Il sogno irrealizzabile di Repubblica di un PD senza Renzi
Ma Renzi, come scrive Ciriaco su Repubblica, è davvero assediato dentro il PD? E che assedio sarebbe quello di una minoranza che ha perso il congresso e le primarie? Non congiura certo Veltroni che dispensa consigli anche molto critici ma che è ben consapevole che una defenestrazione di Renzi provocherebbe nel Partito profonde lacerazioni insanabili e la nascita di un movimento liberaldemocratico di sinistra e radicale che cancellerebbe, esso sì, il Partito Democratico. Registriamo la agitazione febbrile e gaglioffa di queste ore nel piccolo accampamento di reduci degli scissionisti che brindano alla vittoria del centrodestra in Sicilia e non ragionano sulla loro irrilevanza
Tommaso Ciriaco su Repubblica ha scritto un articolo vacuo ed esilarante dove parla di un Renzi assediato dentro il PD.
Poi se si leggono i protagonisti di questo assedio vedi i soliti nomi della minoranza, quella sconfitta nettamente alle primarie con l’aggiunta del nome di Franceschini che è abituato a cambiare spesso cavallo (lo fece scaricando Veltroni e montando sul cavallo di Bersani per poi scaricarlo e montare sul cavallo di Renzi).
Un articolo vacuo ed esilarante, dove i protagonisti sono quelli di sempre, gli oppositori storici di Renzi che alle primarie presero il 20% (Cuperlo e Orlando) ed un personaggio come Franceschini che è sempre stato in maggioranza con tutti i segretari.
Renzi ha la sua forza nella base del PD, in quel milione e 300.000 persone che lo adorano. La defenestrazione cruenta di Renzi porterebbe via dal PD tanti voti (il mio di sicuro) molti di più di quelli che potrebbe acquistare con una manovra di palazzo. Sarà invece Renzi (ma lo ha già detto a Napoli) se ce ne fosse bisogno a fare un passo indietro e ad indicare (come fece con Gentiloni) il suo successore se la premiership dovesse andare dopo il voto al PD. Restando però Segretario e dopo aver fatto le liste rinnovando ed includendo pezzi importanti di società civile.
Ciriaco inzuppa l’articolo con nomi messi lì a caso, evoca Veltroni che invece sa bene che una defenestrazione di Renzi provocherebbe nel Partito profonde lacerazioni insanabili e la nascita di un movimento liberaldemocratico di sinistra e radicale che cancellerebbe, esso sì, il Partito Democratico.
Evoca Minniti che invece non ha mai nascosto il suo legame con Renzi.
I cosiddetti congiurati (veri o falsi che siano) si fermano qui.
E su questa vacuità Ciriaco ci costruisce un pezzo retroscenista con un titolo assertivo e forte “Pd, si allarga il fronte anti Renzi: assedio sul cambio leader”.
L’articolo (ma devo dire moltissimi commentatori) poi non tiene conto delle posizioni ormai da tempo assunte da Renzi e dalle persone che collaborano strettamente con lui, soprattutto il vicesegretario Martina ed il suo portavoce Richetti.
Da mesi il PD parla di coalizione ed a Napoli è stato lo stesso Renzi a dire che non poniamo veti verso nessuno e che il confronto deve essere essenzialmente programmatico. Non solo quindi l’appello scontato a Pisapia ed a Campo Democratico ma anche addirittura a MdP che però proprio ieri per bocca di molti suoi autorevoli esponenti ha risposto picche in ogni caso ad un accordo coalizionale con il PD.
Ha detto l’intellettuale della magna grecia Nico Stumpo: “Non si fanno alleanze a dispetto dei santi, al PD manca ossigeno al cervello” ed ha aggiunto un tal D’attorre: “Renzi si deve dimettere” ed il povero Gotor (a cui Bersani ha prosciugato tutta la creatività di bravo storico riducendolo ad un suo personale ragazzo pon pon): “Non riesco proprio a vederla l’alleanza con il PD” ed il bersanianissimo Di Traglia (fu il responsabile della Comunicazione ai tempi della Ditta bersaniana): “non ci servono ponti e pontieri”.
