Quanti innocenti dovranno ancora essere messi alla gogna? Si alla giustizia no al giustizialismo

Combattere il giustizialismo forcaiolo per sconfiggere la corruzione senza toccare i diritti individuali di tutti. Le frasi agghiaccianti di Davigo. Una battaglia politica e culturale da condurre e che è storicamente propria della sinistra democratica e del mondo liberale

Letto 9105
Quanti innocenti dovranno ancora essere messi alla gogna? Si alla giustizia no al giustizialismo

Vasco Errani, Luciano D’Alfonso, Giorgio Nugnes, Enzo De Luca, Salvatore Margiotta, Filippo Penati, Alberto Tedesco, Zoia Veronesi: sono nomi più o meno noti, sono tutti esponenti del PD che hanno in tempi diversi subito processi da cui sono usciti completamente assolti (magari dopo indagini lunghissime e dopo essere stati trattati dai media come criminali e corrotti).

Quando arrivò ai giornali la notizia della loro incriminazione ci furono titoli sparati a tutta pagina, titoli che si ripeterono per giorni e giorni ad abbeverare la sete di vendetta contro la politica della pancia giustizialista del paese. E Marco Travaglio, Ezio Mauro, Ferruccio de Bortoli ci scrissero su editoriali di fuoco per dimostrare la deriva corruttiva verso cui stava precipitando il PD. E non racconto quello che scrissero nelle cronache le varie Sarzanini, Milella, De Lillo, Angela Mauro o De Angelis.

E ci furono carriere rovinate, città e regioni che da un giorno all’altro si videro private di un loro bravo Sindaco (come il Sindaco di Pescara Luciano D’Alfonso) o di un loro bravissimo Presidente di Regione (come il Presidente emiliano romagnolo Vasco Errani).

E quando furono assolti ecco una notizia in basso in piccolo. Senza scuse. A loro ed ai cittadini che amministravano.

E nessuno restituirà più la vita a Giorgio Nugnes, assessore della Giunta Jervolino, incriminato nell’affaire Romeo, che si tolse la vita per non aver retto l’impatto con l’accusa che gli veniva rivolta e che, come tutti gli imputati di quel processo, risultò poi essere completamente innocente. Solo che quando il processo assolse tutti, Nugnes ormai era morto.

Io non so di chi è la responsabilità di tutto questo (se è dei magistrati e degli inquirenti che pur di dare in pasto un politico all’opinione pubblica svolgono inchieste superficiali oppure del sistema dei media che hanno bisogno di sbattere il mostro in prima pagina per accontentare una opinione pubblica sempre più inquieta).

Certo è politicamente e culturalmente inquietante leggere ed ascoltare quello che dice il nuovo Presidente della ANM ed ex PM del pool di Milano Pier Camillo Davigo, di cui abbiamo sempre saputo le sue opinioni di destra forcaiola e giustizialista.

E’ vergognoso, nel paese di Cesare Beccaria e della Costituzione più bella del mondo (una Costituzione che i padri della Patria vollero molto garantista, memori del giustizialismo forcaiolo praticato durante il fascismo) leggere di un magistrato importante come Davigo che dice “non esistono innocenti ma solo colpevoli non ancora scoperti”. Frasi che ci fanno precipitare nelle atmosfere assurde ed opprimenti delle opere kafkiane come il Castello o il Processo.

O ascoltare dallo stesso piccolo inquisitore dagli occhi di ghiaccio che “la presunzione di innocenza debba valere solo fino alla raccolta delle prove”, come se il processo (che si articola nei 3 gradi) non contasse nulla e come se proprio gli esempi che ho citato (per non risalire alla triste vicenda di Enzo Tortora) non dimostrassero invece il contrario e cioè che le prove raccolte possono essere farlocche.

Io penso con preoccupazione che la democrazia e la libertà di tutti saranno veramente in pericolo se dovessero vincere gente con le convinzioni di Davigo.

E non credo inoltre che i metodi auspicati da questo inquisitore servano a sconfiggere la corruzione che nessuno nega essere un cancro della nostra società e della nostra economia.

