Roma: tra Raggi e Destra, l’unico è Giachetti. Faccia brillare la voglia di vincere
Piccolo punto su Roma. Tra una destra sempre più unfit, una sinistra-sinistra soffocata dall’antirenzismo e una Raggi eterodiretta che “buca”, l’unico adatto a guidare la Capitale è Roberto Giachetti
- Scritto da Massimo Micucci
- Pubblicato in Roma
La campagna delle primarie ha indicato l’unico candidato fino ad ora credibile per governare Roma. Roberto Giachetti è infatti il solo dei candidati finora noti che abbia la competenza e la forza politica per governare la “Questione Capitale”. Assieme al governo e anche imponendosi sul governo: contrapponendosi al governo centrale, la Capitale non si governa.
Gli altri che sono in fila sono intrinsecamente “unfit” inadatti. La prova di Storace alla Regione Lazio è stata sconcertante. La Meloni è figlia di Ballarò, non meno che di Alemanno e Polverini, come Nefertiti è figlia del Nilo. Il curriculumdi Bertolaso è un ricordo sbiadito e insincero, quando parla dell’oggi fa casini. Marchini s’è civicamente perso tra i meandri delle destra. La destra è in preda alla salvinite vulgaris, una malattia autoimmune, che dà origine a risposte anomale dirette contro componenti dell’organismo stesso.Per ragioni che con Roma non hanno nulla a che fare.
Lo stesso dicasi per chi si colloca a sinistra del PD: c’è uno scontento incrociato in SEL – divisa tra anti-Renzi e pro-sinistra – verso la grigia esperienza del dirigente di seconda fascia Fassina e anche verso Marino, le cui vere memorie – piuttosto che nel tanto decantato libro in uscita– sono in mano ai romani, a Cantone e alla procura. Né, allo stesso tempo, si vede bene perché l’elettorato di Sel non dovrebbe votare per il sindaco Giachetti.
I candidati però non vincono solo perché adatti. La Raggi è stata una lucida scelta di Casaleggio, almeno quanto la decisione di eliminare fisicamente la candidata di Milano. Virginia è “carina” e “buca”, cioè ha passato il provino dei grandi vecchi del Movimento: può piacere a qualunque elettore dummie, anche di destra. Virginia ha sottoscritto, speriamo solo metaforicamente, le dimissioni in bianco che pretende l’Obergruppenführer milanese: è eterodiretta, ma bene. Le basta mostrare una identità sola: essere “contro” quel che c’è stato prima, sempre e comunque. Non deve parlare d’altro. Trasporti e fallimenti? Facciamo pulizia. I soldi? Si trovano facendo pulizia. Sicurezza, periferie, campi Rom? Pulizia e polizia. I rifiuti invadono Roma senza discarica e termo? Basta fare pulizia. I fannulloni? Ma no, ci sono tante brave persone, basta fare pulizia. Gli altri sonosporchi, soprattutto il PD, ma lascia capire che i voti dei fascio-leghisti al ballottaggio non le dispiacciono. Chi si accontenta goda.
Giachetti è di un’altra pasta: è popolare e non populista, è radicale e non radicaleggiante, ha molta più esperienza amministrativa a Roma di tutti gli altri messi insieme, si batte per il rinnovamento della politica da prima di Renzi e anche per questo è libero anche rispetto a Renzi (lo ha dimostrato su punti chiave). E’ costruttivo e non appartiene alla nomenklaturaromana, non ne dipende anzi ne è malvisto. Certo è osteggiato dai pregiudizi del FLAR (Fronte di Liberazione Anti-Renzi). Ma il suo vero nemico è proprio la pessima performance di Marino di cui il PD s’è fatto carico a Roma.
Roma andava commissariata per Mafia. La lunga agonia imposta da Marino per evitare lo scioglimento per mafia – i rimpasti, le dimissioni poi ritirate, i commissariamenti del partito – haaggravato la sensazione che quella classe dirigente fosse senza rimedio. Questo è lo sfondo appiccicoso da cui deve emergere e distaccarsi Giachetti: con le parole (che ci sono), col piglio (che ancora non si vede), con la determinazione e competenza (che invece possiede), e con le liste, non solo la sua ma quella del PD, che deve pretendere siano rivoluzionarie e credibili.
Dopo il sindaco parolaio, Roma ha bisogno di politica, di un’alleanza col governo centrale, di idee serie, forti e realizzabili, su punti chiave come quelli cui Giachetti ha già accennato. Ma perché prenda forza la sua motivazione a vincere per Romadeve emergere la voglia di vincere in sé. Insomma quello che già c’è in Giachetti, deve brillare. Può.
Articolo originale apparso su Il Rottamatore
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Massimo Micucci
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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