Il “balzo della tigre” di Matteo Renzi. La nuova fase.

Le sorti del PD e del paese non si decidono al Congresso del PD.
La nuova sfida, il vero balzo della tigre, è diventare alimento ai fuochi che si stanno accendendo ovunque, senza odio, senza rancore, senza estremismi, rivendicando concretezza. In questo quadro Renzi ribadisce con forza che il suo ciclo alla guida del PD si è chiuso. Le frequentazioni con Barak Obama, i Comitati civici, il distacco dalle lotte di correnti dentro il PD (fino ad invitare i suoi sostenitori a capire che nessun candidato alle primarie può essere un nostro nemico perché il nemico sono le destre leghiste e grilline): questa è la nuova fase.

Letto 6750
Il “balzo della tigre” di Matteo Renzi. La nuova fase.

Abbiamo più volte su questo blog affrontato in maniera approfondita l’analisi della sconfitta del PD alle elezioni del 4 marzo (troverete alla fine di questo articolo i link dove è contenuto questo approfondimento).

Però, senza dimenticare cosa è accaduto, adesso è tempo di guardare al futuro.

E Matteo Renzi nell’ultima fase ha compiuto, guardando al futuro, quello che possiamo definire come un possente “balzo della tigre”.

Si è spinto verso ciò che sembrava inosabile, provando a portare i democratici (che sono molti di più, nel nostro paese, dei militanti del PD ma anche dei suoi stessi elettori) dentro le contraddizioni di una società sempre più frammentata, individualizzata e che proprio per questo necessita della creazione di nuovi legami sociali che non potranno mai essere più quei legami sociali conosciuti nel 900 basati su una società verticale e gerarchica

Prima la Leopolda e, poi, la recente intervista ad Avvenire tracciano in maniera inequivocabile questo percorso.

Gli ormeggi sono stati sganciati. Adesso si naviga in un mare sconosciuto (e mi piace citare la frase attribuita a Cristoforo Colombo che sostenne essere fondamentale per trovare nuove terre dimenticare e non avere nostalgia dei porti da cui si è partiti).

Alla base del ragionamento di Renzi sta la convinzione (che io ho da tempo) che le sorti future del centrosinistra e quindi del paese non si decidono al Congresso del PD, assise che appare sempre più come il luogo in cui si dovranno consumare le piccole vendette tra capi corrente, ripristinando vecchi riti e vecchi linguaggi ed alzando ammuffiti vessilli senza più significato.

Renzi, sia a chi gli chiede pressantemente la creazione di una nuova forza politica sia a chi gli chiede un impegno in prima persona dentro il percorso congressuale del PD, risponde con una mossa che sembra appunto il “balzo della tigre”, rapido, veloce, scattante, inaspettato.

Non acconsente a nessuno dei due percorsi che giudica politicisti e troppo autoreferenzialii e punta invece ad un autonomo protagonismo civico sia impegnando in prima persona gli attivisti nella formazione di veri e propri Comitati civici aperti a tutti e non solo agli elettori del PD, sia guardando con simpatia (e senza metterci sopra nessun cappello) a quei movimenti civici autonomi e senza bandiere che in queste settimane, guidati essenzialmente da donne, stanno portando in piazza decine di migliaia di persone nelle due città simbolo della forza dei grillini, Roma e Torino.

Nella intervista ad Avvenire lo dice esplicitamente: “Non mi infilo nella discussione del PD, nel chiacchiericcio congressuale. La mia sfida è provare a ricostruire un senso di comunità. Siamo ad un bivio, in Italia deve rinascere la voglia di impegnarsi in politica ed a me oggi interessa accendere quel fuoco”.

Renzi prende atto che la sinistra è in crisi nel mondo, non solo in Italia. E prende atto che il PD non basta, aggiungendo che “la forma più efficace di opposizione viene da pezzi di mondo politico e culturale che non stanno nel Pd, che non stanno nei partiti. C’è un fermento della società civile: la marcia di Torino, le iniziative a Roma contro Virginia Raggi e l’amministrazione Cinque stelle. Le capitali del grillismo civico hanno mandato segnali fortissimi. C’è più energia in questi comitati che nei partiti tradizionali”.

Nella intervista Matteo Renzi, pur rivendicando il fatto incontrovertibile di essere stato eletto per due volte consecutive con il 70% dei voti e pur ricordando di essere stato vittima, dal giorno dopo quelle vittorie, del fuoco amico, si dichiara oggi completamente estraneo dalle discussioni dentro il PD dichiarando con estrema nettezza che il suo “ciclo alla guida del partito è chiuso”.

