Musica

La musica di Manrico.social

Alla fine di febbraio di due anni fa è partito il blogazine Manrico.social. In questo periodo sono stati pubblicati quasi 300 articoli (qui le statistiche aggiornate) di diversi autori. Tutti testi dedicati all’impegno politico, sociale e culturale.

Ma non si può stare sempre in battaglia, occorre anche allentare un po’. Per questo motivo l’evoluzione del sito si indirizza sull’apertura di una sezione dedicata alla musica. E’ stato, quindi, predisposto un box che ad ogni accesso presenta una pagina di un artista/gruppo nella quale sono raccolti alcuni brani e le informazioni per approfondirne la conoscenza.

Ma come scegliere gli artisti senza farsi prendere troppo la mano dalle preferenze personali?

Cerchiamo sul web partendo dai generi di riferimento che ruotano intorno alle definizioni di “Pop/Rock – Rhythm & Blues – Electronic” secondo questo schema:

top generi

 

Mentre cercavamo queste indicazioni, siamo rimasti incuriositi dalle diverse valutazioni delle varie classifiche “all time” trovate ed abbiamo iniziato la ricerca di tali classifiche, e di altre informazioni, da siti internet specializzati, di radio, giornali e riviste musicali di tutto il mondo.

 

top siti

Le classifiche esaminate sono state 148 per un totale di 73'153 brani relativi a 7'495 artisti/gruppi. Le abbiamo, quindi, messe insieme ed omogeneizzate con una formula che considera la consistenza, l’anno e la reputazione del compilatore.

Insomma, abbiamo elaborato una “chart delle chart” che ha portato alla compilazione della “Top 1000 All Time”.

Vai alla TOP 1000 topmille class min

Dai 1'000 ne abbiamo selezionati una parte (qui entrano in gioco le preferenze personali) e con ulteriori aggiunte siamo arrivati, per ora, a quasi 400 artisti/gruppi che hanno suonato nelle decadi sotto riportate.

Vai alla selezione topmille selez min

top decadi

Contattami qui per chiedere maggiori informazioni.

Buon ascolto!

La lotta della musica contro il monopolio SIAE

Non si muove foglia che Sugar non voglia. Il presidente della SIAE rivendica brutalmente il monopolio assoluto sulla gestione dei soldi dei diritti. Garantito secondo lui dall’appoggio del ministro Franceschini, ha rilasciato al Messaggero un’intervista in cui attacca in modo arrogante e vagamente minaccioso i concorrenti, minacciando gli autori come Fedez e D’Alessio di lasciarli a secco.

Se ci fosse un’antitrust funzionante, quella intervista dimostra come stanno le cose nell’industria della musica. Niente concorrenza, niente efficienza e costi ingiustificabili per la raccolta ed il funzionamento.

Pur vigilata da 3 ministeri sembra che quest’industria non possa crescere se non grazie ad una libertà condizionata e ad un mercato “octroyèe” da un dominus gestito dagli autori più potenti, per giunta su base censitaria, che costa più di ogni analoga entità europea e funziona peggio.

Al momento del recepimento della direttiva Barnier, che liberalizza e regola la raccolta dei diritti, diversi parlamentari anche del PD, che l’avrebbero recepita nel giusto senso, sono stati costretti a ritirare i loro emendamenti anti-monopolio dal Ministro dei Beni Culturali.

“Noi siamo il monopolio, perché sì”. Questa la tesi di Franceschini, in contrasto con lo spirito liberalizzatore della direttiva e con gli orientamenti precedenti.

Numerosi autori si sono mobilitati perché scontenti del modo in cui lavora e paga la SIAE. Così la resistenza al monopolio del vecchio carrozzone ha preso quota con la decisione di diversi autori come Fedez e Gigi d’Alessio di passare alla Soundreef, una startup che garantisce migliori e più solleciti introiti agli autori, perché conta su minori spese rispetto al colosso para-pubblico. Ma anche perché verifiche, contratti, controlli e borderò sono totalmente online grazie alle nuove tecnologie.

Il presidente della SIAE, Sugar, nell’intervista al Messaggero ha gettato ombre e discredito, dicendosi certo che torneranno alla SIAE, perché Il Monopolio c’est moi.

300 investitori hanno scritto a Matteo Renzi, a Franceschini è stata rivolta una richiesta in musica #franceschiniripensaci. Chi volesse un confronto tra le due posizioni può leggerlo su l'Unità due interviste a confronto tra il fondatore di Soundreef, Davide D’Atri, e Sugar.

Almeno il Ministro avrà un punto di vista diverso da quello di Sugar. Un gruppo trasversale di senatori con Pietro Ichino prova ad aggiustare i cocci e a consentire che tutte le entità previste dalla direttiva abbiano accesso al mercato.

A Palazzo Chigi il dietro-front di Franceschini non è piaciuto, perché regala argomenti contro il governo tanto ai liberalizzatori che ai 5Stelle, cui guarda la vasta platea scontenta dei piccoli musicisti e degli esercenti.

