Il canto del cigno di D’Alema che monta in cattedra come tutti i falliti

Enzo Puro risponde ad una intervista di D’Alema, ne mostra le enormi contraddizioni e mette in luce la debolezza culturale e politica dell’ex leader dei DS. Debolezza culturale e sconfittismo la cifra di una generazione che non ha più in mano il futuro

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Il canto del cigno di D’Alema che monta in cattedra come tutti i falliti

Massimo D’Alema, pur assumendo da un lato il ruolo di Cincinnato e dall’altro lasciando intendere di essere un perseguitato politico, non si rassegna.

Lo si capisce da una sua intervista al Corriere dove ci ammannisce analisi scontate e affermazioni melense dalle quali si evince che non ha capito che il suo mondo ormai è finito e che questo non significa né la fine del mondo né la fine della sinistra.

Ad un certo punto dell’intervista Baffino detto il migliore afferma che “di fronte a misure che hanno colpito il nostro popolo, la gente si è sentita tradita” e che “se la sinistra fa le riforme della destra, il nostro popolo ci lascia”.

Ma di cosa parla? Si riferisce forse al PD che con Bersani costrinse il gruppo Parlamentare (di cui egli faceva parte) a votare il pareggio di Bilancio in Costituzione (garantendo tra l’altro quella maggioranza che ha evitato anche il ricorso al referendum)? Ed a farlo senza nemmeno una riunione della Direzione Nazionale (forse, ma non ne sono sicuro, se ne discusse in uno di quei caminetti che, come ricorda spesso Orfini, si riunivano nello studio della Bindi, all’epoca Presidente del Partito).

O parla del voto che il PD di Bersani diede a quei provvedimenti che vanno dietro il nome di leggi Fornero?

Quelle sì che furono misure pesanti che hanno colpito il nostro popolo ed è lì che il nostro popolo si è sentito tradito.

Non certo dalle misure del governo Renzi che in appena un anno ha ridotto il cuneo fiscale favorendo i lavoratori e non le imprese (i famosi e disprezzati 80 euro) ed ha ridotto con una politica seria di decontribuzione il costo del lavoro a tempo indeterminato favorendone, come dicono tutti gli indicatori, un suo aumento nei primi 4 mesi del 2015.

E l’esempio che il vecchio ed ormai stanco leader di una vecchia ed ormai stanca sinistra porta è un esempio frutto di una manipolazione della verità (che tristezza questi giochini da parte di uno che ha sempre avuto un alta considerazione di sé!). Mi riferisco alla frase riportata nella intervista in cui accusa il governo di aver introdotto “un provvedimento che permette alle aziende di spiare mail e telefonate dei dipendenti”.

E’ una affermazione falsa. Si può essere o meno d’accordo da quanto previsto nella delega del jobs act ma quel provvedimento non autorizza assolutamente a spiare mail e telefonate fatte dai lavoratori dai loro telefoni o account mail private. Il ministero del lavoro ha chiarito la questione come è riportato, devo dire in maniera imparziale, addirittura dal Fatto quotidiano in questo articolo qui: Jobs Act, ministero sui controlli a distanza lavoratori: “Devono essere informati”.

Quella di D’Alema è una vigliaccata tesa a rafforzare il frame di un governo Renzi nemico dei lavoratori.

L’ex “migliore” poi fa una analisi del voto sballata e parziale.

Innanzitutto nelle sue parole emerge una debolezza culturale profonda nel valutare il senso della astensione e della disaffezione della politica, legando l’astensione ai fatti del nostro cortile di casa mentre la disaffezione dalla politica è un fenomeno europeo come risulta chiaro dalle elezioni francesi, spagnole, inglesi e in questi giorni, danesi. Lo spiego in maniera approfondita qui: La sinistra ha capito perché in tutta Europa la gente non va a votare? A me sembra che non l’abbia capito.

E se c’è un dato che riguarda le regioni rosse esso rimanda ad una identificazione troppo lunga della sinistra (la sinistra di cui D’Alema è stato un simbolo) con il potere e non certo alla azione antioperaia del governo Renzi.

