Sanremo: lettera a un milite ignoto
Dedico a te che sei una specie di milite ignoto il mio editoriale di oggi, a te che sei molto, ma molto arrabbiato perché certe cose le sapevi benissimo, perché le hai dette cento volte ai tuoi capi, perché hai dovuto sopportare lo sguardo di commiserazione dei furbi. So che ci sei, uno come te c’è in tutte le organizzazioni, ed è a te che voglio rivolgermi. Anche io sono molto arrabbiato
- Scritto da Carlo Mochi Sismondi
- Pubblicato in Lavoro Pubblico
So che ci sei, uno come te c’è in tutte le organizzazioni, anzi in generale ce ne sono ben più di uno ed è a te che voglio rivolgermi. A te che lavori nel comune di Sanremo, che ora con ovvia battuta è divenuto il “festival dei fannulloni”, ma che, nonostante i tuoi colleghi facessero di tutto invece di lavorare, hai fatto sempre lo stesso il tuo dovere, anzi un po’ di più perché facevi anche il lavoro degli altri.
A te che trovi la ragione del tuo lavoro nel valore pubblico che generi, che fai tutto quel che puoi, ogni giorno, perché quando ti guardi allo specchio vuoi vedere la faccia di una persona per bene, a te che i problemi invece di crearli cerchi di risolverli.
Dedico a te che sei una specie di milite ignoto il mio editoriale di oggi, a te che sei molto, ma molto arrabbiato perché certe cose le sapevi benissimo, perché le hai dette cento volte ai tuoi capi, perché hai dovuto sopportare lo sguardo di commiserazione dei furbi, perché hai visto passarti avanti colleghi per tutto meno che per merito, perché ormai sei quasi senza speranza, ed è difficile darti torto.
Anche io sono molto arrabbiato.
Sono arrabbiato perché sono oltre venticinque anni che, pur senza essere mai stato un dipendente pubblico, difendo la PA dai luoghi comuni, ma questa volta faccio grande fatica a giustificare un autogol così smaccato. Un autogol che peserà moltissimo nel peggiorare ancor di più l’immagine del lavoro pubblico e che ti renderà difficile spiegare a tuo figlio che fai senza aggiungere un “ma io…” che ti distingua da uno stereotipo troppo facile.
Sono arrabbiato per la sfrontatezza del reato che è sempre segno di una sicura impunità, ma lo sono ancor di più perché, andando a guardare nel sito del Comune di Sanremo, scopro che tutti i dirigenti hanno avuto la stessa retribuzione di risultato - tutti uguali e tutti il massimo, il 100%, un po’ più di 16mila euro l’anno - ma nessuno si è accorto che gli uffici erano spesso vuoti, neanche il direttore del personale.
Sono arrabbiato perché c’è una legge dello Stato che impedisce di dare a tutti lo stesso perché c’è sempre chi se lo merita e chi no, ma per discernere bisogna impegnarsi ed è spesso più comodo non farlo. Perché so che in ogni organizzazione almeno un 20% del personale lavorerà sempre e nonostante tutto e lo farà soprattutto per dignità, mentre un 15% cercherà comunque di fare il furbo, ma c’è l’altro 65% che non è fatto né di fannulloni né di furbi, che non è portato per grandi eroismi, ma se ben diretto e con buoni esempi segue strade virtuose, se no si spalanca la “banalità del male” e quel che è illecito diventa normalità. Solo così si spiega la tranquilla reiterazione della trasgressione che abbiamo visto.
Ma sono arrabbiato anche con il sindacato che di fronte a questi obbrobri si limita a sospendere chi faceva canottaggio dopo aver timbrato: chissà a chi riserverà l’espulsione?
E sono arrabbiato contro il sindaco e il segretario generale che si trincerano dietro ai tre gradi di giudizio per non infliggere quei procedimenti disciplinari che pure la legge consente, avallando ancora una volta uno scaricabarile continuo che ha portato la polizia a constatare cose che ogni dirigente diligente avrebbe dovuto capire da solo, e a chiamare la magistratura a svolgere i compiti per cui paghiamo i vertici del comune.
Sono arrabbiato infine perché questa brutta storia renderà sempre più difficile parlare dei diritti dei lavoratori pubblici, di questi lunghi anni senza contratto in cui i salari hanno drammaticamente perso potere d’acquisto. E diventerà così politicamente pericoloso, in termini di consenso di un’opinione pubblica stremata dalla crisi e che ancora stenta a vedere la ripresa, progettare invece un vero turnover che apra le porte della PA ai giovani e ragionare di nuovi necessari investimenti in formazione del personale, visto che abbiamo il più basso numero di giornate di formazione per dipendente di tutta Europa e la PA in assoluto più vecchia.
Non so amico mio se vedrai licenziati i tuoi dirigenti che, specie in un comune non grandissimo, non potevano non sapere, ma invece di investigare, capire, giudicare e, se serve, punire, si sono appoggiati alla magistratura. Io lo spero proprio, ma ci credo poco.
Ti prego però, non ti arrendere. L’amministrazione pubblica è infatti, e lo sai bene, presidio di democrazia e garanzia dei diritti di tutti, ma soprattutto delle fasce più deboli: di te oggi abbiamo disperatamente bisogno.
(Articolo originale apparso su Forum PA)
Dati social all'8 febbraio 2016
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Carlo Mochi Sismondi
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Aggiornato al 31 marzo 2018
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