Quante analisi fantasiose! Ma è tutta colpa di Renzi?

Nelle analisi sul voto referendario vengono fatti sparire gli ultimi 10 anni, sparisce la crisi, la macelleria sociale del governo Monti/Bersani, la subalternità ventennale al neoliberismo della sinistra. E’ evidente che quei 13 milioni e mezzo di voti del SI non sono voti al PD. Ma è sacrosanto che il PD si ponga l’obiettivo di conquistarli e fidelizzarli. Bisogna ascoltare e non far scappare quella massa riformista che ha votato SI e che è il bacino naturale e sperimentato del PD

Letto 5540
Quante analisi fantasiose! Ma è tutta colpa di Renzi?

Ho letto ed ascoltato tante analisi fantasiose.

Analisi che riducono tutta la storia d’Italia agli ultimi 1000 giorni e scaricano il malessere, la povertà, la disuguaglianza che esiste nel nostro paese su quello che è accaduto in questi 1000 giorni.

E mi dispiace che in questo errore caschino persone intelligenti come Nicola Zingaretti.

Viene cancellata da queste analisi fantasiose la crisi del 2008, una crisi globale spaventosa partita dai subprime USA ed allargatasi a tutto il mondo soprattutto occidentale.

Una crisi che per intensità può essere paragonata a quella del 1929.

Una crisi che ha visto allargarsi la distanza tra chi ha e chi non ha, tra chi è sotto e chi sta sopra.

Una crisi che ha bruciato intere economie e punti di PIL, che ha visto il sistema bancario bloccare i finanziamenti alle imprese e quindi bloccare l’economia reale, che ha visto bruciare milioni di posti di lavoro.

Le disuguaglianze che con incredibile leggerezza vengono caricate sugli ultimi 1000 giorni sono il frutto di ciò che ha provocato la crisi prima del 2008 (la finanziarizzazione neoliberista della economia avviata negli anni 80) e che si sono aggravate con la crisi.

Ed il rapporto MacKinsley, che cita pure Zingaretti, si riferisce al periodo 2005/2014 cioè al momento in cui la crisi era all’apice della sua brutalità.

Queste analisi fantasiose dimenticano quanto accaduto dal 2008 al 2011, quando un governo della Repubblica ha ignorato, negandola, la crisi globale (i ristoranti pieni, quelli dei ricchi che frequentava Berlusconi). Ed ignorandola l’ha aggravata.

Queste analisi fantasiose dimenticano cosa è accaduto immediatamente dopo i festeggiamenti per la caduta del caimano, dimenticano la macelleria sociale del governo Monti/Bersani che ha tagliato selvaggiamente pensioni, scuola sanità e sociale (continuando l’opera di abbattimento dello Stato sociale iniziato anche da Berlusconi). Disseminando il futuro (copiato in questo dall’amorfo governo Letta/Bersani) di clausole di salvaguardia (aumenti dell’IVA del 2% in caso di non raggiungimento degli obiettivi voluti dalla troika) che nei 1000 giorni sono stati sminati togliendo decine di miliardi dalle leggi di bilancio che potevano essere indirizzati alla crescita ed all’abbattimento delle disuguaglianze.

E naturalmente queste analisi fantasiose non parlano della UE o lo fanno con parole di circostanza e soprattutto non parlano di un venticinquennio di politiche di rigore e di tagli in omaggio alla filosofia neoliberista dell’affamare la bestia (ridurre al minimo cioè lo Stato sociale e gli investimenti pubblici).

E non dicono che le sinistre europee e quelle italiane dei D’Alema e dei Bersani sono stati per decenni succubi di questo paradigma (ed è all’epoca che si colloca la rottura sentimentale con il popolo da parte dei Ds e della sinistra, un popolo che era iscritto alla Fiom e votava Lega o Forza Italia).

E’ comodo oggi scaricare tutte le responsabilità sugli ultimi 1000 giorni.

E non vedere, in un quadro europeo difficile, invece le inversioni di tendenza.

Con contraddizioni enormi quando gli stessi che accusano Renzi di non aver fatto di più sul sociale accusano poi lo stesso ex premier di aver dato il benservito a quel Perotti che aveva preparato un piano di spending review lacrime e sangue.

