L’industria comportamentale del terzo millennio; l’uomo come un ratto nella Skinner-Box

Gli algoritmi sono fatti per distruggere la libertà, per rimuovere la responsabilità della scelta e per spingere gli uomini in direzioni preordinate, come automi, attraverso il senso di “partecipazione” e di “onnipotenza” che riescono a evocare

Letto 8840
L’industria comportamentale del terzo millennio; l’uomo come un ratto nella Skinner-Box

Che cos’è la Skinner-Box? È l’invenzione (per così dire) dello psicologo americano Burrhus Skinner che, basandosi sugli studi classici del condizionamento animale di Ivan Pavlov, ha scoperto che la comprensione, l’acquisizione della “conoscenza”, non sempre e non necessariamente segue la classica curva di apprendimento basata sul paradigma dei “tentativi ed errori” descritto da un altro psicologo statunitense (Edward Lee Thorndike).

Skinner postulò l’apprendimento in una sorta di contingenza a tre termini: stimolo discriminante, risposta comportamentale e stimolo rafforzatore; in altre parole, secondo Skinner l’apprendimento non passa necessariamente dalle fasi di errore (con i conseguenti effetti collaterali delle punizioni), ma, con opportune tecniche, può essere progettato (il termine non è casuale) secondo il paradigma dell’errorless learning.

La tecnica messa a punto da Skinner è anche nota come “condizionamento operante” e si contrappone al condizionamento classico di Pavlov.

Nel suo famoso esperimento Pavlov ha descritto come la visione del cibo potesse provocare l’attivazione della salivazione nel cane (riflesso incondizionato); egli ha quindi associato, nel suo esperimento, il tintinnio di un campanello ogni qualvolta ai cani veniva somministrato del cibo; ha, infine, osservato come il suono del campanello, anche in assenza della visione cibo, fosse in grado di stimolare la salivazione del cane (riflesso condizionato). Pertanto il riflesso incondizionato (la salivazione a seguito della visione del cibo) può diventare condizionato in presenza di uno stimolo neutro (il campanello) associato al riflesso incondizionato: il cane di Pavlov inizierà a salivare ogni qualvolta dovesse sentire il tintinnio del campanello in quanto lo associa al cibo.

Nell’esperimento di Skinner a un ratto è somministrato del cibo ogni volta che abbia premuto una leva: inizialmente il comportamento di pressione della leva ha scarsi effetti, ma le probabilità che il ratto prema la leva per ottenere il cibo aumentano man mano che l’ottiene; se, poi, il cibo è somministrato solo con la luce accesa, l’effetto che si ottiene saranno un maggior numero di pressioni della leva con la luce accesa piuttosto che spenta.

Skinner, sulla base di questi esperimenti, ha scoperto che è possibile il paradigma Risposta-Stimolo, contrapposto a quello classico di Stimolo-Risposta postulato da Pavlov; inoltre ha scoperto che lo stimolo neutro (la luce) non provoca di per sé una risposta ma, semplicemente, la rende più probabile.

Il lavoro di Skinner è molto importante perché egli ha compreso che il “libero arbitrio” in realtà non esiste (o, se esistesse, sarebbe limitato a pochissimi che abbiano piena consapevolezza) in quanto una persona all’interno di una Skinner-Box ha l’illusione di ottenere elementi di gratificazione (il cibo per il ratto) con la pressione della leva, ma, in realtà, la gratificazione gli viene somministrata da chi è all’esterno della scatola.

La crescita smisurata di “stimoli” diffusi con i social-media, da questo punto di vista, è l’equivalente di una gigantesca Skinner-Box all’interno della quale tutti noi utilizzatori mettiamo in atto una serie di comportamenti e di reazioni che abbiamo l’illusione di controllare in prima persona, ma che, in realtà, sono progettati con sofisticati algoritmi che inducono precise risposte e precise reazioni nell’ambito del “condizionamento operante”.

In quest’ottica non è difficile riconoscere le più grossolane manipolazioni delle coscienze (es. la foto del presunto funerale di Stato di Riina al quale avrebbero partecipato Maria Elena Boschi e Laura Boldrini), ma ce ne sono tante altre, elaborate con tecniche più sottili, con algoritmi matematici estremamente sofisticati, dai quali è difficile difendersi: messaggi che sono inseriti nel contenitore dei social-media come stimoli “neutri” che, però, riescono a condizionare e a orientare nel senso voluto dal “proprietario” dell’algoritmo le vittime.

Apparentemente sembra uno scenario orwelliano nel quale un Grande Fratello osserva, studia, elabora strategie che possano determinare precisi comportamenti, ma, se riflettiamo bene, è il presente, è l’attualità, è il mondo così come lo stiamo vivendo in questo momento.

Algoritmi, calcoli matematici, flussi di informazione oculatamente somministrati che riescono a determinare risposte di rabbia (a volte di puro odio) in chi le riceve e che sono decisive per orientare le coscienze, per fare perdere o guadagnare consenso giacché, nell’industria comportamentale il modello antropologico è un essere molto complesso, molto sofisticato, ma sostanzialmente prevedibile nelle risposte che quell’industria riesce a evocare.

Ecco – e sono appena accennate – le basi di quell’industria del consenso che sta dietro i populismi; è una visione apocalittica, una visione sconvolgente, spaventosa, quasi tragica, ma, purtroppo, reale, concreta, evidente che sta, un giorno dopo l’altro, trasformando gli uomini in burattini manovrati da fili invisibili che controllano la mente, sta trasformando gli uomini in ratti all’interno di una Skinner-box controllata da terzi (non sempre invisibili) soggetti che ci somministrano gratificazioni (che non sempre sono positive, basti pensare alla rabbia elicitata e orientata) in cambio di consenso.

Letto 8840

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Fabrizio Pulvirenti

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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