I pubblici dipendenti un volàno per il rilancio del Paese
Investire nella Pubblica Amministrazione per la ripresa dell’economia
- Scritto da Sandra Pagani
- Pubblicato in Lavoro Pubblico
“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”. Non si tratta di un libro dei sogni, né di una frase presa dalle dichiarazioni di qualche sindacalista del pubblico impiego.
Si tratta della Costituzione (art. 98, I° comma), di ciò che il Costituente pensa che debba essere il ruolo dei lavoratori alle dipendenze della Pubblica Amministrazione. Ed è una norma di rango costituzionale che, ed è sotto gli occhi di tutti, viene continuamente svilita e depotenziata nei contenuti da norme inferiori quali leggi ordinarie e decreti di tutti i generi.
Come si può affermare che le lavoratrici e i lavoratori sono all’esclusivo servizio della Nazione quando vengono in continuazione considerati solo come bancomat dal Governo? Se servono solo ad attingere tasse e subire limitazioni per ripianare il bilancio dello Stato? Se ormai è sempre più in voga il precariato nella P.A., se la formazione viene tagliata se non cancellata sistematicamente, se gli sviluppi di carriera e gli stipendi sono bloccati dal 2009 quali motivazioni possono avere questi lavoratori? Si sentono veramente “al servizio esclusivo della Nazione” o soltanto presi in giro?
Rispondere a queste domande è fondamentale per capire a che punto è arrivato il pubblico impiego. La riforma della pubblica amministrazione, di cui si parla da troppi anni, ormai, sta andando, paradossalmente, nella direzione opposta non rispondendo in alcun modo a questi interrogativi e ai precetti costituzionali.
Numerosi sono stati, dal 2008 a oggi, gli interventi normativi emanati dai Governi di turno. Gli effetti di tali modificazioni sono stati disaggreganti. In alcuni casi addirittura paradossali.
Paradigmatico è stato il rafforzamento del ruolo delle autonomie territoriali. La classe politica di Regioni e Enti locali, infatti, si è dimostrata del tutto incapace di raggiungere gli obiettivi della riforma del titolo V della Costituzione poiché ha aumentato, contrariamente a i suoi intenti, fenomeni di corruzione, sperpero di denaro pubblico e partitocrazia.
Se non fosse già chiaro così, basti pensare alla cosiddetta abolizione delle province, che oggi si chiamano Enti di area vasta. Questa “finta riformina” è il chiaro esempio di come la politica, mediaticamente e con annunci roboanti, fa credere al popolo di aver eliminato il “marcio”.
In realtà è solo un “gioco delle tre carte” con il fine di mantenere privilegi creati dalla politica stessa per la gestione di clientele e per l’acquisizione del consenso elettorale. Anche qui l’unico effetto concreto non è quello di sottrarre alla partitocrazia questi nuovi-vecchi enti ma soltanto di trasferire i dipendenti nelle altre amministrazioni pubbliche per supplire alle carenze che il Governo ha creato attraverso i tagli lineari ai servizi erogati dalla PA.
Rimettere al centro il servizio al cittadino e non gli interessi personali di questo o quel partito sarebbe la vera riforma!
Ripartire dalla buona pubblica amministrazione, da quella che funziona. E ce n’è!
Rilanciare la pubblica amministrazione con investimenti sulle risorse umane e strumentali. Basta con le politiche fatte solo di tagli, di minacce e di annunci.
Restituire al dipendente pubblico l’orgoglio di servire il nostro Paese! Questa è la vera molla di una buona riforma della Pubblica amministrazione!
Riforma che deve, necessariamente, partire dalla separazione dello stretto legame tra politica e amministrazione. Riforma che deve individuare nuovi sistemi di valutazione della performance e di investimenti. Formazione, tecnologia, sistemi premianti veri, devono essere i volàni del rilancio della Pubblica Amministrazione.
La consapevolezza che questo percorso non è di facile raggiungimento non deve essere un ostacolo. Una analisi dettagliata, seria, dei punti di forza e di caduta della Pubblica Amministrazione, come fu realizzata nel 1979 e sintetizzata nel rapporto Giannini, è il primo passo per il vero cambiamento.
Ci vuole senso di responsabilità per fare questo. Responsabilità per restituire alla P.A. la propria ragion d’essere: quella di dimensione al servizio del Paese che le è propria.
Un’economia non può funzionare bene senza uno stato che funzioni bene, la ripresa della crescita del Paese richiede, contestualmente, una altrettanto vigorosa crescita dell’efficienza della amministrazione pubblica.
Quale Governo troverà il coraggio di realizzarla? Non è difficile cambiare verso, basta trovare il coraggio e la volontà di farlo!!!!!
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Sandra Pagani
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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