Dopo questi 1000 giorni naturalmente non abbiamo risanato le ferite inferte dalla crisi dal 2008 ma è innegabile che si è invertita la tendenza e che gli indicatori macroeconomici oggi sono tutti al positivo.

E dopo il 2014, anche per le politiche dei bonus e degli 80 euro così irrise, è cresciuto di poco ma è cresciuto, dopo anni che crollava, il potere di acquisto delle famiglie.

Ma la vecchia politica, per l’ultima volta si è coalizzata. Ed ha inferto un duro colpo al governo dei 1000 giorni, quel governo che aveva liquidato la pratica delle dimissioni in bianco, che aveva approvato le Unioni civili, che aveva approvato una buona legge contro il caporalato, che aveva reintrodotto il reato di falso in bilancio e dato pieni poteri con uomini e mezzi alla autorità nazionale anticorruzione di Raffaele Cantone.

Quel governo che aveva smantellato la legge obiettivo di Lunardi approvando un rigoroso codice degli appalti e che, con i meccanismi dei patti territoriali che prevedevano una cabina di regia comune rischiava di mettere fine nel mezzogiorno a lavori infiniti ed a spreco di risorse pubbliche (ed io credo che nel Sud più che il malessere sociale siano stati questi vincoli a spostare il voto (da parte delle elites locali) verso il NO.

Quindi sul voto referendario ha pesato sicuramente questo malessere che ha origini lontane, non può essere addebitato all’ultimo governo ma che l’ultimo governo ha pagato come tutti gli altri governi riformisti europei. Ed il riformismo ha bisogno di tempo per ottenere i suoi risultati.

Il malessere, la paura del futuro, la paura del migrante, la paura di tutto ciò che non è il nostro orticello non ha pazienza. Non aspetta. Ma non c’è altra ricetta. Tantomeno quella indicata da una sinistra sinistra che nessuno segue più.

Ed il voto del 4 dicembre è stato un voto fortemente politico.

Le forze politiche e sociali che da una vittoria del SI avrebbero visto il precipitare della loro fine si sono coalizzate, aldi là di ogni divisione ideologica (dai fascisti a Landini) ed hanno portato al voto le loro legioni contro il governo, non contro una riforma costituzionale (ed eravamo pochissimi gli scemi, come me, che durante la campagna elettorale si sforzavano di parlare del merito).

E se è indubbio che il risultato è frutto di questa politicizzazione sono politici quei 13 milioni e mezzo di elettori che hanno votato SI.

Attenzione io non dico che questi voti siano voti del PD. Sarebbe sciocco sostenerlo.

Ma penso che oggi il PD, prima di rincorrere quelli che a vario titolo (ben pochi a sinistra) hanno votato NO, debba puntare a fidelizzare ed a rendere voti politici quei 13 milioni e passa (dentro cui già ci sono, lo ricordo ancora, l’80% degli elettori PD).

Ricordo che Bersani nel 2013 portò a casa miseri 8 milioni di voti, facendosi scavalcare sul territorio nazionale da Grillo, ricordo che alle europee il PD prese circa 11 milioni di voti.

Dentro il 60% c’è di tutto, il voto del SI, pur non essendo un voto al PD, è un voto compatto. Nel NO ci sono quelli del family day incazzati per le Unioni civili e ci sono i razzisti che ci rimproverano la nostra politica verso gli sbarchi, c’è Monti che ci rimprovera di non tagliare ancora di più la spesa pubblica, c’è quella alta dirigenza statale (il vero potere che non cambia mai) a cui si stavano per togliere tutta una serie di privilegi e c’è quella vecchia politica (anche di sinistra) che da 2 anni e mezza non tocca più palla dopo non averla fatta toccare per decenni a nessun altro.

Non nego che dentro quel 60% ci possa essere anche un malessere reale, soprattutto tra i giovani che in massa hanno votato NO, oppure un dissenso nel merito.

Ma se mi permettete in primis io vorrei ascoltare e non far scappare quella massa riformista che ha votato SI e che è il bacino naturale e sperimentato del PD.

E’ vero, quel 40% non sono voti al PD. Ma se riuscissimo a conquistarli tutti non ce ne sarebbe per nessuno.

Io nel mio futuro sostegno a Renzi parto da qui.

Letto 5540

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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