Esiste ancora la classificazione “Destra/Sinistra”?

Un articolo lucidissimo di Luigi Marattin che spiega i motivi per cui tale classificazione ha perso gran parte della sua sostanza. Una classificazione tenuta in vita solo dall’istinto di Partiti che su quella classificazione hanno costruito tratti identitari e rassicuranti.

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Esiste ancora la classificazione “Destra/Sinistra”?

Il primo a porsi in Italia il problema della validità della distinzione tra destra e sinistra fu Alex Langer, compianto leader dei Verdi Italiani, che nel 1985 disse queste precise parole: “Tutto è terribilmente più complesso. Perché è assai difficile stabilire cosa voglia dire essere di sinistra oggi, e distinguere la sinistra per le sue opere, non solo per le sue parole. E poi bisognerà interrogarsi anche sull'utilità pratica di certe classificazioni:”

Era il 1985 e queste parole deflagrano dentro il campo della sinistra italiana suscitando la reazione adirata sia della sinistra storica che di quella gruppettara.

Ed eravamo solo agli inizi di quel turbinio globalizzante che avrebbe scombussolato, nel bene e nel male, tutto il mondo sconvolgendo ed azzerando le vecchie categorie di classificazione politica come sconvolse anche ogni rapporto spazio/temporale.

L’altro giorno sul Foglio, partendo da un’ottica certo molto diversa da quella di Langer nel lontano 1985, Luigi Marattin torna ad occuparsi in maniera potente di quella antica suddivisione nello scacchiere politico interrogandosi anch’esso sulla utilità di certe classificazioni.

Avevo affrontato il tema tempo fa in 4 articoli pubblicati su questo blog, l’avevo presa alla lontana e qui (Le domande fondamentali da farsi. La crisi epocale della sinistra di fronte ai cambiamenti. Capitolo 2 di 4) riportavo una serie di domande fondamentali necessarie a sviscerare il tema di cosa è sinistra oggi.

Marattin nell’articolo citato inquadra però il problema in maniera molto chiara provando “ad argomentare i motivi per cui le attuali categorie politiche sono state spazzate via dagli eventi occorsi nel pianeta dell’ultimo quarto di secolo”. E proverà anche a spiegare i motivi per cui il superamento delle vecchie classificazioni tra desta e sinistra “è ancor più marcato ed evidente nel caso italiano”.

E’ vero, come scrive il giovane parlamentare democratico nonché economista e docente universitario, che non c’è mai stata una seria riflessione su quanto siano attuali le differenze che per oltre 150 anni hanno segnato le distinzioni politiche tra “sinistra” e “destra”. Anche i più illuminati si sono soffermati nell’affermare la profondità dei grandi cambiamenti avvenuti negli ultimi 35 anni senza mai entrare però nel dettaglio di questi cambiamenti e declamandoli genericamente (questo è stato un certo veltronismo teorico che ha volato troppo alto rispetto ai fenomeni concreti).

Nessuno ha avuto la forza di mettere in discussione l’attualità delle categorie “destra” e “sinistra” e non ha avuto questa forza “un po’ per la sacralità del tema, un po’ per istinto di sopravvivenza da parte di partiti (e del relativo personale politico) che su quella distinzione hanno costituito tratti identitari e rassicuranti molto difficili da mettere in discussione. E un po’ per la vischiosità a prendere atto degli enormi mutamenti occorsi in questo “piccolo Pianeta” (cit. John Kennedy) da un quarto di secolo a questa parte”.

Ma le categorie politiche “non sono state consegnate da Dio a Mosè sul Monte Sinai agli albori della civiltà, e destinate a durare in eterno. Esse sono, invero, lo specchio del tempo in cui viviamo. Nascono da esso e si nutrono di esso. E in esso trovano – o non trovano più – ragion d’essere”.

Marattin arriva ad esaminare la funzione che in questo stravolgimento politico, economico e sociale ha avuto la globalizzazione, che contrariamente alla globalizzazione di fine 800 basato sui regimi coloniali, ha saturato tutti gli spazi del nostro piccolo pianeta liberando energia e potenza incredibili (fenomeno che ha tenuto fuori, ma per quanto?, solo il continente africano).

Così come fondamentale è stata l’Internet revolution che ha modificato “radicalmente la manifattura e tutto ciò che le gira intorno” arrivando però anche a sconvolgere “le dimensioni dell’informazione, della comunicazione politica, della formazione del consenso” facendo venire meno ogni filtro, facendo affermare “l’orizzontalizzazione completa dei circuiti di informazione, l’azzeramento dei tempi della comunicazione (rispetto al rallentamento dei tempi della formazione della decisione politica)”. Fenomeni che hanno ““radicalmente modificato il rapporto tra rappresentanti e rappresentati e hanno inciso pesantemente sul funzionamento della democrazia rappresentativa”

Tutto ciò ha portato ad uno sconvolgimento dei rapporti spazio/temporali che si sono ristretti fino ad arrivare alla contestualità, come provo a spiegare qui (Spazio sociale, spazio fisico, spazio pubblico. La crisi epocale della sinistra di fronte ai cambiamenti. Capitolo 3 di 4), provo cioè a spiegare che la crisi strutturale del criterio destra/sinistra nasce dal rapporto diverso che oggi c’è tra lo spazio sociale e lo spazio fisico (non più sempre coincidenti), con lo spazio pubblico classico che da questo nuovo rapporto viene messo in crisi (e con esso la stessa idea di sinistra per come l’abbiamo sempre conosciuta).

