire il potere in maniera clientelare ma ancora di più per chi ha un rapporto perverso con le mafie.
Matteo Renzi, insieme a Delrio, aveva costruito un meccanismo per spezzare tutto ciò, garantire la correttezza delle procedure ma anche la velocità delle realizzazioni.
Era il sistema dei Patti territoriali. Un meccanismo molto semplice. Una cabina di regia centrale con tutti i soggetti interessati, un ruolo stringente dell’ANAC di Cantone nel controllo sugli appalti, un monitoraggio periodico degli avanzamenti, la possibilità dell’avocazione al centro se gli Enti locali e le Regioni marciavano male.
Ecco secondo voi quelle classi dirigenti (anche di centrosinistra) abituate a gestire soldi e progetti alla vecchia maniera lo hanno votato il PD oppure sono andati in giro a dire che Renzi era antipatico?
Sicuramente poi non hanno votato Renzi i caporali. Il caporalato non è un fenomeno folcloristico, non è un fatto di costume ma in molte parti del sud rappresenta un grumo di interessi molto diffusi e ramificati che coinvolge la stessa rete delle aziende che li usano. E questo sistema ramificato e diffuso svolge anche la funzione di raccoglitore di preferenze per i capi bastoni locali.
È questo il motivo per cui per decenni nessun governo ha mai fatto alcunché contro il caporalato. Anche a sinistra si sono fatti soltanto molti convegni ma anche nei periodi in cui la sinistra ha governato non c’è stata nessuna legge approvata.
Perché era chiaro probabilmente che colpire il caporalato significava anche colpire il sistema del consenso politico che ha fatto la fortuna di molti, fortuna economica grazie allo sfruttamento bestiale della manodopera ma anche fortuna politica (e su questo la Bellanova più volte ha insistito e raccontato questo intreccio).
Se questo è il sistema allora capiamo l’impatto che può aver avuto la legge sul caporalato voluta da Renzi dopo la morte per sfruttamento nei campi di una bracciante pugliese assoldata dai caporali.
E certamente quel sistema ha contribuito anch’esso ad alimentare l’immagine di un Renzi antipatico e addirittura “divisivo”!!!
Sicuramente non ha votato per Renzi quella parte del mondo cattolico conservatore che gliel’aveva giurata al momento della approvazione delle Unioni civili e poi quando fu approvato il testamento biologico.
Ci furono manifestazioni di questi cattolici contro Renzi e la sua legislazione dei diritti. E non l’hanno presa certo bene alcuni vescovi italiani quando il giovanotto di Firenze, cattolico esso stesso e boy scout, ha ricordato loro che lui aveva giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo. Odioso ed antipatico, certo!!
Sicuramente non ha votato Renzi tutta quella pletora di dirigenti pubblici a cui Renzi aveva messo un tetto per il loro stipendio e messo così fine a quello scandalo dei maxi stipendi su cui nessuno prima era mai intervenuto.
Sicuramente non ha votato Renzi tutta quella classe di insegnanti che ritengono di non dover essere valutata da soggetti terzi e che pensano di essere in grado loro stessi di autovalutarsi. Al netto degli errori commessi nel percorso di coinvolgimento sulla riforma della scuola molti insegnanti (cavalcati dalla CGIL) sono stati un veicolo fondamentale nella diffusione dell’immagine antipatica di Matteo Renzi.
Sicuramente non hanno votato Renzi i corrotti. Se è vero come è vero che il sistema della corruzione in Italia è molto diffuso è evidente che gli attori di questo sistema non potevano certo sostenere un premier che invece di parlare faceva cose concrete. A partire dal potenziamento dell’Autorità anticorruzione a capo della quale ci ha messo il giovane e brillante magistrato che aveva sconfitto i casalesi, dandogli nel contempo poteri e strumenti per esercitare realmente il ruolo che gli era stato affidato. Sono certo che l’insieme di quegli attori considerava Renzi un politico antipatico.
Sicuramente non hanno votato per Renzi le ecomafie contro le quali per la prima volta è stata approvata una legge molto rigida e che raccoglieva tutte le indicazioni del più serio pensiero ambientalista.
Sicuramente non hanno votato per Matteo Renzi tutti quegli imprenditori che avevano l’abitudine di far firmare al momento della assunzione, soprattutto alle donne, le dimissioni in bianco. Il tanto vituperato Jobs act contiene infatti una norma che ha colpito il perpetuarsi di questa enorme ingiustizia.
Potremmo continuare a lungo.
Il governo dei 1000 giorni ha rotto molti equilibri. È entrato a piè pari in situazioni che tutti davano per scontate. Forse lo ha fatto in maniera troppo ingenua non prevedendo, e non attrezzando perciò una risposta, la furibonda reazione delle consorterie colpite che sono riuscite, con la complicità del sistema dei media, vecchi e nuovi, a ribaltare in negativo l’immagine del giovane leader fiorentino.
La “character assassination” che è stata messa in atto sulle banche è ad esempio un capolavoro strategico.
Un premier che ha legiferato per eliminare tutte quelle porcherie che negli anni il sistema bancario territoriale aveva fatto (quanto accaduto con le banche venete ne è un esempio) è stato fatto passare per il suo opposto, l’amico dei banchieri e degli speculatori.
Come potevano votare per Renzi gli stakeholders territoriali delle banche popolari se il governo Renzi (rimettendo in carreggiata una vecchia proposta di Ciampi) ha approvato la riforma delle banche popolari, una riforma che ha fatto saltare quel meccanismo del voto capitario attraverso cui quegli stakeholders territoriali tenevano per le palle i manager delle diverse banche?
Stiamo parlando di interessi diffusissimi e ramificati quanto e più forse di quelli colpiti dalla legge sul caporalato. Interessi che si tramutavano nella concessione di prestiti e mutui a gogò che sono stati una delle cause per cui molte di quelle banche sono andate a gambe all’aria. Il voto capitario (per cui anche con una sola azione si aveva il diritto di veto e di decisione al pari di chi invece di azioni ne aveva tantissime) serviva a mantenere in piedi quel sistema malato.
Insomma una sconfitta è frutto di tante cose. Ci sono certo gli errori commessi. Ma c’è un vento complessivo che in tutto il mondo (lo ha detto il filosofo francese Bernard H. Levi ad una accigliata Annunziata) ha portato al potere forze populiste micidiali annichilendo la sinistra. E c’è però la reazione furibonda a riforme sacrosante attese da anni, che forse si è sottovalutata, reazione che ha portato quella rete di interessi ramificati e diffusi colpiti a connettersi “pro domo loro” con le forze più populiste le cui vele erano già gonfie da un vento mondiale che sta squassando le più antiche democrazie.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Enzo Puro
117 articoli pubblicati per un totale di 760'539 letture
Aggiornato al 31 marzo 2018
www.facebook.com/pensieropuro
Articoli correlati da tag
- L’offensiva contro Italia Viva si è rivelata un disastro
- Perché nella lotta alla corruzione nessuno può insegnare nulla a Matteo Renzi
- Maestri d'arte e giocolieri. Il cortocircuito improvvisazione/bugia tra politici e giornalisti.
- Interpretare male l’esito di uno scontro può portare a perdere le battaglie
- Riflessioni sullo schianto