Tra i provvedimenti della Legge di Stabilità 2016 c’è un contributo di 1000 euro che viene dato per l’acquisto di uno strumento musicale agli studenti impegnati in questo affascinante settore; la circolare, però, parla di “studenti dei conservatori e degli istituti musicali pareggiati”, e se così fosse sarebbe una profonda ingiustizia, oltre che una grossa limitazione al concetto di cultura.
Infatti l’industria musicale, che pervade la nostra vita quotidiana, è fatta di musica classica solo in piccola parte. La maggior parte dei ragazzi che sognano di fare i musicisti hanno gusti e aspirazioni ben diverse da quelle dell’orchestra sinfonica e sanno che possono trovare lavoro in ambiti ben diversi, dal palco alla TV alla composizione di musica per videogame etc. Ma in Italia non esistono scuole pubbliche o paritarie di musica non classica e chi vuole intraprendere questa carriera suonando rock, pop, jazz, folk e tutti i loro simili e derivati, non ha moltissime scelte. Fino a qualche anno fa ne aveva esattamente due: si faceva da sé, senza andare a scuola né all’università, con anni e anni di gavetta; oppure andava a studiare all’estero, di solito in UK o USA.
Oggi ha un’altra opzione, ovvero iscriversi ad una delle scuole di musica private che offrono corsi professionali britannici. Corsi reali, inseriti a pieno titolo nell’EQF (European Qualification Framework), che permettono di percorrere l’intera carriera universitaria.
Io gestisco la scuola che per prima (nel 2001) ha importato questi corsi, nei quali insegno: al CSM College abbiamo annualmente una cinquantina di studenti a tempo pieno, che si impegnano con sacrificio esattamente come i loro colleghi iscritti al conservatorio. I corsi ai quali sono iscritti sono il BTEC Extended Diploma in Musica (Livello 4 EQF, 180 crediti) e il BTEC Higher National Diploma in Music (Livello 5 EQF, corrispondente al primo biennio universitario, 305 crediti), gestiti e certificati da Pearson. I nostri ragazzi imparano non solo a suonare, ma a gestire una professione che è per natura mutevole, incerta e impegnativa. Oltre alla musica in tutte le sue accezioni, studiano project management, tecnologia, produzione; sono stimolati a usare la propria creatività, a essere innovativi e a presentare se stessi e il proprio lavoro in modo professionale e intraprendente. E circa l’80% di loro lavora nel settore, una percentuale che ritengo altissima.
Se sarà loro negato di accedere al contributo, si sentiranno discriminati. I loro occhi luccicano davanti alle chitarre elettriche, ai bassi, alle tastiere, alle batterie; spendono tanti soldi per amplificatori e cavi, per tracolle e corde, bacchette e seggiolini: quel contributo farebbe tanto comodo a chi è costretto a investire somme importanti per realizzare il sogno di studiare e fare della propria passione un lavoro. Perché, naturalmente, i nostri corsi costano, benché noi cerchiamo di tenere le quote basse proprio per permettere a tutti di frequentare un percorso che la scuola pubblica non offre.
E allora io mi rivolgo al governo, del cui operato sono entusiastica promotrice, e chiedo di applicare all’elargizione di questo contributo parametri europei: l’accesso sia garantito a tutti gli studenti iscritti in Italia a corsi di musica a tempo pieno, a partire dal Livello 4 dell’EQF. Sono loro che un giorno comporranno le hit delle classifiche, le basi per i talent show televisivi, i jingle per le pubblicità; loro che faranno e/o organizzeranno tour nei palasport e che faranno ballare gli invitati dei matrimoni; loro che ideeranno progetti musicali rivolti alle fasce più deboli e che accompagneranno aperitivi ed eventi congressuali; loro che arricchiranno la cultura popolare di nuovi temi, nuove sonorità; loro che insegneranno a tanti altri ragazzi, contribuendo a costruire un pubblico consapevole e abituato all’ascolto.
La musica è bella tutta, e tutta costruisce la nostra cultura. L’Italia si riconosce nelle canzoni di De André come nei melodrammi di Verdi; non c’è, non ci deve essere differenza. Non c’è musica di serie B, quando è musica composta e suonata mettendo a frutto competenze e conoscenze. E, soprattutto, non ci sono studenti di serie B: tutti hanno passione, tutti studiano con sacrificio, tutti devono avere gli stessi diritti.
(Articolo originale apparso qui)
Dati social all'8 febbraio 2016