E il cuore del ragionamento di Marattin sta in questa affermazione: “ciascuno dei tratti caratterizzanti del mondo in cui nacquero e si svilupparono le categorie politiche “destra” e “sinistra” (democrazia rappresentativa, Stato nazionale, Rivoluzione industriale e riconoscibilità delle classi sociali sulla base del possesso dei mezzi di produzione) è stato profondamente modificato – o addirittura spazzato via – da un Grande Shock dispiegatosi nel mondo dalla caduta del Muro di Berlino (1989) fino al riassorbimento della prima grande crisi della globalizzazione (2013-2014). Ce n’è abbastanza, dunque, per quantomeno chiedersi con cognizione di causa se quelle categorie siano ancora attuali per descrivere le posizioni politiche che, nascendo dalla realtà, mirano a modificarla”.

La Sinistra nacque in sostanza con gli Stati nazionali, la democrazia rappresentativa, la rivoluzione industriale e la riconoscibilità delle classi sociali.

Cosa può essere di conseguenza Sinistra (e di contro la Destra) in un mondo in cui gli Stati nazionali non hanno più ormai i poteri di un tempo messi in crisi come sono dai poteri economici e finanziari extraterritoriali e si riducono soltanto, come direbbe Bauman, agli Stati della incolumità? In un mondo in cui l’orizzontalità indotta da Internet modifica la stessa concezione di democrazia rappresentativa? In un mondo in cui la rivoluzione industriale analogica è stata soppiantata dalla rivoluzione digitale cambiando ogni parametro di riferimento e provocando la non riconoscibilità delle classi sociali (badate bene non la loro inesistenza ma la loro riconoscibilità ed unità, qualcuno ha parlato addirittura di moltitudini)?

La tesi di Luigi Marattin è, dunque, che “le categorie che hanno contrassegnato lo spazio dell’offerta politica dalla Rivoluzione Francese ad oggi (per come sono state tradizionalmente intesi) non siano più attuali a causa dei profondissimi sconvolgimenti avvenuti a cavallo del Millennio; tale usura è ancor più valida in Italia, dove non solo l’intera vita repubblicana ha visto una declinazione incompleta e strabica di “destra” e “sinistra”, ma dove forse prima che altrove è iniziata la definizione di un’offerta politica che superasse le tradizionali cristallizzazioni. Alle elezioni politiche del 2018 più del 70% dei votanti ha premiato forze politiche che o rifiutavano a priori la diarchia “destra/sinistra” (M5s) o l’avevano da tempo nei fatti superata nelle proprie policies (Pd e Lega).”

Non c’è stato quindi il crollo di questo o quel Partito.

Quello che è crollato, sostiene giustamente Marattin, sono i pilastri sociali, politici ed economici che perduravano da secoli e il cui crollo ha trascinato con sé quelle formazioni politiche e sociali Partiti, sindacati, Associazioni di Categoria) che su quei pilastri erano nati e si erano sviluppati.

E una nuova linea di contrapposizione passa attraverso “una continua evoluzione dei propri comportamenti (dettata dalla necessità di adattamento ad un mondo in continuo movimento)”, passa attraverso “l’ampliamento delle opportunità e la naturale tensione verso il coglierle, la dimensione sovranazionale (su cui strutturare le istituzioni della democrazia rappresentativa), il multilateralismo e la tutela dei diritti civili e della libertà economica”.

In contrapposizione a tutto ciò abbiamo chi “predilige una dimensione più statica e non-limitante rispetto ai desideri assoluti dell’individuo, indipendentemente dal contesto”.

E adotta parole d’ordine rassicuranti come la difesa della dimensione nazionale (ecco il sovranismo), la “disintermediazione politica con legame diretto tra leader e popolo, richiamo a valori tradizionali”.

In questa ottica addirittura l’ampliamento delle opportunità “è visto come una minaccia rispetto alla ricerca delle sicurezze del mondo pre-globale, e i limiti all’azione politica non sono predeterminati dalle condizioni di contesto ma unicamente dalla stessa volontà “narcisista” dell’elettore”.

Di fronte ad una fase in cui “tutto ciò che è solido si dissolve nell’aria” come disse il vecchio Marx all’epoca di un altro grande passaggio d’epoca “non vi sono – conclude Marattin - certezze a cui aggrapparsi. Non vi sono porti sicuri nei quali tornare, non vi sono più parole d’ordine rassicuranti che forniscano l’illusoria speranza che in fondo tutto quello che sta succedendo al mondo è solo una nottata che deve passare.

Esiste solo la necessità di guardare al mondo per quello che è diventato e definire prospettive nuove volte a realizzare la missione millenaria della politica: il governo efficace della cosa pubblica al fine di migliorare le condizioni di vita presenti e future delle generazioni che vivono questo tempo.

È questo, e non meno che questo, il compito della generazione che è diventata adulta in questo secolo.”

Link: L’articolo intero sul Foglio: Ha ancora senso parlare di destra e sinistra?

Qui troverete i miei 4 articoli sui cambiamenti del nostro mondo: Fordismo, post fordismo, società della informazione. La crisi epocale della sinistra di fronte ai cambiamenti. Capitolo 1 di 4.

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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