La storia delle alleanze in Sicilia d’altra parte dimostra chiaramente qual è l’orientamento nazionale di Bersani e soprattutto D’Alema. L’alleanza che aveva vinto a Palermo (comprensiva delle sinistre locali) aveva chiesto al PD di fare un passo indietro sul candidato governatore. Il PD, dopo aver sondato la disponibilità di Grasso ed avendone avuto un rifiuto (ora capiamo perché), ha fatto il passo indietro che gli veniva chiesto, la coalizione che aveva vinto a Palermo propone il rettore Fabrizio Micari, il PD accetta di appoggiarlo. A quel punto dal nazionale scatta il veto e, in alternativa a Micari, viene candidato Claudio Fava.
Perché l’obiettivo di MdP non è vincere le elezioni o costruire una sinistra di governo ma soltanto ammazzare politicamente Matteo Renzi.
Ed è profondamente sbagliato anche dire che “sul campo restano le due parti rotte del PD” come fa salomonicamente l’ex direttore Ezio Mauro equiparando la forza riformista del PD renziano (e vi risparmio qui il lungo elenco di riforme “effettivamente” fatte e non proclamate durante i 1000 giorni) con una pattuglia di ex apparato guidato da settantenni che nel lessico stesso dimostra di avere lo sguardo tutto rivolto al passato, “ricostruire” dicono, “rifondare”, “rifare” e di avere paura del futuro, un futuro di un mondo che ha cambiato e sta cambiando vertiginosamente pelle e per il quale a sinistra non servono le vecchie parole d’ordine ed i vecchi vessilli ma uno sguardo completamente diverso.
Ma tornando all’esilarante articolo di Tommaso Ciriaco c’è da dire che viene completamente ignorata un'altra importante apertura che Renzi aveva fatto a Napoli quando rivolto alle prime file della platea composte dai massimi dirigenti del PD aveva affermato che il “tema non è chi tra di noi farà il premier ma se il prossimo premier spetterà al PD”.
Cosa deve dire di più Matteo Renzi di questo? La questione vera è che in tanti lo vorrebbero fuori per sempre dalla vita politica italiana, ma Matteo ha soli 42 anni, un possente esercito di seguaci e tanto, tanto tempo davanti a sé.
Ed in queste prime ore dopo il voto siciliano che ha visto la vittoria del centrodestra e la inequivocabile sconfitta del PD e dei cinque stelle è partito l’ultimo assalto a Renzi e i finti retroscena alla Tommaso Ciriaco fanno parte di questo scenario.
È un assalto annunciato e programmato da tempo come era annunciata la sconfitta alle Regionali siciliane (l’ennesima per il centrosinistra, ricordo ancora lo stupore di quel 61 a 0 inflitto da Berlusconi a Prodi ed alla Ditta).
Anche in questo caso, come fu per il referendum, l’accozzaglia è varia e variopinta e tiene insieme gli interessi colpiti dalle tante riforme dei 1000 giorni, i difensori di Banca d’Italia contro l’invadenza del PD che in Commissione d’inchiesta sta cominciando a svelare gli altarini, gli editori (anche quello di Ciriaco) in combutta con i banchieri (altro che conflitto di interesse inesistente della Boschi), vecchi arnesi della politica che Renzi ha fatto scendere da cavallo, una marea di frustrati che non trovano più neanche uno strapuntino dopo essere stati per anni, a tutti i livelli, nei centri di comando della sinistra.
Ma ha ragione un vecchio compagno che come me viene dal PCI a scrivere: “la rottura riformistica con il massimalismo è talmente profonda che prescinderà persino da Matteo Renzi”.
E questo vecchio compagno vuole dire che la agitazione febbrile e gaglioffa di queste ore in quel piccolo accampamento di reduci a cui si sono ridotti compagni che pure hanno una loro storia (pur se inutile e negativa) non è altro che il loro ultimo canto del cigno.
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Enzo Puro
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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