Il referendum, le cose non dette e l’autolesionismo italico

La democrazia è discutere e deliberare. Discutere è conoscere, informarsi. Una deliberazione senza informazione, non è democrazia, è populismo. E' la folla in piazza a cui viene chiesto: Gesù o Barabba?

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Il referendum, le cose non dette e l’autolesionismo italico

Il 17 aprile si voterà su un quesito referendario che riguarda le concessioni marine già in essere entro le 12 miglia.

Che significa? Significa che non ci pronunceremo sulla possibilità di nuove perforazioni, ma solamente sulla possibilità che a fine delle concessioni e prima che il giacimento su cui insistono sia esaurito, quelle autorizzazioni non vengano rinnovate.

Proviamo a spiegare meglio.

- Il referendum RIGUARDA solo alcune delle autorizzazioni di perforazione marine, quelle entro le 12 miglia.

(QUI trovate l’elenco delle concessioni, cliccando su ogni autorizzazione trovate tutte le informazioni. Vi invito a farlo perché potete ampiamente dedurre che si tratta in quasi tutti i casi di Gas naturale e non di petrolio.)

- Il referendum NON RIGUARDA la possibilità di autorizzare nuove perforazioni entro le 12 miglia, poiché già tra il 2010 e il 2013 con diversi interventi legislativi sono state ridotte le aree marine su cui è possibile fare nuove perforazioni, vietando nuove concessioni marine entro le 12 miglia dalla costa e dalla aree marine protette.

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Come si sono ridotte le attività minerarie in mare dopo il 2013

- Il referendum NON RIGUARDA le concessioni oltre le 12 miglia che non sono interessate dal quesito.

- il referendum NON RIGUARDA perforazioni sulla terra ferma che non sono interessate dal quesito.

- In pratica, se vincesse il SI, alla scadenza delle concessioni (di norma le concessioni durano 20 anni, con possibili proroghe di 5 o 10 anni), queste non verranno rinnovate. Proverò a spiegare tra poco le implicazioni

Adesso una breve panoramica sulle nostre concessioni marine. Oltre le 12 miglia (concessioni non interessate dal referendum) insistono circa 40 piattaforme. Nel 2015 hanno prodotto il 36% dell'interna produzione nazionale di gas, che corrisponde a circa il 4,4 % del nostro consumo nazionale.

Entro le 12 miglia esistono invece:

1) 9 concessioni su cui il permesso è già scaduto e che hanno richiesto la proroga. Su queste autorizzazioni insistono circa 40 piattaforme che nel 2015 hanno prodotto il 9% della produzione nazionale di gas che corrisponde a circa 1,1% del consumo nazionale.

2) 17 concessioni i cui permessi inizieranno a scadere nel 2017 e che nel 2015 hanno prodotto il 17,6% della produzione nazionale di gas, corrispondente a circa il 2,1% dei consumi. Tra queste SOLO 4 concessioni hanno un permesso per la produzione di PETROLIO, 500MILA TONNELLATE, corrispondente al 9,1% della produzione nazionale, lo 0,8% dei consumi.

Come si può facilmente capire da quanto esposto, in mare noi non estraiamo petrolio (solo in minima parte), ma gas, risorsa meno inquinante del carbone nell'alimentazione delle centrali.

Se il referendum passasse quindi:

 - NON bloccheremo nuove trivellazioni entro le 12 miglia, poiché già NON sono possibili per legge.

 - NON bloccheremo trivellazioni oltre le 12 miglia, poiché il referendum NON le riguarda

 - NON bloccheremo le trivellazioni sulla terra ferma, poiché il referendum non le riguarda

 - Soprattutto non bloccheremo l'estrazione di petrolio, poiché il 90% delle nostre concessioni riguarda il gas, risorsa che per le modalità di estrazione e di trasporto (metanodotti) non ha impatti rilevanti sull'ambiente, anzi contribuisce a bilanciare meglio la nostra politica energetica, avendo contribuito a ridurre l'utilizzo del carbone e del petrolio (in basso troverete un grafico con l’evoluzione delle fonti energetiche dal 1990 ad oggi).

Sfatiamo infine qualche luogo comune. L'Unione Europea può vantare una quota di energie rinnovabili che ha coperto il 15% dei consumi finali nel 2013, rispetto al 8,3% nel 2004, anno d'esordio del rilevamento. L'Italia si trova a metà classifica, ma al di sopra della media europea e mancando di soli 0.3 punti percentuali i target stabiliti per il 2020: nel 2013 il 16,7% dei consumi finali lordi di energia in Italia è stato infatti fornito da fonti alternative.

I consumi italiani sono alimentati:

1) Gas naturale: 35,9% la media europea è 23,2%, il gas è cresciuto dal 1990 del 46,1% (nel 2000 periodo di picco del gas ha superato il petrolio)

2) Petrolio: 35,9% la media europea è 33,4%, dal 1990 i consumi di petrolio nel nostro Paese sono scesi del 36,2%

3) Energie rinnovabili: 16,7% La media europea è di 11,8%, le energie rinnovabili sono cresciute dal 1990 del 307%. L'Italia ha quasi agganciato gli obiettivi 2020 con tre anni di anticipo. Quindi dire che votiamo Si al referendum per investire sulle rinnovabili è una scemenza, perché lo stiamo già facendo meglio di tanti altri Paesi Europei.

