Il paradosso italiano

Votare PD è scegliere il meno peggio o dotarsi di buon senso?

Letto 4365
Il paradosso italiano

Sembra uno scherzo del destino che uno come me si trovi in questo contesto elettorale a dover difendere il PD. Un partito che non ho mai amato fin dalla sua nascita ma che ritengo oggi l'unico che possa arginare l'ondata di quelle culture aggressive, illiberali ed antieuropee in grado, a mio avviso, di danneggiare fortemente la convivenza democratica e forse (ma non me lo auguro proprio) la stabilità stessa delle nostre istituzioni.

Provengo da una cultura libertaria, laica, socialista e liberale, e con un partito nato dallo scheletro del PCI e da una costola della DC non avrei molto da spartire. In Italia fin dai primi anni della nostra Repubblica è mancato un grande partito riformista socialdemocratico, fondato su quell'unità socialista che decenni fa Craxi aveva invano cercato e che fu tanto osteggiata da comunisti come, guarda caso, un certo D'Alema. E già il riferimento all'inverecondo baffino ci dovrebbe immediatamente far apparire la somma dei danni fatti da questo esecrabile personaggio. Danni ingentissimi per la sinistra e per l'Italia.

Invece rischia di farne le spese il PD, ritenuto responsabile di mal governo. In realtà i governi a guida PD, per quanto discutibili possano essere stati, hanno oggettivamente migliorato questo paese e, rapportati ai governi del ventennio precedente, si sono distinti in modo macroscopico per la loro efficienza.

Prendiamo ad esempio la famigerata Legge 107, quella più conosciuta come Buona Scuola. I docenti l'hanno totalmente osteggiata, ma, vi assicuro, nessuno l'ha mai letta. Tipico degli insegnanti italiani. Una legge che stanzia miliardi per l'edilizia scolastica, immette in ruolo 150 mila precari, offre 500 euro per la formazione di ogni docente, stoppa le classi “pollaio” e introduce l'alternanza scuola lavoro non è assolutamente una cattiva legge. Punto. E per di più se la mettiamo a confronto con la Legge Gelmini, allora accettata remissivamente da tutte le componenti della scuola, la 107 brilla di luce propria.

Le stesse considerazioni si potrebbero fare con il jobs act e con tutto quello che è stato fatto sulla giustizia, sulla sicurezza e la legalità, sulle tasse, sul sociale, sulla pubblica amministrazione, sull'ambiente, sulla cultura.

Per non parlare di economia: si può affermare che i governi PD hanno peggiorato la situazione? Dati e statistiche sono lì a smentire chiunque. L'unica osservazione fattibile è che si poteva fare di più. Ma chi può permettersi tale critica? Il centrodestra? Cioè la stessa coalizione (oggi per di più qualitativamente peggiorata) che ci ha portato sull'orlo del disastro? Oppure il M5S? Cioè quell'accozzaglia eterogenea di rancorosi bipolari che hanno detto tutto e il contrario di tutto? E che hanno dato prova di inefficienza e pressapochismo imbarazzanti laddove si sono insediati ad amministrare? Di LEU non mi curo, nemmeno li guardo e passo.

Dunque questo è quello che chiamo il paradosso italiano: governi seri e funzionanti che dopo un ventennio di nulla assoluto vengono avversati con paranoica ossessione, senza un minimo di obiettività, aggrediti da una violenza mediatica che mi fa venire più di un sospetto.

Sulla necessità di votare PD, ad esempio, l'articolo sul Post di Francesco Costa dal titolo “Guardiamoci negli occhi” è decisamente condivisibile. Non approvo però il suo tono dimesso e uno sconforto un po' troppo osteggiato, da quello che insomma “se ci fosse la sinistra che intendo io, però, sarebbe tutto diverso”. Forse è proprio qui il problema: anche lui nel tentativo encomiabile e coraggioso di convincere gli altri a votare il partito di Renzi non riesce tuttavia a nascondere la nostalgia di una certa sinistra. Inoltre non sono poi così convinto, come lui afferma, che Renzi “dal 4 dicembre 2016 a oggi abbia sbagliato tutto quello che poteva sbagliare”: alla fin fine dopo la batosta ha stravinto le primarie e ha tenuto un tono più equilibrato che dimesso. D'altra parte che doveva fare? Andarsene per far contenti i gufi D'Alema e Bersani? Dai, siamo seri.

Non mi persuade invece la risposta di Luca Sofri a Costa dal titolo “Cosa non mi convince”. È decisamente fuorviante la domanda che lui fa agli elettori di sinistra: “andreste sicuramente a votare per il meno peggio in un ballottaggio tra Salvini e Meloni”? Addirittura mi inquieta un suo passaggio laddove afferma: “C’è infatti un’altra possibile motivazione nella scelta di voto di cui penso valga la pena tenere conto, e che ha maggiore nobiltà e lungimiranza di quelle descritte: e ne ha almeno quanto quella principale di dare al paese un miglior parlamento e un miglior governo, domani. Ed è quella di darglielo dopodomani”. Che cosa vuol dire? Un po' di opposizione fa sempre bene? Diamo in mano, magari per cinque “brevi” anni, il paese a qualche scellerato, così intanto la sinistra si rigenera? Spero di aver interpretato male le parole di Sofri, perché in caso contrario ne sarei profondamente deluso.

Il discorso mi sembra semplice e chiaro: abbiamo sopportato per 20 anni governi irritanti e inconcludenti di centrodestra e di centrosinistra e rispetto ad essi i governi Renzi e Gentiloni hanno sostanzialmente governato più che bene.

Votare PD o la coalizione di centrosinistra, dunque, non è votare il meno peggio. È un voto di buon senso. Quello che purtroppo manca alla maggioranza degli Italiani.

Letto 4365

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Alessandro Ceradini

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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