Perché se così fosse dopo Mani pulite dei primi anni 90 la corruzione nel nostro paese avrebbe dovuto essere stata debellata. Ed invece i dati ci dicono che essa è più invasiva di prima.

E’ questo significa forse che il metodo usato e che inutilmente ha portato in carcere insieme ai corrotti anche tante persone per bene poi assolte, è un metodo sbagliato. Soprattutto un metodo che ha dato nelle mani dei corrotti strumenti formidabili di reazione (il ventennio berlusconiano che vedeva la gente comune votarlo incessantemente ed in massa ne è la prova e più scandali venivano fuori più i cittadini lo votavano, paradossalmente le inchieste giudiziarie sono state a lungo la garanzia per le sue vittorie).

Un metodo che forse è servito per le carriere di qualche Magistrato ma spesso non ha portato in galera i veri corrotti.

E mi viene in mente Michele Emiliano che, prima di darsi alla politica, indagò senza costrutto su un presunto scandalo della missione Arcobaleno una un'iniziativa di solidarietà promossa nel 1999 dal governo italiano allora guidato da Massimo D'Alema per aiutare i profughi albanesi durante la guerra del Kosovo in fuga e dove furono messi sotto accusa uomini legati all’allora premier.

O mi viene in mente l’attuale Sindaco di Napoli De Magistris che quando era PM a Catanzaro mise in piedi l’inchiesta Why not, inchiesta che ha visto tutti assolti per non aver commesso il fatto, i politici calabresi Nicola Adamo, Franco Morelli, Dionisio Gallo ed Ennio Morrone.

Per non parlare naturalmente di Antonio di Pietro o del più sfigato Antonino Ingroia.

No, no e poi no, la sinistra democratica e il mondo liberale che hanno sempre avuto in passato una cultura garantista non possono accettare le convinzioni che gente come Davigo ha della giustizia, convinzioni che attaccano uno dei pilastri su cui si è fondata la democrazia occidentale.

E la sinistra democratica, dopo lo sbandamento ventennale del periodo berlusconiano in cui ha messo da parte la sua storica cultura delle garanzie nella speranza di sconfiggere Berlusconi per via giudiziaria (non essendo stata capace di sconfiggerlo politicamente), oggi deve recuperare la sua ispirazione garantista e combattere il giustizialismo forcaiolo che non è mai portatore di bene per le libertà di tutti.

E per questo ha pienamente ragione il premier Matteo Renzi a lanciare su questo tema, contro il giustizialismo forcaiolo una campagna che è allo stesso tempo politica e culturale.

Una campagna che non ha nulla in comune con le campagne delegittimatrici contro la magistratura condotte per venti anni da Silvio Berlusconi; quella di Renzi è una campagna che non prevede leggi ad personam o ricerche di legittimi impedimenti ma un invito pressante alla magistratura a fare presto e fare bene con l’unico obiettivo di mandare in galera al più presto i corrotti veri e salvaguardare da una lunga gogna mediatica gli innocenti.

E che l’atteggiamento di Renzi non sia certo identico a quello di Berlusconi lo dimostra la quantità di norme (certamente perfettibili) già approvate (basta pensare alle norme sugli ecoreati) e quelle in approvazione che vanno nella direzione di dare alla magistratura più strumenti per combattere il crimine.

E basti ricordare, per mettere fuorigioco questa polemica, il rafforzamento dell’autorità anticorruzione e l’affidamento di questa struttura a Raffaele Cantone uno dei magistrati anticamorra più apprezzati e che nella sua carriera vanta numerosi processi arrivati a buon fine con la condanna degli incriminati.

Combattere la corruzione mandando i corrotti in galera ed avere a cuore i diritti alla libertà personale e una concezione garantista della giustizia non sono assolutamente concetti in contraddizione tra di loro.

E la sintesi di Renzi mi pare evocatrice di questa battaglia: “SI alla giustizia NO al giustizialismo, SI ai tribunali NO ai tribuni”.

Dove sbaglia Piercamillo Davigo

Letto 9105

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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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