È un nuovo Renzi che disegna nuovi motivi di impegno politico sociale.

L’amarezza è ormai alle spalle, quella amarezza che lo porta ancora a dire, con lucidità che “c’è una parte importante del gruppo dirigente a cui non ha dato noia il fatto che io abbia perso il referendum, ma che abbia vinto le elezioni europee. Se ci fosse stata più coesione le cose non sarebbero andate così, ma qualcuno tra i miei ha preferito fare la guerra al Matteo sbagliato”.

E non c’è alcuna rassegnazione nelle sue parole quando dichiara che gli interessano “le battaglie vere” e tutto ciò che può risultare utile al nostro paese.

E per attrezzarsi a queste battaglie vere gli tornerà sicuramente utile la vicinanza e i lunghi colloqui con Barak Obama con il quale ha avviato da tempo un vero gioco di squadra e che si sta concretizzando nella realizzazione di una scuola di formazione politica per giovani leader mondiali; quel Barak Obama che non sembra volere affatto recitare la parte dell’ex Presidente Usa in pensione e si delinea sempre più come il vero leader dei democratici di tutto il mondo.

E parlando dell’ultima Leopolda scatta in Renzi l’orgoglio “Renzi finito? L’ultima Leopolda è stata la più partecipata della storia. C’è una incredibile domanda di partecipazione. Spontanea. Contagiosa. Contro la cultura dell’odio che ci regalano Salvini e Di Maio”.

Ed il pensiero va a quella bellissima piazza piena di gente a Torino, senza bandiere di Partito ma con la parola SI come slogan; una piazza senza odio e che si raduna per affermare pensieri positivi, cose da fare, una piazza non estremista e che ha parlato il linguaggio della concretezza.

Renzi ha capito forse prima di tanti altri politici che il vento sta davvero cambiando. Ed afferma che oggi a lui interessa soltanto provare a sostenere il fuoco di questa nuova passione civile, senza mettere cappelli e senza ragionare su quello che potrebbe essere il passaggio successivo. Ciò che è importante oggi, dice Renzi, è saper guardare e cogliere “il fermento che agita la società, la passione politica che la scuote”.

Lo dice bene Umberto Minopoli, Matteo Renzi “mostra più fiuto dei burocrati del Pd. E sposta il baricentro dell’azione politica dei riformisti della sinistra: dal Pd alla società. Renzi si smarca dalla lotta interna al Pd (che è surreale, astratta, politicista, senza contenuti percepibili)”.

In tanti covavano l’idea di relegare Renzi nel dimenticatoio, riattivando la norma del Diritto romano della “damnatio memoriae” ed a questo sarebbe dovuto servire il Congresso del PD, liquidare Renzi ed aprire autostrade ad un futuro accordo servile (in cambio di poltrone che ad alcuni cominciano a mancare) con i 5 stelle.

Ma tutto questo è saltato.

Da un lato la Leopolda, con la sua straordinaria partecipazione militante, la più partecipata di sempre, che ha dimostrato che c’è un esercito di persone aperto, motivato e fortemente riflessivo e che si sente tutt’altro che sconfitto, dall’altro questi mesi di governo hanno reso evidente il suicidio a cui sarebbe destinato il PD in caso di una commistione con i grillini.

Lo sintetizza perfettamente Minopoli quando scrive che “di Renzi il Pd non può fare a meno, e dei 5 Stelle, come alleato futuro, non è più (per fortuna) il caso di parlarne”.

E alla luce di tutto questo emerge con chiarezza l’idea ed il percorso delineato alla Leopolda con la campagna per la costituzione dei Comitati civici (di cui trovate QUI tutte le indicazioni utili e le modalità operativo di funzionamento)

Quella idea, dice Minopoli, “di costruire iniziative sociali, culturali unitarie, comitati civici senza marchi di partito, aperti a chi si oppone al governo ma senza steccati di partito, ideologie vetuste, steccati politicisti è molto più attuale, necessaria e utile dello spettrale, rissoso e vuoto confronto di correnti nel Pd che logora l’opposizione nel momento più critico e di maggior discredito del governo. Un assurdo. I riformisti e chi oggi intende ribellarsi al populismo facciano altro: si mobilitino e si organizzino”.

LINK ALLEGATI CON ANALISI DELLA SCONFITTA.

La damnatio memoriae di Matteo Renzi. Il tentativo è quello di cancellarlo dalla nostra memoria patria.

Come è nato tutto questo odio verso Renzi, il Malaussène italiano?

 

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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