Una unione sovrana di stati sovrani
Alle prossime elezioni europee gli europeisti perderanno di brutto se si presenteranno con le stesse visioni e le solite alleanze delle altre volte. I sovranisti sono forti perché hanno una visione e mostrano anche una capacità di aggregarsi in un'alleanza tra forze che hanno il medesimo obiettivo.
- Scritto da Alfonso Pascale
- Pubblicato in Politica
Gli europeisti mostrano di avere un’idea molto debole dell’Unione europea: un’istituzione che fa quello che può. Ammettono che spesso le soluzioni dell’Ue ai problemi dei cittadini sono inefficaci. Ma ritengono di riscuotere comunque il consenso elencando i benefici arrecati dall’UE e i programmi europei finanziati e realizzati. Non vogliono capire che non si vincono le elezioni presentando solo una lista delle cose fatte. Il realismo non basta più. Le elezioni parlamentari italiane del 4 marzo scorso lo hanno dimostrato. Vincono le forze politiche che hanno una visione.
Per conquistare i cuori e le menti degli elettori, gli europeisti devono chiarire fino in fondo quale Europa vogliono costruire. Oggi. Non tra vent'anni. Devono dire cosa bisogna immediatamente rivedere nell’assetto istituzionale europeo per fare in modo che ci sia un modello decisionale democratico ed efficace.
Finora gli europeisti erano quelli che volevano fare gli Stati Uniti d'Europa.
Ma dietro quell'idea c'è un pregiudizio da cui liberarsi. Il pregiudizio è che gli Stati Uniti d'Europa debbano necessariamente essere un super-Stato. E che costruire la sovranità europea significhi creare un nuovo Stato sostitutivo degli Stati nazionali. In altre parole, si ritiene che questa nuova sovranità debba necessariamente derivare dalla costituzione di uno Stato federale, seppure articolato in unità territoriali nazionali.
Se non vogliono morire marginalizzati, gli europeisti devono togliersi dalla testa questa idea.
Perché gli europeisti devono abbandonare questo pregiudizio?
Per il semplice motivo che la stragrande maggioranza dei cittadini europei non ha alcuna intenzione di rinunciare alla propria identità nazionale.
Le identità nazionali presenti nell'UE hanno alcuni elementi storici in comune, ma anche significative differenze. Riconoscere queste differenze è una condizione esistenziale per l'UE.
Solo riconoscendo le identità nazionali si previene la loro trasformazione in nazionalismi.
L'identità nazionale rappresenta una realtà empirica e dinamica della vita collettiva, fatta di specificità ed elementi diversi da Paese a Paese in continua evoluzione e aperta al dialogo e all'interazione con altre identità nazionali; il nazionalismo invece è una costruzione ideologica di quest'ultima tesa a difendere staticamente quello che si è stato.
L'identità nazionale è inclusiva, il nazionalismo è esclusivo.
L'Europa unita non potrà essere uno Stato nazionale in grande. Essa potrà costruirsi sulla ricomposizione degli Stati nazionali all'interno di una Unione di Stati (e non già di uno Stato più grande). Una Unione connotata da una sovranità divisa. Non si tratta di trasferire la sovranità da Parigi o Roma a Bruxelles, ma di creare una Unione politica in cui gli Stati e il centro unionale sono rispettivamente sovrani in materie (o politiche) di loro competenza.
La sovranità non è una proprietà indivisibile dell'autorità.
L'Europa unita potrà essere solamente una Unione sovrana di Stati sovrani. Un paradosso politico che richiede una separazione verticale e orizzontale dei poteri per essere governato. La separazione multipla dei poteri costituisce l'assicurazione per la vita dell'Unione di Stati.
Attraverso la separazione verticale dei poteri si potrà impedire che i problemi di un Paese diventino i problemi dell'Unione. Attraverso la separazione orizzontale dei poteri si potrà garantire che ogni scelta presa dal potere esecutivo sarà controllata e bilanciata dal potere legislativo. E viceversa.
Se la politica europea e la politica degli Stati nazionali sono tenute separate, allora il disallineamento delle seconde non avrà effetti sulla prima. Se non vogliamo che il disallineamento delle politiche nazionali continui a produrre un esito paralizzante sull'Ue e il suo futuro, occorre dunque cambiare la governance di quest'ultima.
Finora questo tema non è stato affatto approfondito nel dibattito pubblico. Ma gli europeisti, se non elaborano una proposta concreta e la rendono comprensibile a milioni di persone, inesorabilmente perderanno le elezioni nella primavera del 2019.
Essere europeisti ha significato fino ad oggi costruire il mercato unico come via maestra per giungere ad una comunità politica che superasse gli Stati nazionali.
Secondo questa visione, mercato e politica erano destinati a sovrapporsi sul piano sovranazionale, esattamente come si erano sovrapposti sul piano nazionale. Dando così vita agli Stati Uniti d'Europa, obiettivo ritenuto condiviso da tutti gli Stati europei.
Così però non è avvenuto.
Non solamente gli Stati nazionali si sono mostrati più resilienti di quanto prevedesse il vecchio europeismo. Ma le crisi multiple dell'ultimo decennio (e la Brexit) hanno anche mostrato che essi perseguono prospettive integrazioniste diverse.
Incapaci di leggere questa nuova realtà, gli europeisti si sono intestarditi a perseguire il vecchio sogno e si sono condannati all'irrilevanza.
Oggi gli europeisti devono costruire ex novo la propria visione e dire con chiarezza quale governance vogliono, differenziando la proposta tra l'UE più larga (fatta di Paesi che hanno la prospettiva di stare esclusivamente in un mercato unico) e l'UE più ristretta (coincidente con l'Eurozona) che continuerà ad operare anche nella prima.
E su questa visione gli europeisti devono costruire un’alleanza di forze politiche a livello europeo che intendono battere i sovranisti e i nazionalisti.
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Alfonso Pascale
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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