4) Combustibili solidi (carbone, coke etc.): 8,8% La media europea è 17,2%, l'utilizzo dei combustibili solidi è sceso dal 1990 del 4,3%. In questo ambito l'Italia è un Paese virtuoso, poiché i combustibili solidi sono molto inquinanti, il gas ci aiuta in questo senso.

5) Nucleare: 0% La medie europea è del 13,6%, la Francia che è alle nostre porte il 42%. Non aggiungo valutazioni su questo aspetto, ognuno faccia la proprie.

EMISSIONE GAS SERRA IN CALO DEL 15,6%. L'effetto di questa mutazione nella politica energetica nazionale dal 1990 ad oggi ha prodotto una riduzione dell'emissione di Gas serra del 15,6%. Infatti le emissioni hanno avuto un trend crescente fino al 2000, anno in cui si registra il punto di svolta nella serie storica delle emissioni che da allora scendono costantemente.

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Fonti energia: Italia e Europa. Fonte sole24ore infodata

Aggiungo altri dati. Questo è il dettaglio della produzione italiana di energia elettrica.

Non sono percentuali, ma la Potenza efficiente lorda:

Italia: Idroelettrico 22,4 Eolico 8,561 Fotovoltaico 18,186 Termico 78,5 Geotermico 0,773. La crescita delle rinnovabili 307% dal 90 ad oggi non è dovuta all'idroelettrico che abbiamo dall'inizio del novecento, ma dalle altre fonti.

Questa è la Francia invece: Idroelettrico 25,6 Eolico 8,243 Fotovoltaico 4,698 Termico 33,0 Nucleare 63,1. Come potete notare la Francia ha meno termico, cioè brucia meno combustibili, la metà di noi, perché ha il Nucleare, che noi attraverso un referendum non abbiamo voluto. Non è un giudizio di merito, ma una constatazione di un fatto.

Questa è la Germania: Idroelettrico 11,2 Eolico 34,561 Fotovoltaico 36,013 Termico 88,3 Geotermico 0,024 Nucleare 12,1

Questa è l'ecologica Svezia, che però è un piccolo Paese con un apparato produttivo leggermente n volte più piccolo del nostro, di quello tedesco e di quello francese, nonché un numero di abitanti inferiore alla Lombardia:

Idroelettrico 16,7 Eolico 4,382 Fotovoltaico 0,043 Termico 8,7 Nucleare 9,5

Infine questa è tutta l'Europa a 28: Idroelettrico 150,9 Eolico 118,327 Fotovoltaico 81,847 Termico 514,8 Geotermico 0,822 Nucleare 121,7

Come potete notare l'Italia, che non ha nucleare, ha un rapporto equilibrato tra le fonti, anche tra le rinnovabili, dove ormai il fotovoltaico sta superando l'idroelettrico.

Sin qui, provando a non sovrapporre ai dati le mie opinioni, ho provato ad offrire a chi mi leggerà tutti gli elementi per un voto più consapevole.

Adesso dirò invece cosa farò io alla luce di queste valutazioni.

Io non andrò a votare al referendum, non perché non creda allo strumento referendario e alla democrazia. Ma perché ritengo di esprimere la mia valutazione sul quesito astenendomi dal voto.

Lo farò perché in queste settimane ho letto tanta disinformazione, perché ritengo che il quesito sia dannoso per il mio Paese, dannoso per il nostro bilancio energetico, dannoso perché comporterà la perdita di più di un migliaio di posti di lavoro, dannoso perché non è un referendum che tutela l'ambiente, dannoso perché la maggior parte delle persone che ho sentito andrà a votare pensando di votare un’altra cosa e io con il mio voto, che sarebbe contrario, non voglio contribuire al raggiungimento del quorum di un referendum il cui tasso di demagogia e disinformazione è interstellare.

Però parteciperò, in queste settimane. Proverò ad informare e a chiedere ai miei amici e conoscenti di non andare a votare. Credo che questo esprima un grado di partecipazione più ampio di chi va a votare non avendo la più pallida idea di cosa si stia discutendo, parlando di mare, oro nero e altre castronerie, non conoscendo neanche il quesito referendario.

Inviterò a non votare, perché se passasse il referendum ridurremo la nostra capacità di produrre gas, su impianti già esistenti e su giacimenti già esplorati. Inviterò a non votare, perché non amo quel tipo di Gauche caviar che pontifica sull'ecologia mentre sta in casa con i riscaldamenti a 30° e invita i cittadini ad andare a votare ‘Si’ parlando di petrolio, quando stiamo parlando di gas, senza magari dire che se passasse il referendum c'è il rischio concreto che quei giacimenti li utilizzi qualche altro Paese, c'è il rischio di perdere una quota di gas, a vantaggio di fonti più inquinanti.

Non andrò a votare con la coscienza pulita di ecologista e democratico quale sempre sono stato. Non andrò a votare, perché non sopporto più l’autolesionismo italico. Non voglio quanto meno contribuire a tale pratica, voglio oppormi in maniera veemente alle strumentalizzazioni, a chi utilizza il referendum con altri obiettivi.

La democrazia è discutere e deliberare. Discutere è conoscere, informarsi. Una deliberazione senza informazione, non è democrazia, è populismo. E' la folla in piazza a cui viene chiesto: Gesù o Barabba?

Letto 91883

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Luca Spataro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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