Sindacato e conservazione

Giacinto Fiore analizza le criticità dell’attuale sindacalismo in Italia approfondendo le motivazioni per le quali la Politica e l’opinione pubblica lo accusano di conservatorismo

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Sindacato e conservazione

Tifo sindacato: c’ho militato per quarant’anni splendidi. Mi permetto, quindi, una riflessione che dispiacerà a molti ma, criticare è meglio della piaggeria.

Fino al protocollo del ’93 il sindacato è stato forza di progresso.

Era uscito quasi indenne da tangentopoli, nonostante l’attacco soprattutto sulla cooperazione allo sviluppo. Poi, con commendevoli eccezioni, qualcosa è mutato….

Problema di uomini. Il sindacato di Di Vittorio, Benvenuto, Carniti o Lama era monarchia illuminata: gradatamente, l’illuminazione è andata scemando.

Quella responsabilità che contrattava con attenzione alle esigenze aziendali, è divenuta, spesso, consociativismo.

Il rapporto con la politica è divenuto rapporto col politico o col dirigente che si candida, ad es., a sindaco.

Invece che di politica occupazionale, troppo spesso, si discute di “quell’assunzione”.

Il sindacato diviene un’azienda, la militanza volontaristica perde valore e vediamo qualcuno iscriversi solo per avere cariche.

La tutela del lavoratore fuori dell’azienda si è evoluta in offerta diretta di servizi, la cui mole economica ha modificato le priorità sindacali e sempre più i vertici sono divenuti appannaggio di ex tesorieri o responsabili organizzativi, mentre i contrattualisti si estinguono.

Sempre più la carica non è frutto delle qualità, ma queste sono riconosciute a chi raggiunge una carica.

Prestigio e potere (piccolo o grande) si collegano alla carica sindacale. Conseguentemente il processo democratico nelle organizzazioni è condizionato nei modi e negli effetti: il dissenso costruttivo non è vissuto quale risorsa, ma viene emarginato quando non represso, ed il ricambio dei quadri è scarsissimo.

Si preferiscono l’adulatore od il sicofante al critico onesto. La CISL espelle chi denuncia, ma nessuno è innocente!

Prova: mentre in politica i gerontosauri sono finalmente al crepuscolo e nelle imprese si affermano manager di nuova generazione, il sindacato ha una classe dirigente d’età assai alta.

Questa grande esperienza, peraltro presunta, convince di aver visto tutto, sapere tutto, avere risposte a tutto: non c’è nulla di nuovo.

L’insieme di queste condizioni – nonostante le positive eccezioni - ha reso il sindacato incapace di vedere il mix di globalizzazione, crisi economica e nuovi bisogni sociali. Non è stato capace di adeguarsi all’era di internet, quando facebook ha sostituito l’assemblea, né ha pensato a forme di lotta diverse dall’obsoleto e sempre meno popolare e efficace sciopero.

Risultato: allontanamento dai rappresentati. In un momento di crisi, dovrebbe crescere il ricorso agli strumenti di tutela collettiva. Invece, i giovani non si iscrivono e le tessere calano.

Credo che il sindacato possa avere ancora una grande funzione nella società, ma non questo sindacato!

Il Sindacato, a pena di progressiva marginalizzazione, deve avviare, se vuole tornare ad essere protagonista, una profonda e impietosa riflessione su se stesso e sul mondo che lo circonda, tornando tra i lavoratori, abdicando alle funzioni “altre” (che non è neppure detto siano al sicuro…), rinunciando a tabù obsoleti (sacralità del contratto nazionale, negazione dell’intervento legislativo in carenza di accordi, rifiuto della legge sulla rappresentanza, etc.).  

Deve parlare il linguaggio dei giovani con gli strumenti dei giovani sui problemi dei giovani: essi sapranno guidarlo.

Il sindacato è cosa seria, non è un bar od una yogurteria! Il cuore spera, ma….

093 Dati social all'8 febbraio 2016


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Giacinto Fiore

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Aggiornato al 31 marzo 2018

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