Una mamma italiana

La spiaggia di Ilaria

Letto 6380
Una mamma italiana

L’intervista a Luciana era dovuta. Ormai a intervalli periodici le tocca. Quando salta fuori una novità, vanno sempre da lei. Anche perché’ non possono ignorarla. Ha resistito per 22 anni. E nell’ultima intervista, adesso che è sola e malata, ha parlato di una farsa. E di schifezze.

La farsa va in scena con finanziamenti pubblici, anche quelli della cooperazione italiana. Ma non solo. Quella cooperazione intrisa di Tangentopoli. Le scenografie della farsa sono gentilmente offerte dalla società Shifco. La farsa è ambientata in guerra, una guerra civile. Anche Luciana si sente in guerra, ma è a casa. A Roma, quartiere Vigna Clara. Le telefona la figlia Ilaria, che è in Africa, a contatto con le milizie. La tranquillizza, sta bene e va a fare una doccia. Presto manderà il suo servizio al TG. Ilaria ha già chiamato Flavio per anticipargli il servizio. Passano due ore. Flavio è lì, come tutti i giorni. E’ il conduttore del TG che annuncia la morte di Ilaria. Flavio in diretta si commuove. Vorrebbe chiamarla solo Ilaria. Infischiandosene della diretta e dei telespettatori, almeno per quell’edizione. Ma la professionalità gl’impone di dire nome e cognome. E Flavio allora deve dirlo ”La nostra collega Ilaria Alpi“.

Nella farsa a poco a poco scompaiono attori e interpreti. Alcuni muoiono. Altri spariscono, per poi ricomparire a migliaia di chilometri di distanza. Dopo una lunga pausa. Tanto che i critici trovano affinità con un’altra farsa, in grande stile. Quella della nave Moby Prince, con centinaia di interpreti che scompaiono prima di diventare attori. Muoiono affogati silenziosamente, mentre intorno gli attori mettono perfino in scena la nebbia. E la Shifco cura anche stavolta le scenografie, in co-produzione Italia-Stati Uniti.

Luciana vuole che Ilaria torni presto. Ma sa che in mezzo a quegli ultimi che le piacciono tanto, la figlia è davvero felice. Che riesce anche a godersi una giornata in spiaggia. Da una telefonata di un collega di Flavio apprende che Ilaria è stata ammazzata con un colpo alla nuca. Non ci ha creduto subito. In poche ore ha dovuto prenderne atto, accettando quella verità in nome della quale Ilaria aveva scandito i tempi delle sue inchieste. E vorrebbe vederla ancora riempire di appunti i taccuini. Indagare in mezzo ai bambini africani, intervistare le donne dai coloratissimi vestiti. E denudare vergogne spacciate per commerci. Era quello che Ilaria sognava quando studiava l’arabo, quando aveva vinto il concorso in RAI, prima su seimila candidati. E senza raccomandazione.

Quella sull’omicidio di Ilaria non è una farsa in cui fin dall’inizio c’è un’indagine sgangherata. In cui qualcuno indaga in mezzo a mille ostacoli. Stavolta all’inizio l’indagine semplicemente non c’è. Ci sono però i depistaggi, che almeno ci rassicurano sulla buona fattura della farsa. I morti non sono i 140 di Moby Prince, ma molti di meno. E sembrano legati tra loro. Non solo Ilaria. Ma il suo amico Miran. Quindi Vincenzo Li Causi, Natale De Grazia, Mario Ferraro, tutti ufficiali dei servizi segreti e della Marina, ammazzati secondo un copione rigoroso. Muore anche un testimone chiave, dopo una bella performance. Poi il funzionario della Farnesina Franco Oliva, gravemente ferito in un agguato. Tutto (quasi) perfetto. C’è chi scava e chi copre. Chi indaga e chi depista (e spara). E le comparse, che stanno zitte. Come i giornalisti diversi da Ilaria, quelli che travasano la notizia accucciati in albergo. I pezzi di verità, come i morti ammazzati, vengono messi da parte, come rifiuti tossici da compattare e occultare. Arriva in Africa a indagare anche Flavio, che non conduce più il TG. Altri intanto si affacciano sulla scena. Durante il casting reclama un ruolo di primattore Carlo Taormina. E’ uno di quelli che coprono, seppur inconsapevolmente. Convinto che Ilaria sia stata uccisa da un proiettile vagante, Taormina pare però poco credibile. Perfino in una farsa.

La trama regge per un po’. Poi servono altre facce, attori consumati. Per lunghe scene da vivi. E qui la recitazione è da manuale. E come tale viene ricompensata. Si arriva in Cassazione con un colpevole per la morte di Ilaria. Si chiama Omar. Ma è Luciana, non una sentenza, a far sterzare la storia. Si prende cura di Omar. Proprio del presunto omicida di sua figlia, che può lasciare il carcere una volta alla settimana. Dedicandosi agli ultimi e ancor più alla ricerca della verità, Luciana ravviva la memoria della figlia. E poi Omar come attore è un dilettante. Luciana ha capito che è stato solo sbattuto sul palcoscenico in mezzo ai professionisti e vuole andar via. Arriva la sentenza che lo scagiona, dopo sedici anni di onorato carcere. E’ una battaglia vinta anche dalla famiglia di Ilaria. Omar abbraccia mamma Luciana ed esce di scena.

Adesso Luciana vorrebbe solo riannodare i fili, che come un cartone animato manga, puoi capire solo leggendo la storia al contrario. In questi 22 anni e mezzo è andata dappertutto alla ricerca della verità sulla sua unica figlia. Dal Costanzo Show alle aule dei tribunali, dai Presidenti alle commissioni d’inchiesta. Dove ha affrontato con esemplare dignità anche quel fango che tentava di uccidere Ilaria per la seconda, la terza, la quarta volta. E Luciana vorrebbe tornare con lei. Ritrovarla su una spiaggia dell’Africa. Guardarla, ascoltarla parlare. Può sempre farlo. D’altronde è più facile, quando la farsa è finita

Letto 6380

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Ernesto Consolo

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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