Finora nessuno ha voluto aprire fronte con Franceschini. Si rischia un effetto valanga ed il 21 giugno, la giornata della musica, potrebbe diventare una giornata di lotta al monopolio in tutta Italia. Non si sa perché il governo non debba riportare alla ragione la SIAE su una scelta di liberalizzazione, solo per i capricci di un Re Sole monopolista che col mercato non vuole avere a che fare.

Articolo originale apparso su Il Rottamatore

Non c’è musica (né studenti) di serie B

Tra i provvedimenti della Legge di Stabilità 2016 c’è un contributo di 1000 euro che viene dato per lacquisto di uno strumento musicale agli studenti impegnati in questo affascinante settore; la circolare, però, parla di “studenti dei conservatori e degli istituti musicali pareggiati”, e se così fosse sarebbe una profonda ingiustizia, oltre che una grossa limitazione al concetto di cultura.

Infatti l’industria musicale, che pervade la nostra vita quotidiana, è fatta di musica classica solo in piccola parte. La maggior parte dei ragazzi che sognano di fare i musicisti hanno gusti e aspirazioni ben diverse da quelle dell’orchestra sinfonica e sanno che possono trovare lavoro in ambiti ben diversi, dal palco alla TV alla composizione di musica per videogame etc. Ma in Italia non esistono scuole pubbliche o paritarie di musica non classica e chi vuole intraprendere questa carriera suonando rock, pop, jazz, folk e tutti i loro simili e derivati, non ha moltissime scelte. Fino a qualche anno fa ne aveva esattamente due: si faceva da sé, senza andare a scuola né all’università, con anni e anni di gavetta; oppure andava a studiare all’estero, di solito in UK o USA.

Oggi ha un’altra opzione, ovvero iscriversi ad una delle scuole di musica private che offrono corsi professionali britannici. Corsi reali, inseriti a pieno titolo nell’EQF (European Qualification Framework), che permettono di percorrere lintera carriera universitaria.

Io gestisco la scuola che per prima (nel 2001) ha importato questi corsi, nei quali insegno: al CSM College abbiamo annualmente una cinquantina di studenti a tempo pieno, che si impegnano con sacrificio esattamente come i loro colleghi iscritti al conservatorio. I corsi ai quali sono iscritti sono il BTEC Extended Diploma in Musica (Livello 4 EQF, 180 crediti) e il BTEC Higher National Diploma in Music (Livello 5 EQF, corrispondente al primo biennio universitario, 305 crediti), gestiti e certificati da Pearson. I nostri ragazzi imparano non solo a suonare, ma a gestire una professione che è per natura mutevole, incerta e impegnativa. Oltre alla musica in tutte le sue accezioni, studiano project management, tecnologia, produzione; sono stimolati a usare la propria creatività, a essere innovativi e a presentare se stessi e il proprio lavoro in modo professionale e intraprendente. E circa l80% di loro lavora nel settore, una percentuale che ritengo altissima.

Se sarà loro negato di accedere al contributo, si sentiranno discriminati. I loro occhi luccicano davanti alle chitarre elettriche, ai bassi, alle tastiere, alle batterie; spendono tanti soldi per amplificatori e cavi, per tracolle e corde, bacchette e seggiolini: quel contributo farebbe tanto comodo a chi è costretto a investire somme importanti per realizzare il sogno di studiare e fare della propria passione un lavoro. Perché, naturalmente, i nostri corsi costano, benché noi cerchiamo di tenere le quote basse proprio per permettere a tutti di frequentare un percorso che la scuola pubblica non offre.

E allora io mi rivolgo al governo, del cui operato sono entusiastica promotrice, e chiedo di applicare all’elargizione di questo contributo parametri europei: l’accesso sia garantito a tutti gli studenti iscritti in Italia a corsi di musica a tempo pieno, a partire dal Livello 4 dell’EQF. Sono loro che un giorno comporranno le hit delle classifiche, le basi per i talent show televisivi, i jingle per le pubblicità; loro che faranno e/o organizzeranno tour nei palasport e che faranno ballare gli invitati dei matrimoni; loro che ideeranno progetti musicali rivolti alle fasce più deboli e che accompagneranno aperitivi ed eventi congressuali; loro che arricchiranno la cultura popolare di nuovi temi, nuove sonorità; loro che insegneranno a tanti altri ragazzi, contribuendo a costruire un pubblico consapevole e abituato all’ascolto.

La musica è bella tutta, e tutta costruisce la nostra cultura. L’Italia si riconosce nelle canzoni di De André come nei melodrammi di Verdi; non c’è, non ci deve essere differenza. Non c’è musica di serie B, quando è musica composta e suonata mettendo a frutto competenze e conoscenze. E, soprattutto, non ci sono studenti di serie B: tutti hanno passione, tutti studiano con sacrificio, tutti devono avere gli stessi diritti.

(Articolo originale apparso qui)

129 Dati social all'8 febbraio 2016


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