E che sia così lo dimostra il fatto che anche l’anno scorso, l’anno del grande successo nel voto europeo, in alcuni Comuni simbolo della sinistra abbiamo preso una tranvata pazzesca consegnandoli alla destra o ai cinque stelle. Parlo di Perugia e Livorno ad esempio. Ed a Livorno quello stesso giorno l’elettorato diede il 52% a Renzi ed al PD alle europee e contemporaneamente consegnò il Comune ai 5 stelle (lo so di ripetermi ma vedo che questo banale avvenimento viene ogni volta nascosto da tutti coloro che vogliono addossare a Renzi la sconfitta in questo o quel Comune).

E’ evidente che è in crisi invece un sistema di potere della sinistra classica, in tutta Europa ed in particolare nei luoghi dove essa è stata stabilmente e continuamente al governo.

Renzi semmai può essere l’antidoto a questa crisi.

Dall’analisi della minoranza della minoranza Dem manca infatti un elemento cruciale della riflessione che dobbiamo fare e cioè il fatto che mentre in tutta Europa la sinistra socialista e socialdemocratica perde posizioni di governo, nel nostro paese governiamo tutte le regioni tranne 3 e nelle centinaia di comuni andati al ballottaggio i Sindaci del PD sono gli stessi di quanti erano prima (sostituendo magari la rossa Venezia con la leghista Mantova) e quindi non è vero quello che il produttore di vini rossi dice quando afferma che: “c’è una tendenza che si manifesta in tutto il Paese e con tutti i candidati, salvo eccezioni”.

La debolezza culturale (e quindi politica come lui ci ha sempre insegnato) di D’Alema sta anche in quella sua illusione che nel 2015 esista ancora un “insediamento storico” della sinistra (accusando Renzi di averlo tradito e fatto allontanare).

Debolezza culturale perché il migliore (se fosse veramente tale) dovrebbe sapere che non esistono più insediamenti stabili, che la frammentazione e la differenziazione dei legami sociali ha liquefatto le vecchie appartenenze (non è certo colpa di Renzi se ormai da moltissimi anni gli operai del Nord ed i piccoli ceti produttivi votano Lega o Forza Italia), che di fronte alla potenza del turbocapitalismo globale l’individuo tenta di salvarsi da solo, stressato e spaesato a causa di un potere inconoscibile ed extraterritoriale.

La solita presunzione dalemiana poi lo porta a parlare di “un impressionante vuoto di classe dirigente”.

Non che non sia vero, questo vuoto esiste. Ma riguarda gli ultimi 30 anni. E riguarda anche la generazione di D’Alema che è anche la mia. Un D’Alema che monta in cattedra dimenticando che la nostra ditta, quella su cui c’era la nostra egemonia assoluta, si era ormai ridotta a contentarsi di un misero 16%, tanto presero i DS miei e di D’Alema e di Bersani e Cuperlo e Fassina alle ultime elezioni politiche in cui apparve il simbolo della Quercia.

Una generazione che certamente ha fatto qualcosa di buono ma la cui cifra fondamentale è lo sconfittismo dominati dalla potenza berlusconiana e del centrodestra, una generazione che è stata capace anche quando si vinse di trasformare in poco tempo quella vittoria in una sconfitta. Una generazione che non ha saputo affrontare quando ha avuto il potere i problemi veri del nostro paese.

Ed ho l’impressione che ad allontanarsi dal Pd non sia genericamente “il nostro popolo” ma gli appartenenti a quel vasto sistema politico e culturale che per decenni ha avuto l’egemonia dentro la sinistra e che oggi si trova senza ruolo e messo da parte da una nuova ed ancora tutta da provare (ma vivaddio!!!) classe dirigente.

Il “nostro popolo” probabilmente se ne era già andato da tempo.

058 Dati social all'8 febbraio 2016


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Enzo Puro

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Aggiornato al 31 marzo 2018

 

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